‘Kindeswohl’: in streaming la drammatica storia di diritti genitoriali

Il film 'Kindeswohl – Il bene del bambino', ideato da Livia Bonifazi, anche protagonista, scritto e diretto da Franco Angeli, è disponibile in streaming

Kindeswohl

Il film Kindeswohl – Il bene del bambino, ideato da Livia Bonifazi, anche protagonista, scritto e diretto da Franco Angeli, sarà disponibile in streaming dal 18 febbraio su CGtv.it e Prime Video Italia, grazie alla distribuzione on demand di CG Entertainment.

Prodotto da Francesco Siciliano per PANAMAFILM, il film è stato presentato in anteprima alla XIII edizione del BIF&ST – Bari International Film Festival come Evento Speciale. Nel cast, oltre alla stessa Livia Bonifazi, troviamo Giovanni Guardiano e Mario Patanè.

Si tratta di un’opera intensa e toccante, ispirata alla storia vera di Marinella Colombo, una madre che ha combattuto con determinazione per i diritti genitoriali, diventando simbolo di una battaglia che riguarda molte famiglie.

In una stanza del carcere di San Vittore, a Milano, si consuma un drammatico faccia a faccia: Marinella Colombo, accusata di aver rapito i suoi stessi figli, viene interrogata da un procuratore deciso a scoprire dove si trovino.

Nel corso dell’interrogatorio, la donna ripercorre anni di lotta contro il sistema familiare tedesco, denunciando il drammatico operato dello Jugendamt, l’ente di controllo della famiglia e della gioventù in Germania. Quest’istituzione, spesso criticata per la sua gestione controversa, ha sottratto i suoi figli, impedendole di vederli e privandola dei suoi diritti genitoriali. Una realtà inquietante e ancora oggi diffusa nel cuore dell’Europa.

Lo Jugendamt, fondato in Germania alla fine della Prima Guerra Mondiale e riformato nel 1939 da Heinrich Himmler, è un’istituzione ancora oggi attiva con poteri straordinari. A differenza dei servizi sociali di altri Paesi, ha il controllo totale sui minori e sulle famiglie, intervenendo in ogni separazione.

Il suo operato segue un principio rigido: nei casi di separazione di coppie binazionali, i figli vengono sempre affidati al genitore tedesco, impedendo loro di lasciare la Germania e rendendo i contatti con l’altro genitore sempre più difficili, fino alla loro completa cancellazione. Questo significa cancellare un genitore, la sua lingua, la sua cultura, i suoi affetti.

Intere famiglie vengono spezzate. E allora sorge spontanea una domanda: Come mai non ne sapevamo nulla?

“Vuole essere un film di impegno civile – dice il regista Angeli – Quando Livia è venuta a conoscenza di questo argomento e me ne ha parlato, abbiamo sentito entrambi la necessità e l’urgenza di diffondere e far conoscere a più persone possibili questa incredibile patologia tutta interna al cuore dell’Europa.

E per farlo, volevamo attenerci ai fatti. Per questo, per due anni, abbiamo raccolto materiale, incontrato uomini e donne che si erano trovati, loro malgrado, ad avere a che fare con lo Jugendamt, contattato storici e letto e visto ore di materiale tra articoli, video sul web e petizioni al Parlamento Europeo.

Alla fine dell’inchiesta – che non si può mai dire conclusa, purtroppo – ci siamo ritrovati con una imponente quantità di informazioni che abbiamo “sintetizzato” in uno spettacolo/monologo nel quale, per più di due ore, Livia esponeva, frontalmente al pubblico, quanto avevamo appreso”.

Motore di tutto era stato un libro scritto dalla stessa Colombo:

“Una storia emblematica – continua il regista –  ma soprattutto un racconto dapprima incerto, poi sempre più consapevole, degli anni in cui si è trovata in balìa dei meccanismi dello Jugendamt e della successiva lotta contro un sistema che l’ha privata dei suoi figli.

Quando abbiamo conosciuto Marinella, aveva appena finito di scontare una condanna di 14 mesi di detenzione domiciliare, e di lì a poco gliene avrebbero aggiunti altri sei da impiegare in servizi socialmente utili. La sentenza per quest’ultima condanna le è arrivata proprio il giorno in cui era a Roma a presenziare al nostro spettacolo.

Ma come mettere tutto questo materiale in un film?

Come per lo spettacolo, mi sono letteralmente aggrappato alle parole. Dovevamo raccontare, dovevo raccontare, affidandomi alle parole.

È la vita di Marinella, quella che viene ricostruita, che prende forma in questa stanza buia, chiusa, soffocante. È la spiegazione di un sistema che opprime, rinchiude e toglie il fiato. E la poca luce che c’è, si perderebbe nel vuoto se non fosse per la camicetta bianca indossata dalla donna.

Al di là dell’incompatibilità delle diverse leggi riguardanti i diritti di famiglia degli Stati dell’Unione Europea, la domanda che mi sono sempre posto – e credo sia una parte drammaticamente interessante di questa storia – è: Cosa sei disposto a rischiare, cosa sei disposto a fare, per riavere i tuoi figli?”

In conferenza sono presenti inoltre gli avvocati che hanno seguito il caso, Irene Margherita Gonnelli, Laura Cossar e Susanna Eichner.

“Il problema principale è che il decreto di rimpatrio in Germania è immediatamente esecutivo – spiegano – Questo significa che un bambino viene riportato subito dopo la decisione del Tribunale per i Minorenni, senza possibilità di attendere altri gradi di giudizio in Italia. Anche se dopo due anni si stabilisse che il minore avrebbe dovuto rimanere qui, non verrebbe più spostato “per evitare un trauma”. È esattamente ciò che è accaduto con Marinella, e come lei tanti altri italiani subiscono questo sistema senza che se ne parli abbastanza”. Ma perché nessuno ne parla? “In Italia manca un’alleanza istituzionale su questi temi – continuano- quando siamo andate a parlare con il ministro italiano, ci ha risposto indicandoci le macchine tedesche per strada: ‘Secondo voi possiamo litigare con i tedeschi?’. Questo è il livello di tutela che abbiamo”.

A livello giudiziario, il dramma è anche la gestione delle indagini.

“Nel caso di Marinella – spiegano ancora gli avvocati – un procuratore ha finto di ascoltarla, ha fatto scrivere l’indirizzo dei bambini su un foglio, poi si è alzato ed è andato via. Poco dopo, la polizia italiana, in borghese, è entrata scuola senza coordinarsi con le autorità locali e ha portato via i bambini. Questa è una violazione gravissima. Marinella, che parlava cinque lingue, capiva perfettamente cosa stesse succedendo, ma era intrappolata in un meccanismo più grande di lei.

Lo Jugendamt in Germania è un ente che fa paura. Basta che un bambino salti qualche giorno di scuola, e gli insegnanti lo segnalano. Se parti prima delle vacanze, all’aeroporto ti fermano. Ma il punto è che i tedeschi hanno un rispetto assoluto dell’autorità, quindi non la contestano. Noi italiani, invece, siamo più liberi, discutiamo. Ma intanto, questi sistemi continuano a operare indisturbati, con conseguenze gravissime sulle famiglie.”

In Italia si è interessato del caso Bruno Vespa: “è stato molto serio – chiudono gli avvocati – e ha studiato i documenti, ma poi in trasmissione si è finito per parlare di conflittualità dei genitori, che non era il tema centrale. C’è anche molta incredulità: nessuno pensa che in Germania possano avvenire oggi cose del genere, se ne parli ti guardano come se fossi un terrapiattista. Invece è una cosa che non esiste ed è molto grave. Un violinista mi ha scritto in latino per di avere sostegno, perché non conosceva il tedesco. In tribunale non sapeva che dire. Suonò un pezzo. Qualche giorno dopo si è suicidato. Non vedeva la figlia da 15 anni”.

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13 Febbraio 2025

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