JUAN CARLOS CREMATA MALBERTI


Una Amélie cubana si aggira per la Quinzaine. Si chiama Carla, vive all’Avana, come molti sogna un visto per Miami, e inganna l’attesa aiutando la gente ad amarsi. Lo fa riscrivendo le lettere che fidanzati, genitori e figli, amici o amanti si spediscono tra Cuba e i mille luoghi dell’emigrazione. Da un ufficio postale un po’ tetro e popolato da personaggi farseschi, trova le parole per dirlo e in un mondo in bianco e nero colora i dettagli che fanno la differenza (come in uno spot pubblicitario). E poi non è detto che partire sia la cosa giusta.
Anche Nada +, applauditissimo dal pubblico di Cannes, ha un triplice passaporto: alla produzione cubana, l’Icaic, si sono aggiunti francesi, italiani e spagnoli. Per l’Italia Intramovies, che si occupa anche delle vendite internazionali, mentre la Pablo l’ha acquistato per distribuirlo nelle sale. Perciò sentirete parlare dell’autore, l’esordiente Juan Carlos Cremata Malberti: un aspirante Pedro Almodóvar dalla battuta facile. Soprattutto ama scherzare sul titolo del film – Nada vuol dire “niente” – e sogna addirittura una trilogia che proseguirà con Nadie e Nunca.

Come viene preso il film a Cuba: fa venir voglia di restare o di fare le valigie?
E’ stato proiettato al Festival dell’Avana ed è piaciuto molto, ha anche vinto il premio per la migliore opera prima. E presto uscirà in sala. In ogni caso ridere fa bene, distende i muscoli del viso.

Le dispiace il paragone con Amélie?
Il fantasma di Amélie ci perseguita, eppure quando è uscito il film avevamo già finito di scrivere e stavamo per girare. Adoro quel film, ma ad avermi influenzato è stato piuttosto il lavoro precedente di Jeunet e Caro, che ho sempre apprezzato.

Però è singolare ritrovare un personaggio tanto simile: una ragazza sola che cerca di aiutare gli altri ad essere felici.
Evidentemente è nell’aria. Anche Central do Brasil di Walter Salles parla della stessa cosa. Il bisogno di comunicare e di volersi bene è diffuso ovunque. Carla, in più, affronta un problema politico e sociale, quello dell’emigrazione da un paese come Cuba, Amélie è più sul versante privato.

C’è qualche debito verso film come “Fragola e cioccolato” o “Guantanamera”?
Mi fa piacere sentirmelo dire: considero Tomás Gutierrez Aléa, che purtroppo è scomparso, uno dei più grandi cineasti cubani. Ho anche una passione per il cinema muto, per la Nouvelle Vague e il neorealismo. Ma apprezzo i cineasti cubani che sono venuti prima di me: Solas o Manuel Octavio Gomez.

Come ha incontrato i coproduttori stranieri?
Ho conosciuto il coproduttore francese Thierry Forte al Festival dell’Avana, dove portava Lista d’attesa che aveva cofinanziato. Gli ho parlato del film, che avevo già scritto e che contava sui finanziamenti dell’Icaic. Da lì è cominciata la ricerca di capitali, che per il cinema dell’America Latina è vitale… il nostro grande problema è che non abbiamo un soldo.

autore
18 Maggio 2002

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