Ruolo insolito per Jodie Foster quello della scrittrice nevrotica nella commedia per famiglie Alla ricerca dell’isola di Nim, in uscita l’11 aprile con Moviemax. Ad affiancarla la giovane Little Miss Sunshine Abigail Breslin nei panni di una ragazzina spumeggiante e avventurosa che vive col padre, l’affascinante re spartano di 300 Gerard Butler, conducendo una vita in stile Robinson Crusoe su un’isola remota in mezzo all’Oceano. E’ stato lo spirito della favola ad attrarla, spiega la Foster in conferenza stampa: “E’ una storia in grado di esortare a vivere le avventure e a fare esperienza del mondo, in opposizione alla passività e all’eccesso di realtà virtuale in cui vivono i ragazzi ai giorni nostri”. Tratta dall’omonimo e acclamato romanzo di Wendy Orr e diretto dai coniugi Jennifer Flackett e Mark Levin (Innamorarsi a Manhattan) Alla ricerca dell’isola di Nim è una fiaba avventurosa basata sull’idea che, si debba scalare un vulcano o attraversare la strada sotto casa, “tutti possono essere molto più coraggiosi di quanto pensano”. E non si può dire che manchino scelte coraggiose nella carriera da attrice, regista e produttrice di Jodie Foster, iniziata a tre anni e coronata da due premi Oscar, due Bafta e svariati riconoscimenti. Da anni lavora al progetto che si augura “possa arrivare finalmente a compimento” di un film su Leni Riefenstahl, discussa regista tedesca del periodo nazista, nonostante sia stata più volte messa sotto accusa dalle associazioni ebraiche americane e la stessa Riefenstahl in vita le avesse negato i diritti per la realizzazione.
Un po’ stizzita con i giornalisti che le hanno rivolto alcune domande sulla sua vita privata è stata estremamente disponibile con i ragazzi delle scuole romane che ha incontrato oggi all’Auditorium nell’ambito degli appuntamenti “Aspettando la Festa” organizzati da Alice nella città .
Dopo tanti ruoli drammatici la vediamo in una commedia per famiglie: ci sono punti in comune in ruoli apparentemente così diversi?
Ultimamente ho girato molti film forti sulla paura e sulla capacità di affrontarla. Per questo ruolo ho attinto a parte delle idee che appartengono a personaggi drammatici e le ho estremizzate per renderle comiche. Parte dello humour di Alexandra, il mio personaggio, deriva dall’essere completamente soggiogata dalle sue paure e uno degli elementi più interessanti della storia è stato esplorare il coraggio a lei necessario per recarsi in aeroporto, mangiare del cibo strano e lasciare tutto quello che le è familiare alle spalle. Io al contrario non ho le sue stesse ansie, mi piace molto sciare, fare immersioni e provare cose nuove. L’unica cosa che negli ultimi anni mi rende nevrotica è fare shopping: non resisto più di cinque minuti in un negozio.
E’ da sempre estremamente selettiva nella scelta dei ruoli, perchè e cosa l’ha spinta ad accettare questo?
Ho un metodo: quando mi trovo di fronte a un copione che mi commuove e spinge subito ad immaginare le scene capisco che è il film giusto. Ma è una scelta istintiva e solo alla fine mi rendo conto del perché l’ho fatta. Finora tutti i personaggi che ho interpretato hanno in comune il tema della sopravvivenza emotiva, cioè della capacità di resistere a un’esperienza forte. Mi domando sempre come verrei fuori da una esperienza da sopravvissuta: più forte o forse più debole?
Da tanti anni cercavo una commedia da interpretare e quando ho letto la sceneggiatura di Alla ricerca dell’isola di Nim mi ha colpita il tema ambientalista e il messaggio di indipendenza che rivolge al genere femminile: Nim è capace di badare a se stessa, si tratti di riparare un tetto o di riattaccare la corrente. In un’epoca che nonostante tutto ancora vede le donne come figure che necessitano di aver accanto una figura maschile che si prenda cura di loro credo questo sia importante. E poi ho potuto portare con me i miei figli sul set, e per la prima volta farli assistere alle fasi di lavorazione e portarli all’anteprima. Le ultime pellicole che ho interpretato non erano certo adatte a loro, invece questa volta hanno potuto scoprire in cosa consiste davvero il mio lavoro.
Cambia qualcosa nella sfera privata di un’attrice dopo aver girato un film?
Terminare una pellicola è come scalare una montagna: si vive per un lasso di tempo limitato in un mondo a parte in cui tutti i sensi sono più allerta. Ogni film è un’opportunità di risvegliare la passione, e tutte le volte che torno al mio quotidiano c’è in me qualcosa di diverso. Il cinema dà sempre una piccola scossa alla mia vita, è per questo che faccio meno film di altri.
La giovane Abigail Breslin a soli dodici anni anni può già vantare una nomination all’Oscar, una ai BAFTA e un premio come miglior attrice al festival di Tokyo. Ha esordito a cinque anni accanto a Mel Gibson in “Signs” ed è già comparsa in una decina di pellicole e svariati episodi televisivi. Sembra tanto somigliare a lei da bambina.
Una volta sul set sono subito entrata in sintonia con lei, è un’attrice fantastica e lavorare insieme mi ha riportato indietro nel tempo, in parte mi ricorda me stessa alla sua età: Anch’io portavo la mia famiglia sul set o ascoltavo continuamente i consigli e gli insegnamenti di tutta la troupe. E poi i personaggi che interpretiamo in questa pellicola sono molto vicini, un po’ come due versioni della stessa persona: entrambi vivono calati in un mondo immaginario ed hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro.
Dopo 42 anni di carriera quali gli obbiettivi che ancora vorrebbe raggiungere e quali, se ne ha, i rimpianti?
Fortunatamente non ho molti rimpianti, se non quello di aver accettato agli inizi, in un periodo in cui avevo bisogno di soldi, un film che si è poi rivelato il più doloroso della mia carriera: ho fatto una performance terribile e ho scoperto che non riesco a fare un progetto in cui non credo. Ho giurato a me stessa di non ripetere mai più l’esperienza e così ho fatto nelle mie scelte successive. Riguardo al futuro dopo un meritato riposo (due film in un anno sono decisamente troppi) voglio dedicarmi alla regia che è sempre stato il mio sogno sin da bambina, quando in una delle serie televisive in cui recitavo vidi un regista che faceva anche l’attore. Allora non sapevo fosse possibile e dissi a me stessa: “E’ quello che voglio fare da grande!”
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