Los Angeles. Cosa avrebbe aggiunto a questo punto un Oscar alla fama di Ennio Morricone? Praticamente nulla. E perciò – non suoni arroganza nei confronti dell’Academy – non importa poi molto che dopo cinque nomination neppure questa volta sia arrivata la statuetta al più noto e apprezzato musicista del cinema, non solo italiano.
Neppure l’altro nostro connazionale candidato – Pietro Scalia, per il montaggio del Gladiatore – ha vinto. Aveva già vinto e addirittura col suo primo film, JFK di Oliver Stone, quando era ancora quasi un bambino. E perciò poco male.
A riscattare l’Italia, Dino De Laurentiis, cui è stato reso omaggio con il premio speciale Thalberg, che ha dedicato al cinema italiano, ai suoi nuovi talenti e alle sue nuove energie. “Il mestiere di produttore ha senso”, ha detto, “se si offrono opportunità a giovani registi”. E lui ne ha offerte davvero molte: le immagini dei suoi tanti film fatte scorrere sullo schermo assieme ai volti illustri dei grandi maestri italiani del dopoguerra che li hanno diretti hanno mostrato una straordinaria galleria.
Per il resto nessuna sorpresa al 73esimo Oscar, quasi tutto come previsto: il premio per il miglior film in lingua straniera a La tigre e il dragone del taiwanese Ang Lee (e tanti altri premi: scenografia, fotografia, colonna sonora); a Il gladiatore come miglior film in assoluto (cioè in lingua inglese) e quattro altri premi (miglior attore, sonoro, effetti speciali, costumi).
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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