A Roma scorrono immagini di inaudite bellezze e grandi devastazioni ecologiche con “Desert Nights”, l’ultima creatura di Irene Bignardi (che lo definisce affettuosamente come “un festival miraggio, una visione nel deserto”, visto che quasi certamente rimarrà un’edizione unica). Frattanto, nella sede di Via Aureliana, la presidente di Filmitalia, in carica dal 28 luglio scorso, si prepara ad affrontare un 2007 di promozioni all’estero con pochi soldi e moltissima fantasia. Nella sua stanza ti accoglie con deliziosi dolcetti turchi, e tra una riunione e l’altra, si dedica anche alle sue letture e ai suoi studi. Per molti anni è stata inviato speciale e critico di “La Repubblica” (“non smetterò di scrivere neanche ora”, confessa), si è occupata con speciale competenza di letteratura inglese e americana, ha scritto vari libri, tra cui la biografia dello “smemorato” Gillo Pontecorvo, ha diretto un grande festival internazionale come Locarno subito dopo Marco Muller, ed è stata “socia” di Giorgio Gosetti sia al MystFest che alle Notti veneziane. Negli anni di Locarno, lasciato senza polemiche e rimpianti, si vantava di avere uno staff quasi tutto al femminile. Un destino che si ripete a Filmitalia, dove la affianca con competenza e puntiglio la direttrice Carla Cattani.
Novità o continuità nella gestione Bignardi dell’ex agenzia Italia Cinema?
Si prosegue il lavoro fatto con professionalità da sempre: il supporto al cinema italiano nei grandi festival internazionali e gli eventi monografici come l’omaggio a Marco Tullio Giordana al BAM di Brooklyn, da poco concluso.
C’è qualche buona notizia?
Direi di sì. Al London Film Festival avevamo nove film tra cui Il regista di matrimoni di Marco Bellocchio, Il Caimano di Nanni Moretti e L’aria salata di Alessandro Angelini. Ci sono buone prospettive anche per Berlino, dove possiamo già anticipare che ci sarà una presenza interessante del cinema italiano.
Insomma le nostre azioni sono in risalita rispetto al passato anche recente?
Per il cinema italiano questo è sicuramente un buon momento e c’è da registrare la nascita di uno star system molto giovane. Certo non siamo ai livelli trascinanti di Marcello Mastroianni e Sofia Loren, che a 70 anni è ancora un’icona di femminilità mondiale. Ma Monica Bellucci è richiesta quanto Sofia e Raul Bova conquista il pubblico televisivo americano con la sua partecipazione ai serial.
E’ un nuovo divismo, molto diverso da quello degli anni ’50.
Oggi lo star system non esiste più da nessuna parte. Il divismo nel cinema europeo è legato all’autorialità. Un esempio: Nanni Moretti che finge di fustigare il direttore del festival di Londra ne è l’esponente più classico.
Lavorate anche su territori più inesplorati.
Stiamo mettendo a punto una serie di programmi speciali, tra questi ce n’è uno che mi fa piacere annunciare da subito, si tratta di Doc Doc, che propone una serie di documentari recenti molto interessanti e già molto applauditi, tra cui La strada di Levi di Davide Ferrario, visto alla Festa di Roma, L’udienza di Vincenzo Marra alla Mostra di Venezia, In un altro paese di Marco Turco, premiato con il Globo d’oro, Lavoratori di Tommaso Cotronei, già presentato con successo a Locarno nel Concorso Video, che racconta in maniera visionaria i lavoratori dell’Appenino Calabro. Il grande successo del documentario italiano negli ultimi due/tre anni ha più di una motivazione ma probabilmente nasce innanzitutto dal fatto che, mentre le grandi produzioni costano troppo, la non fiction riesce a contenere i costi con una narrazione avvincente, in cui il reale fa prepotentemente irruzione. Così a Toronto, su sei film italiani, due erano documentari. Doc Doc, strutturato per temi, vuole anche proporre un ritratto dell’Italia contemporanea.
Filmitalia conta su un budget neppure paragonabile a quello dei cugini di Unifrance. Quali sono le nostre armi?
Fantasia e capacità di partnership. Mi preme qui sottolineare quanto sia fondamentale l’apporto di Ice e Ministero degli Esteri nella nostra attività di promozione: senza di loro non saremmo andati da nessuna parte.
Contate anche sugli sponsor privati?
I privati sono importanti e soprattutto quelli che vogliono promuovere un’immagine più colta dell’Italia e del made in Italy. Credo che sia una strada da verificare.
Le vicissitudini della società di promozione all’estero, nata come Italia Cinema, hanno creato qualche sconcerto all’estero?
Gli interlocutori per gli stranieri sono rimasti a livello operativo sempre gli stessi: in particolare il direttore Carla Cattani e prima di lei Giorgio Gosetti. Quindi le vicende societarie non hanno inciso più di tanto.
Cosa è cambiato negli anni?
La promozione è diventata nel corso degli anni sempre più capillare: non solo Berlino, Toronto o Locarno ma anche Tallin, Wellington e Anchorage. Filmitalia vuole far conoscere il cinema italiano all’estero anche per diffondere un’immagine dell’Italia nel mondo: aiutare chi lo vende, come è ovvio, e aiutare il made in Italy nel suo complesso. Gli americani riescono a vendere la Coca Cola ovunque anche grazie al cinema. L’altro aspetto, altrettanto importante, è quello culturale.
Come lavorate?
Siamo una decina di persone. Teniamo i rapporti tra i direttori dei festival e gli autori. Facciamo assistenza nel lavoro di selezione, a volte diamo consigli e indirizziamo. Posso testimoniare che, quando ero direttore di Locarno, ho avuto un’assistenza davvero speciale.
Come si muovono gli altri europei?
Unifrance, come tutti sanno, lavora benissimo e resta un grande esempio per tutti. Anche per la Spagna, dove i selezionatori stranieri sono costretti a saltellare da un cinema all’altro.
Quali sono i territori strategici per la promozione?
Ci sta particolarmente a cuore l’India, anche per l’imminenza della visita del premier Romano Prodi, a febbraio. In Giappone proseguiamo un’attività già avviata che quest’anno culminerà in una “Primavera Italiana a Tokyo” con film, concerti, libri e altri eventi culturali. Sono appena stata a Tokyo per parlare a una conferenza sulla condizione della donna nei due paesi, Giappone e Italia, che prendeva spunto dal film di Francesca Comencini Mi piace lavorare e a cui sono intervenute anche Elena Gianini Belotti e Chiara Saraceno.
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