‘Indagine di famiglia’: la via poetica al thriller crime

Il nuovo film scritto e diretto da Gian Paolo Cugno arriverà nelle sale il 12 dicembre. Ispirato a una storia vera, il dramma intreccia passato e presente attraverso un mistero familiare che affonda le radici nella Sicilia rurale di fine Ottocento

Indagine di famiglia

Una lettera, spedita sessant’anni prima da Floridia, una piccola cittadina in provincia di Siracusa, compie un incredibile viaggio nel tempo per essere finalmente recapitata in una casa del Connecticut, negli Stati Uniti. La destinataria, la signora Maria Spada, emigrata dalla Sicilia nel dopoguerra, riceve quel messaggio proprio nel giorno del suo centesimo compleanno, circondata dall’affetto della sua famiglia.

La lettera, datata 1960, porta con sé una rivelazione sconvolgente: l’avvocato Domenico Accaputo informa Maria di aver trovato prove definitive dell’innocenza di suo padre Nicolò, di suo nonno Sebastiano e di suo zio Pietro, accusati ingiustamente alla fine del XIX secolo dell’omicidio di un ricco proprietario terriero, un certo Dramonterre. È una notizia che riapre una ferita mai rimarginata, una storia che ha segnato per generazioni la vita della famiglia Spada, portandola lontano dalla sua terra d’origine.

La scoperta spinge Nick, il giovane e determinato nipote di Maria, a partire per la Sicilia con l’obiettivo di far luce su una vicenda che, nonostante il tempo trascorso, sembra ancora avvolta nel mistero. Arrivato a Floridia, Nick si trova immerso in un passato che non smette di influenzare il presente. Malgrado siano passati più di cento anni, qualcuno è ancora disposto a tutto pur di mantenere sepolta una verità scomoda, fatta di omertà, conflitti di classe e profonde ingiustizie.

In un intreccio di passato e presente, tra documenti antichi, racconti dimenticati e nuove alleanze, Nick intraprende un viaggio non solo per riabilitare l’onore della sua famiglia, ma anche per comprendere le radici di una Sicilia che, pur cambiando, non dimentica. Una storia di lotta e redenzione, dove le ombre del passato si scontrano con la luce della verità.

Esce il 12 dicembre Indagine in famiglia di Gian Paolo Cugno, con Michael Ronda, Pippo Pattavina, Sebastiano Lo Monaco, Roberta Rigano, Mariano Rigillo, Marcello Mazzarella, Manuela Ventura, Maurizio Nicolosi, Domenico Gennaro, Ester Vinci, Maribella Piana, Antonio Alveario, Luca Iacono, Lucia Cammalleri e Silvio Laviano.

La distribuzione è di Marconi Entertainment.

Nel film, commenta il regista “ho compiuto l’ardua impresa di realizzare un film di finzione utilizzando i veri luoghi e anche gli oggetti della storia vera. Racconto una storia accaduta nella Sicilia rurale di fine ‘800, una storia di contadini e di baroni, di latifondi e lotte di classe, ma anche una vicenda di rancori personali che sfociano in un delitto, la cui colpa ricadrà sulle spalle dei più deboli.

È a tutti gli effetti una “Crime Story”. In questo caso si tratta di un delitto che per oltre cento anni ha lasciato impuniti i veri colpevoli e non ha riabilitato il nome e la memoria di Sebastiano Spada e dei suoi tre figli, che hanno scontato la pena carceraria per conto dei veri assassini. Una delle principali ispirazioni cinematografiche è stata infatti Sacco e Vanzetti di Giuliano Montaldo, il film del 1972 che raccontava un’analoga storia vera di ingiustizia.

Il racconto si snoda su due diversi archi temporali: da una parte il racconto in costume di una Sicilia incantata, aspra e genuina con le casupole dei contadini, le chiese barocche e le masserie imponenti dei padroni, e dall’altra quello odierno, in cui un giovane parte dal Connecticut per andare a riscoprire in Sicilia le origini della sua famiglia di emigrati. La doppia ambientazione, spaziale e temporale, lo rende un film che mostra allo stesso tempo l’immagine di estrema povertà di una civiltà contadina che si è sviluppata per millenni in riva al mare, e la modernità di un’indagine condotta da un giovane che viene da un “altro mondo”, dalla contemporaneità, dalla velocità, dalla tecnologia e che dovrà faticare molto per stabilire una connessione con le sue radici e la storia”.

“Quella che racconto nel film – continua – è la storia vera di tre uomini, appartenenti alla stessa famiglia e ingiustamente condannati all’ergastolo alla fine dell’ottocento, scritta da me attraverso una lunga ricerca negli archivi abbandonati di un vecchio tribunale siciliano chiuso da quarant’anni. Il film è stato girato nella provincia americana, precisamente nella città di Rocky Hill nel Connecticut e in Sicilia, in provincia di Siracusa, nelle città e nelle campagne di Floridia, Noto, Pachino e nell’isola di Capo Passero.

I luoghi delle riprese sono rigorosamente quelli della storia vera.

E’ la storia di un’ingiustizia organizzata da potenti a danno di un’intera famiglia di poveri contadini, gli Spada. L’incontro con Maria Spada di 104 anni, figlia dell’unico superstite, mi ha permesso di avere una testimonianza diretta su ciò che accadde, ma non esaustiva ai fini della ricostruzione drammaturgica. Pertanto, per scrivere la sceneggiatura, ho fatto ciò che nel film fa il pronipote arrivato ad indagare dall’America: cercare negli archivi storici del tribunale.

Cercando sentenze, lettere e vecchi articoli del Giornale di Sicilia, mi sono imbattuto in una Sicilia polverosa, violentata, umiliata, abbandonata ma vicinissima agli scintillanti centri storici da cartolina, dati “in pasto” ai turisti di mezzo mondo, ignari della decadenza e dell’abbandono delle meraviglie artistiche celate oltre i vicoli infestati dai bar. Quasi tutto è oggi scenografia e non realtà in Sicilia. Il giovane Nick, giunto in Sicilia dall’America, determinato a dare giustizia ai suoi parenti, s’imbatte in un archivio storico abbandonato all’incuria, una chiesa capolavoro del settecento, trasformata in un deposito comunale prima delle riprese e in un negozio di abbigliamento subito dopo. Si ritrova, in gita con la brava e bella archivista in una fortezza del cinquecento, nell’isola di Capo Passero, vandalizzata e in completo stato di abbandono.

Ma torniamo alla storia. I tre maschi della famiglia Spada, un padre e i suoi due figli, vennero accusati dell’omicidio volontario del Barone Dramonterre. L’uomo, un burbero con tutti i vizi del mondo: dal bere, al gioco delle carte (dove vinceva sempre), alle prostitute, con un particolare interesse alle giovani figlie delle famiglie nobiliari, aveva l’abitudine di tornare nella sua magnifica villa alla guida di un calesse, prendendo una scorciatoia attraverso un piccolo campo di grano di una povera famiglia di contadini, gli Spada appunto.

Minacciato armi in pugno più volte da loro, il barone li denunciò. Ma qualche mese dopo venne trovato morto colpito da una fucilata al petto, proprio nel campo di grano degli Spada. Processati, vennero condannati tutti e tre all’ergastolo e rinchiusi a scontare la pena nel carcere dell’Asinara in Sardegna. Dei tre, solo il padre di Maria uscì vivo dal carcere negli anni 30. In cella l’uomo imparò il mestiere di cappellaio e diventò talmente bravo che, una volta fuori, i nobili e i ricchi facevano la fila nella sua bottega, per farsi confezionare un cappello. Alla fine della seconda guerra mondiale Nonna Maria, morendo sia il padre che la madre, restò sola nel villino liberty che il padre cappellaio si fece costruire nel piccolo paese. Si sposò per procura con un compaesano che abitava ad Hartford, in Connecticut, e chiuse il villino, con la promessa che non doveva essere venduto e che nessuno mai doveva più entrarci finché lei fosse stata in vita. Poi partì da sola per l’America. Il dolore che il padre cappellaio aveva trasmesso silenziosamente a lei, per l’ingiustizia subita dalla legge italiana, doveva pertanto restare chiuso per sempre in quella casa, fino a quando non fosse crollata, seppellendo quel dolore sotto le macerie.

A proposito del villino. Sono stato io e la troupe per le riprese, con il permesso di Nonna Maria a metterci piede per primo dopo tanti anni, ed è stata per me, e penso anche per gli altri, un’esperienza mistica. Sembrava davvero che il tempo si fosse fermato al giorno della sua partenza. Malgrado le innumerevoli intrusioni di ladri nel corso degli anni, molti oggetti di famiglia, foto e altro, nonché suppellettili della cucina ancora sul tavolo da pranzo, li ho trovati così come lei settant’anni prima li aveva lasciati.

Nonna Maria è mancata nel 2022 con la consapevolezza che il film avrebbe dato riscatto e giustizia ai suoi cari”.

Il regista ci tiene anche a specificare l’origine dei fondi:

“Questo è un film raro, finanziato esclusivamente con fondi privati, senza alcun sostegno pubblico. Si può fare! Il regista, oggi, è anche colui che trova i soldi per realizzare il proprio film. Marconi è una società importante, con fondi italo-americani, composta da persone molto serie, rare e perbene… anche se non particolarmente esperte di cinema,” continua. “Il film è stato realizzato con grande fatica. Ci sono tanti attori, ma non i soliti: quasi tutti provengono dal Teatro Stabile di Catania, a parte Michael Ronda,  attore italo-messicano noto per la serie Control Z.”

La storia in sé è, per Cugno, un pretesto per raccontare altro: “Un’Italia che vive di rovine, ma è anche questo il suo fascino poetico. Al di là del lato turistico troviamo incuria e immondizia. Ho dovuto ripulire dai rifiuti la grotta più antica di Sicilia per farne un set, ma anche questo è il bello del girare all’aria aperta.  Ma il tema principale del film  è l’ingiustizia. Si tratta di una storia vera, simile a tante altre che si trovano nei tribunali. La protagonista, una donna che aveva 104 anni, purtroppo non è riuscita a vedere il film, perché è morta prima. Si è portata dietro l’ingiustizia per tutta la vita. All’epoca, se eri povero, la giustizia non valeva per tutti, specialmente se non avevi un grande avvocato. E oggi, invece, pensa ai potenti: alla mafia, ai politici importanti che continuano a girare in libertà.”

Qualcuno, negli USA, ha definito il film un “thriller poetico”:

“Ci sono anche parti oniriche. Mi piace rappresentare così le cose,” dice con entusiasmo Cugno. “Non l’ho pensato in questo modo, ma condivido la definizione. Non riesco a staccarmi dalla poesia, qualunque sia il genere. Non è nemmeno una storia di grandissima importanza, ma racconta un mondo, un modo di pensare. C’è un giornalista che osserva il suo mondo scomparire: il tema della perdita dei valori è centrale. In altri paesi, sono più legati alla pietas familiare; noi ci siamo americanizzati. Jodorowsky ha scritto un libro sui rapporti familiari. In famiglia, una volta ogni cento anni, c’è qualcuno che mette a posto le cose. Ecco, queste sono le mie influenze personali, che emergono in modo inconscio mentre scrivo,” conclude. “Cerco di fare un cinema alternativo, libero da condizionamenti, che possa ispirare nuove identità e nuove spinte per i giovani.”

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03 Dicembre 2024

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