‘In Spirito’, Nicolò Folin: “La storia di Santa Lucia può diventare un lungometraggio”

Selezionato nell'ambito de La Cinef del 77° Festival di Cannes, il cortometraggio In Spirito è ispirato a una scoperta storica del padre del regista, che recita con lui nel film


CANNES – La storia di Santa Lucia, delle sue stigmate, e dei due uomini che la condurranno clandestinamente al Duca di Ferrara. Scritto, diretto e interpretato da Nicolò Folin, il cortometraggio In Spirito è stato selezionato nell’ambito de La Cinef, la sezione dedicata ai film prodotti dalle scuole di cinema di tutto il mondo, del 77° Festival di Cannes. Insieme allo stesso Folin, a suo padre Marco, nel cast c’è anche Beatrice Bartoni. Il cortometraggio è una produzione CSC – Scuola Nazionale di Cinema.

Abbiamo incontrato Nicolò Folin, all’Italian Pavilion, poche ore prima della proiezione ufficiale.

Nicolò, quali sono le emozioni che provi nel presentare il tuo corto qui a Cannes?

L’emozione è tantissima, mi devo ancora rendere conto di essere qui, sono arrivato ieri ed è stato tutto un po’ di corsa e ho già conosciuto gli altri registi selezionati, è stato molto bello. Già la notizia della selezione è stata un’emozione grandissima, con la coincidenza che la mail con l’annuncio è arrivata il giorno del mio compleanno. Un regalo stupendo. Non ero mai stato a Cannes ed essere qui è un sogno.

Perché hai deciso di raccontare questa storia?

L’idea nasce da una storia vera che mi ha colpito moltissimo. Lo storico che ha affrontato la vicenda e scoperto alcuni risvolti che hanno ispirato il corto è mio padre. Ha scoperto la cosa prima che nascessi, me ne ha parlato fin da quando ero piccolo e ha fatto sì che questi personaggi mi accompagnassero ed entrassero a far parte del mio immaginario.

Hai avuto un po’ il timore nel realizzare un film in costume?

Noto che la gran parte delle mie idee nascono da periodi lontani. Spesso si dice che è difficile fare prodotti in costume, insomma film storici in generale, in Italia. Il fatto che questo corto sia stato selezionato, oltre alla bella soddisfazione, mi dà un po’ di sollievo perché che ho sempre avuto il timore che fossero cose che interessavano soltanto me. Il fatto di essere qui mi fa dire che può interessare qualcun altro.

Come hai lavorato sulla lingua?

Quella è un’altra delle mie passioni grandissime: le lingue, in particolare le lingue antiche oppure i dialetti molto specifici, perché trovo che parlino molto delle persone che li usano. È un lavoro che è stato lungo e che ho potuto fare perché mi diverte tantissimo e mi dà molta soddisfazione. I tre personaggi parlano tutti e tre delle sfumature diverse di dialetti nelle loro versioni arcaiche, quindi mi sono ispirato ai documenti che ho trovato, al teatro dell’epoca, alle lettere e poi ho chiesto a persone che oggi ancora parlano qui dialetti e ho cercato di far sposare le due cose.

Perché nel film hai deciso di recitare in prima persona insieme a tuo padre?

Non l’ho pensato subito, però è una cosa che era già successa. Lui non ha mai recitato, è un professore di Storia all’Università. Io ho fatto un film come attore tanti anni fa, Gli sdraiati di Francesca Archibugi. Poi nulla di professionale. Ho fatto qualche anno di teatro molto amatoriale, quindi non una vera formazione. Però nel periodo del liceo, quando volevo sperimentare e non avevo persone con cui farlo, mi son trovato spesso a far recitare la mia famiglia e recitare io stesso. Poi sono accorto che non era solo un ripiego ma mi dava qualcosa in più. Ho fatto dei provini per tutti i ruoli. Ma per il ruolo di mio padre ho trovato che per la dimensione del corto fosse più utile che si trattasse non di una persona con una competenza attoriale ma con una grandissima conoscenza del mondo. Avevamo poco tempo per prepararci quindi il fatto lui avesse studiato profondamente quel periodo coi personaggi, ho trovato che desse qualcosa al corto.

Come hai scelto Beatrice Bartoni?

Lì cercavo qualcosa di un po’ impalpabile, infatti faccio sempre fatica a spiegarlo. Il personaggio doveva esprimere un contrasto grandissimo fra il dover essere un po’ umana un po’ santa. Un po’ vittima e un po’ in controllo della situazione. Ho cercato fra le attrici che studiano nella mia scuola, il Centro Sperimentale, alla fine ho trovato che lei anche solo con il suo sguardo esprimesse tantissimo. Già durante il provino senza che le avessi dato nessuna indicazione, si muoveva come se avesse in effetti le mani ferite dalle stigmate.

Che progetti hai per il futuro?

Tra un mese girerò il corto del terzo anno, che sarà di nuovo in costume, più o meno ambientato nello stesso periodo. Il fatto di essere qui a Cannes, poi, ha fatto sì che con lo sceneggiatore riprendessimo le idee, gli appunti, e ci siamo accorti che c’è tantissimo materiale che ancora non avevamo esplorato e io mi sono innamorato di nuovo della storia. Stiamo cercando di raccogliere le idee per trasformarlo in un lungo.

In che modo cercherete di ampliare la storia?

C’è molto materiale su tutta la vita di Lucia, quindi la cosa difficile è capire in che momento raccontarla. Per il momento ci stiamo concentrando su tutto quello che è venuto subito prima della vicenda narrata nel corto. Il colpo di scena sarebbe l’incidente scatenante. Tutto ruota intorno a lei, raccontata da un altro punto di vista. Lei era stata sposata con un uomo che la conosceva pochissimo e da cui è scappata. Il punto di vista potrebbe essere il suo.

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21 Maggio 2024

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