Il vuoto spirituale della Polonia borghese

Arriva dall'Ucraina, da Chernobyl (e l'incidente nucleare avrà un ruolo nel plot) il protagonista di Non ci sarà mai più la neve, un massaggiatore a domicilio con clientela in un sobborgo di Varsavia


VENEZIA – Arriva dall’Ucraina, da Chernobyl (e l’incidente nucleare avrà un ruolo nel plot) il protagonista di Never Gonna Snow Again, un massaggiatore a domicilio con clientela in un sobborgo benestante di Varsavia, un agglomerato di ville tutte uguali chiuso da una recinzione, una sorta di ghetto dorato. Pranoterapeuta, ipnotista e forse supereroe, Zhenia, questo il nome dell’uomo, è oggetto del desiderio e delle fantasie di uomini e donne provati da malattie fisiche o spirituali, comunque alla ricerca spasmodica di risposte che non arrivano, affezionati più ai loro cani che ai bambini, nevrotici e fragili. Il film li osserva con uno stile freddo, distaccato, venato di ironia. 

Realizzato da Małgorzata Szumowska e Michał Englert, ancora una volta una coppia artistica e nella vita, il film, in concorso a Venezia 77, è interpretato dal carismatico Alec Utgoff, attore ucraino naturalizzato inglese conosciuto a Hollywood per vari ruoli tra cui l’ultimo nella serie tv Stranger ThingsNever Gonna Snow Again, che è già stato scelto per rappresentare la Polonia ai prossimi Oscar 2021, sarà nelle sale italiane con I Wonder Pictures.

“La parola ‘neve’ – spiegano i registi – può assumere svariati significati ed evocare molte emozioni. Se da un lato può essere un elemento pervasivo e pericoloso, dall’altro è fonte di sicurezza e conforto, una coperta che ci riporta alle favole dell’infanzia. Oggi, viene associata alla distruzione del clima del pianeta per mano dell’uomo e, di conseguenza, alla sua lenta sparizione dalla nostra vita. I protagonisti sono concentrati su un piccolo mondo rassicurante, che danno per scontato. Tuttavia, dietro le apparenze, sono alla ricerca di una dimensione più spirituale. I personaggi bramano il contatto, l’intimità, il sesso, la comprensione, la libertà. Finanziariamente ricchi e spiritualmente poveri, sono sopraffatti da una brama inconscia. Proiettano le proprie fantasie su uno sconosciuto che, dopo essere entrato nelle loro vite, agisce come uno specchio. È difficile dire se questa esperienza sia reale o un’illusione. La foresta magica nella quale si trovano con lo sconosciuto è puramente frutto della loro immaginazione, oppure esiste veramente? Il film è avvolto da un’aura di mistero. Vorremmo incoraggiare il pubblico a riflettere sulle condizioni attuali dell’Europa. Il nostro obiettivo è suscitare una serie di domande, sottili, all’insegna dell’umorismo, senza alcun preconcetto da parte nostra”.

Il rapporto tra anima e corpo è una costante del loro cinema, in opere come Body o Un’altra vita Mug, Gran Premio della giuria a Berlino. “Qui andiamo ancora più in profondità – afferma l’autrice – non solo in Polonia, ma in tutta Europa e ovunque nel mondo occidentale, il ceto medio-alto vive infatti nel benessere materiale ma sente una mancanza, un desiderio di qualcosa di più. In passato, in Polonia, questo vuoto veniva riempito dalla Chiesa, oggi non è così”.  

La cineasta spiega perché ha scelto Utgoff per il ruolo principale: “Era interessante cambiare la prospettiva. Noi polacchi emigriamo all’estero ma poi ce ne dimentichiamo quando abbiamo a che fare con gli ucraini che vengono a lavorare da noi. Poi c’è l’approccio sentimentale alla lingua russa, una lingua che abbiamo imparato da bambini a scuola, durante il comunismo. Erano invasori ma siamo comunque impregnati di cultura russa, di letteratura, questa melodia ci riporta a un’infanzia sicura, tranquilla. Ci piaceva che il film avesse un carattere sognante e che mantenesse tante domande senza risposta, come effettivamente avviene con le nostre domande sul cambiamento climatico o sulla pandemia”. 

07 Settembre 2020

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