Il secolo breve nello sguardo di 13 registi

Marra e Di Costanzo tra gli autori del film collettivo 'I ponti di Sarajevo', realizzato per il centenario della Grande Guerra e presentato fuori Concorso. Il film sarà il 27 giugno a Sarajevo


CANNES. “Sarajevo, il luogo dove secondo molti è iniziato il Novecento e il teatro dell’ultima guerra del secolo scorso diviene spunto e ispirazione libera della creatività dei registi che s’inoltrano in temi e suggestioni che travalicano il ruolo della città bosniaca”, così Jean-Michel Frodon, curatore artistico de I ponti di Sarajevo, sintetizza il senso del film collettivo presentato fuori Concorso nella Selezione Ufficiale.
I ponti di Sarajevo ha chiamato a raccolta, in occasione del centenario della Grande Guerra, 13 registi tra i più significativi del cinema europeo e alcuni filmmaker di punta della nuova onda est-europea che nel film di finzione si muovono tra passato e presente: dall’assassinio dell’Arciduca d’Austria nel giugno 1914, che ha dato fuoco alle polveri della Grande Guerra, attraverso il sanguinoso assedio degli anni ’90 della capitale bosniaca, per arrivare ai giorni nostri della pace.

Accanto agli italiani Leonardo di Costanzo e Vincenzo Marra, la bosniaca Aida Begic, Jean-Luc Godard, il bulgaro Kamen Kalev, la francese Isild Le Besco, l’ucraino Sergei Loznitsa, la svizzera Ursula Meier, il bosniaco Vladimir Perisic, il romeno Cristi Puiu, il catalano Marc Recha, la tedesca Angela Schanelec e la portoghese Teresa Villaverde. Il film è coprodotto da diversi paesi: Francia, Bosnia, Svizzera, Germania, Portogallo, e Italia, con Mir Cinematografica e Rai Cinema e con il sostegno della Trentino Film Commission, MiBACT e la Fondazione Cassa Rurale Di Trento.

“Il titolo del nostro film cita i ponti non solo per il valore simbolico che rivestono nella città ma per i rimandi più ampi: il Ponte Latino, presso cui fu assassinato l’Arciduca; il Ponte di Mostar ricostruito dopo la distruzione; il Ponte sulla Drina, il romanzo epocale dello scrittore serbo Ivo Andric”, afferma il curatore Frodon.

Con L’avamposto, tratto dal racconto di guerra “La paura” di Federico De Roberto, Leonardo Di Costanzo ci porta sulle montagne del Trentino dove, al tempo della Prima Guerra Mondiale, l’esercito italiano e quello austro-ungarico si fronteggiano. Dopo giorni di calma, un soldato del plotone italiano è ammazzato da un cecchino mentre si reca a dare il cambio al posto di vedetta poco lontano dalla trincea e galleria italiana. Il controllo di quell’avamposto è ritenuto decisivo per i comandi. I soldati giovanissimi, consapevoli del loro destino, uno dopo l’altro, vanno incontro a morte sicura, tentando l’inutile impresa. A comandare il plotone c’è un giovane tenente, una figura di mezzo, costretta tra la logica militare di  suo malgrado, è il tutore e il sentimento di solidarietà umana con i suoi soldati mandati a morire. “In quell’interno di una galleria di montagna è possibile intravedere quale Italia affronta quel conflitto – afferma Di Costanzo – una nazione ancora giovane, con un amalgama poco riuscito di popoli diversi, che parlano lingue diverse, un’entità che, a dispetto della retorica militare, è poco presente nelle coscienze delle masse popolari e contadine, mandate al macello in nome di un senso di appartenenza che avevano il più delle volte soltanto subìto”.

Protagonista de Il ponte di Vincenzo Marra è una coppia di 50enni bosniaci, Majo e Fatima, lui musulmano e lei cristiana, che è arrivata a Roma vent’anni fa fuggendo dall’assedio di Sarajevo. E’ ormai inserita nel tessuto sociale della città, entrambi lavorano regolarmente, hanno una casa accogliente frutto dei loro sforzi, ma il dolore rimosso e profondo di una tragedia collettiva vissuta in prima persona incombe. Il fragile equilibrio di Majo e Fatima viene spezzato dalla notizia della morte del padre di lui e differente è la loro reazione nei confronti di un evento che li obbliga a fare i conti con il proprio passato traumatico e con il distacco dal proprio paese.
“Come protagonisti ho voluto due autentici sopravvissuti all’assedio di Sarajevo, costretti anche loro all’espatrio – spiega il regista – Anche i veri Majo e Fatima non sono ancora riusciti confrontarsi con il grande trauma rimosso che impedisce loro di fare ritorno in patria”.

La collezione dei corti, dopo Cannes, andrà a il 27 giugno a Sarajevo, in apertura dell’evento “Sarajevo nel cuore d’Europa” che apre la rivisitazione del centenario dello scoppio della Grande Guerra.
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