VENEZIA – C’era un sogno, alla metà del secolo scorso, quello dell’energia atomica pulita, senza più la necessità di usare combustibili fossili: “che fine ha fatto?” questo sogno, si domanda Nuclear e si domanda Oliver Stone nel film, autore di questo documentario – Fuori Concorso – che, dal libro di Staffan A. Qvist e Joshua S. Goldstein, A Bright Future: How Some Countries Have Solved Climate Change and the Rest Can Follow, ha costruito il film, un atto documentario scientifico.
“Ho visto il film di Al Gore (Una scomoda verità, ndr) nel 2006 e mi ha spaventato, ho continuato a leggere le notizie: sempre peggio, e peggiorano man mano; c’è l’ondata di calore in Europa o la peggior siccità in 500 anni, ci sono tempeste aggressive che non capiamo. Sono avvertimenti ma non siamo concentrati: mi preoccupo di questo, voglio che il mondo si salvi e e Joshua S. Goldstein ha scritto un libro tecnico ma pieno di speranza. Un libro su questa situazione deprimente oltre ogni limite, ma che dice anche come possiamo fare qualcosa, non siamo delle vittime: la Francia, la Svezia, parte del Canada, l’hanno fatto e il libro ci spiega di abbandonare la mentalità di paura nata negli Anni ’50 ’60 e ’70”.
“Ci hanno insegnato ad avere paura del nucleare”, recita ancora il film, infatti, anche nel nome del “peccato originale di Hiroshima e Nagasaki”, e poi anche con la narrazione di certi lungometraggi di metà secolo scorso, che mostravano la fine del pianeta “per mano” di mostri radioattivi, fino a quando poi l’opinione pubblica ha raggiunto la massa critica – contro il soggetto dell’energia nucleare – con gli episodi di Chernobyl (1986) e Fukushima (2011).
“È stato un film difficile, mi ci sono voluti due anni, ma era importante farlo. Ci sono ancora errori nel film, che correggeremo, e gli anti-nuclearisti li useranno contro di noi per dire che la tesi è sbagliata. Nel film vedete uno scienziato co-fondatore di Greenpeace che dice: ‘abbiamo fatto tante cose giuste, su questa abbiamo sbagliato’, una dichiarazione nobile”.
Il professor Joshua S. Goldstein interviene in riferimento anche al fatto che nel film si tiri in scena anche la serie Chernobyl e commenta: “Ci sono stati malintesi sull’incidente: non c’era una struttura di contenimento, mentre a Fukushima sì, così le persone sono state esposte a radiazioni di alto livello e di basso diffuse nelle nuvole. È discutibile se abbiano causato danni nel tempo, possono essersi verificati qualche migliaio di casi di cancro ma non è vero che siano morte migliaia di persone a seguito del fatto. La mia obiezione è che la HBO abbia reso straordinario l’incidente 35 anni dopo, quando ce ne sono stati di molto più gravi nel settore industriale, ma HBO non ne parla. Gli scienziati di Chernobyl sembravano pazzi e i tecnici degli amatori, invece erano super formati, sanno quale era l’errore: HBO ha suggerito che la Russia abbia mentito, ma erano scienziati che si sono comportati secondo etica”.
I carburanti fossibili continuano a cuocere il nostro pianeta, dipendiamo da loro per l’elettricità ma “è tempo di pensare al nucleare”, si ripete nel film. “La nostra generazione è cresciuta con l’idea del nucleare come arma offensiva: non si può fare una bomba con un reattore usato per l’energia, è una cosa elementare ma la gente non lo sa! Ci siamo incontrati quasi tre anni fa con Oliver Stone ed ero emozionato di trasformare il libro in un film. Il libro è abbastanza tecnico, sono professore e scrivo e penso da professore, ma le info nel libro non instillano la paura, che è l’ostacolo più importante. La gente ha paura del nucleare. Il film può colpire il lato emotivo e permettere di superare le proprie paure e sono felice che un cineasta mi aiuti a farla superare, spero: bisogna invertire la paura. C’è un potenziale per trasformare l’economia di tutto il mondo. Dobbiamo sostituire i combustibili fossili, il nucleare è l’unica soluzione possibile. Se guardiamo indietro, sempre agli Anni ‘50-‘60-‘70, se fossimo rimasti su quella strada, adesso avremmo un’economia libera dal carbonio, e invece siamo arrivati davvero lontani dalla via giusta”, spiega il professor Goldstein.
Il tema del nucleare è naturalmente è un tema politico e Stone a proposito, anche sollecitato a rispondere su Putin e sulla situazione corrente del conflitto ucraino dice: “Non posso immaginare come il film potrebbe danneggiare i politici del mondo, sono narrati dei fatti; ma la leadership spesso è stata codarda, all’inizio c’è stata confusione tra armi nucleari e energia nucleare: dobbiamo trasformare l’energia nucleare in elettricità, è fondamentale”. Precisa Stone che qui si parla del nucleare e quindi declina di esprimere “sentimenti sulla Russia” ma aggiunge: “la guerra è comunque sbagliata, ma la cosa migliore che si può avere è la cooperazione. Ho guardato finire uno scontro terribile tra USA e Russia, la Guerra Fredda, dopo cui c’è stato un periodo straordinario di cooperazione, funzionato per 40 anni: non mi parlate dell’odio tra questi Paesi, viene e va, e se siamo furbi costruiremo insieme. Non ci sono sanzioni per il nucleare e guardo nel lungo termine, sono un ottimista”.
Nella presentazione del film al Lido si parla della necessità di abbattere blocchi mentali per progredire e il Professore aggiunge: “La COP 26 a Glasgow è stata una svolta, ma quello che stiamo facendo non basta: da quel momento tanti Paesi stanno cambiando la loro politica cominciando ad agire, sanno che tra 20-30-100 anni il cambiamento climatico sarà ancora peggio, e dobbiamo pensare ai nostri figli e nipoti, non c’è altra via, tutto il resto è troppo lento e non basta”.
Il film di Oliver Stone è un documentario che si costruisce con una miscellanea di materiali e tecniche, dall’archivio alla grafica animata, cosa che l’autore americano commenta dicendo che “È una riflessione stilistica, che dipende/varia dall’argomento. Mi interessa la semplificazione e la comunicazione, per quanto possibile”.
Nuclear apre con una citazione di Marie Curie e chiude con una dedica a Vangelis (Evangelos Odysseas Papathanassiou), autore e polistrumentista: “appena scomparso, non ha visto il film”, riesce a dire “appena” Stone, che poi, trattenendo commozione, aggiunge: “abbiamo lavorato insieme per due anni, mi mancherà. Amava e odiava la Grecia allo stesso tempo, quindi viveva a Parigi o in India: non amava viaggiare, stava nel suo appartamento con i suoi quadri, era anche un ottimo pittore, tra l’altro. Mi mancherà”.
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