“Ciò che spaventa di più le persone nel business dell’arte è la verità”. Il valore che per la nostra società dominata dai media è considerato quello più alto, la verità fattuale, nel mondo dell’arte non diventa solo utopistico, quanto controproducente. Il documentario Leonardo. Il capolavoro perduto (The Lost Leonardo) di Andreas Koefoed, nelle sale italiane dal 21 al 23 marzo distribuito da Nexo Digital, ci porta a scoprire uno dei business più controversi e meno regolati che esistano, il mercato dell’arte, in un viaggio appassionante tra restauratrici sognanti, furbi mercanti, cinici esperti d’arte, sceicchi miliardari, oligarchi russi e investigatori, che ha il sapore del thriller.
La vicenda racconta passo dopo passo tutte le tappe che hanno portato un dipinto dall’apparente scarso valore commerciale (circa mille dollari) a diventare in pochi anni l’opera d’arte più costosa della storia acquistata da un privato (450 milioni di dollari). Si tratta del Salvator Mundi, un dipinto olio su tavola attribuito a Leonardo da Vinci. “Attribuito” sia chiaro, in quanto non ci sono prove certe che, tra le decine di copie realizzate nel corso dei secoli da discepoli del maestro, discepoli dei discepoli o semplici manieristi, sia proprio questa tavola di 65×45 centimetri quella originale dipinta da Leonardo.
Su questo dibattito, il film non vuole offrire risposte certe, quanto dare spazio a ogni legittimo punto di vista, intervistando quasi tutte le più importanti personalità che hanno contribuito a generare la disputa sull’attribuzione e il conseguente caso commerciale di portata storica. Per farlo gli autori illuminano a chiara luce le contraddizioni di un mondo che sfrutta le debolezze della nostra società per portare avanti un mercato milionario ai limiti della legalità.
Tutto inizia con un “cacciatore di dormienti”, colui ovvero che cerca opere sottostimate da acquistare per poi rivenderle a un prezzo maggiorato, che affida una replica del Salvator Mundi alle mani esperte della restauratrice Dianne Dwyer Modestini, che, attratta da alcune particolarità del dipinto, si convince di trovarsi di fronte all’inequivocabile tratto del maestro Leonardo. Qui parte il controverso viaggio ventennale del Salvator Mundi, tra attribuzioni non ufficiali, sapienti giochi di marketing, paradisi fiscali e vere e proprie menzogne, che portano alla domanda definitiva: ci troviamo di fronte alla più grande scoperta della storia dell’arte o, soltanto, alla più grande montatura?
Alla fin dei conti poco importa. La relatività del valore storico-artistico di un’opera, e di conseguenza di quello commerciale, è alla base di questo mercato. Fa parte del suo fascino e, al tempo stesso, è la sua più grande debolezza: d’altronde “non si tratta di arte o di amore, si tratta di soldi”. Non sapremo mai chi ha dipinto il Salvator Mundi, ma due cose sono certe: la popolarità mediatica di quest’opera che l’hanno resa una vera e propria celebrità e il prezzo a cui è stata battuta. Quei 450 milioni di dollari che la rendono una delle più importanti opere della storia dell’arte, Leonardo o non Leonardo.
Il film diretto da Koefoed è una produzione solidissima, capace di spiegare con chiarezza i fatti avvenuti, presentare con ironia i protagonisti e tenere avvinghiati gli spettatori con una narrazione avvincente che pulsa di contenuti intriganti. Un documentario in cui le sfumature umane, economiche e politiche si fondono alla perfezione come i colori in un dipinto ben realizzato. In questo caso, per di più, sappiamo per certo chi ne è l’autore.
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