Nelle prime immagini del trailer si vede un giovanissimo Berlusconi intervistato da Mike Buongiorno che gli domanda, “tu ti occupi bene di tante cose, distribuzione, editoria, cinema, calcio, costruzioni, come fai non lo so, ma non ti è mai venuto in mente di entrare in politica?“. Secca la risposta: “io sono un uomo del fare, quindi quello che so fare bene è l’imprenditore”, così s’apprende dall’Ansa.
Netflix racconta Il giovane Berlusconi in una docu-serie diretta da Simone Manetti, in uscita in Italia l’11 aprile sulla piattaforma (e a seguire in molti altri Paesi partendo da Francia, Germania e Austria, dove verrà trasmesso da Zdf Arte e Orf). 3 episodi della durata di 50′ ciascuno, nessun narratore, ma testimoni capaci di confidenze e aneddoti inediti. Un racconto ricco di storie mai raccontate prima. Oltre alle interviste, la serie è costituita da materiale di repertorio, in parte inedito o raro. La serie usa la musica, gli archivi e i racconti personali come elementi chiave di una storia di grande impatto visivo.
Il giovane Berlusconi ripercorre il successo del Cavaliere dai suoi esordi come imprenditore all’invenzione della televisione commerciale alla metà degli Anni ’70 fino alle elezioni politiche del ’94. La docu-serie è una produzione B&B Film in coproduzione con la società tedesca Gebreuder Beetz Filmproduktion e con l’emittente franco tedesca Zdf Arte, co-finanziata dalla Regione Lazio, dal programma Media di Europa Creativa, realizzata anche grazie al Tax Credit del MiC.
Silvio Berlusconi si lancia, come molti in quegli anni, nel business dell’edilizia. Realizza Milano 2, una new town avveniristica immersa nel verde, dove per evitare la selva delle antenne sui tetti, si progetta, per la prima volta in Italia, la cablatura di tutta la cittadina con il cavo coassiale. Ed è così che, nel 1974, in un sottoscala nasce una televisione al servizio dei residenti che possono seguire la messa, le riunioni di condominio, le attività sportive dei propri figli e la pubblicità del negoziante sotto casa. Nessuno avrebbe immaginato che da lì a poco la televisione condominiale di TeleMilanoCavo si sarebbe trasformata in uno dei più grandi gruppi tv privati europei. Berlusconi fiuta l’affare: la televisione privata è il business del futuro. Vuole dei programmi vivaci, colorati, ma al tempo stesso rassicuranti, e la pubblicità deve esserne l’anima.
Il monopolio della Rai viene aggirato dal cosiddetto “pizzone” di Berlusconi, un nastro registrato con programmi e pubblicità che viene consegnato a tutte le emittenti, sparse lungo il territorio nazionale, affiliate con Canale 5, che ha ormai sostituito TeleMilano. Con questo escamotage rudimentale quanto geniale, una piccola televisione locale di Milano riesce a far sentire la sua voce in tutta Italia e a vendere tanta, tantissima, pubblicità.
E così, durante la coda sanguinosa degli Anni di Piombo, Berlusconi fa sognare i telespettatori, raccontando un’Italia che ancora non esiste, ma che si paleserà da lì a poco. Intere generazioni crescono davanti ai teleschermi del gruppo Fininvest, che mandano in onda telequiz, soap opera, telefilm americani, cartoni animati giapponesi, calcio, programmi comici.
Berlusconi parla al consumatore e agli inserzionisti, mentre la tv di Stato si rivolge al cittadino: da questo momento i confini tra i due mondi si faranno più labili, la comunicazione berlusconiana plasma un pubblico nuovo, che presto diventerà elettorato. E non si ferma: per tutti gli Anni ’80 l’impero di Berlusconi cresce così a dismisura, inglobando, oltre alle televisioni e alla pubblicità, anche editoria, giornali, riviste, assicurazioni, banche, catene di negozi e una squadra di calcio, l’AC Milan, rendendo ancora più popolare la sua immagine di imprenditore di successo.
La docu-serie racconta la storia di una delle più famose e controverse personalità europee.
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