Arrivò su Netflix nel momento più difficile, poche settimane dopo l’inizio della pandemia, e toccò duramente la fragile sensibilità di moltissimi spettatori. Diretto dall’esordiente regista basco Galder Gaztelu-Urrutia, Il buco è un esempio di film uscito nel momento giusto, diventando un cult istantaneo per la sua capacità di cogliere con una semplice metafora l’assurdità e la bestialità della società che abbiamo costruito. Quattro anni dopo, arriva il suo sequel, o meglio il Capitolo 2 di una storia che punta ancora di più sulla sua carica simbolica. Il Buco – Capitolo 2 è disponibile su Netflix dal 4 ottobre 2024, per la gioia – e l’orrore – di tanti appassionati, che non vedevano l’ora di tornare nella “fossa”.
L’ambientazione è la stessa del primo film: ci troviamo in un’enorme struttura verticale dove le persone, per scelta o costrizione, si trovano divisi a coppie: due per piano. Si mangia una volta al giorno, da una piattaforma imbandita con tutti i cibi preferiti dei detenuti: chi sta in alto mangia per primo, chi è in basso si accontenta delle briciole, chi sta in fondo neanche di quelle, digiunando per un mese intero. La novità è che questa volta i detenuti stanno sperimentando una modalità per permettere a tutti di sopravvivere. La “Legge” – promulgata da una sorta di Messia che si è martirizzato per il bene collettivo – prevede che ognuno mangi solo il proprio piatto. Chiunque faccia diversamente sarà punito con severità spropositata perché “la legge non si interpreta, si applica”. Una “révolution solidaire” che ispira molti, ma che spaventa gli altri, intimoriti dalla rigidità di un regime punitivo e violento portato avanti da persone letteralmente accecate dalla fede.
L’attrice spagnola Milena Smit, celebre per i suoi ruoli in Madres Paralelas e ne La ragazza di neve, interpreta la protagonista, Perempuan, una donna che decide di entrare nella fossa per espiare una colpa passata. Guidata da una forte sensibilità artistica, si troverà prima a fare amicizia con un uomo apparentemente diversissimo da lei, uno scienziato privo di immaginazione e di autocontrollo interpretato da Hovik Keuchkerian, e poi a guidare una sanguinosa rivolta popolare per annientare i sostenitori della Legge.
A differenza del primo capitolo, la narrazione qui è molto meno lineare e il film si configura come un thriller psicologico in cui le sequenze oniriche si fondono continuamente con la realtà. Consapevole del fatto di non dovere più dare spiegazioni sul contesto in cui ci si trova, il regista manipola a suo piacimento il tempo, utilizzando una struttura narrativa molto più frammentaria, in cui lo spettatore è lasciato senza punti di riferimento, alla ricerca continua di un senso nell’incubo ad occhi aperti che richiama esplicitamente l’Inferno di dantesca memoria (non a caso i piani de “la fossa” sono 333). Tante le scene d’azione, girate con uno stile volutamente caotico, in cui a regnare è solo la violenza e la bestialità. La metafora della piramide sociale in cui chi sta sopra prevarica chi sta sotto è resa sempre più esplicita e viene arricchita da una critica alle norme etiche e dogmatiche che guidano la nostra società. La Legge non è altro che una religione nata per scopi più alti e degenerata in una follia omicida: qualcosa a cui siamo tristemente abituati.
Sul finale non mancheranno alcuni colpi di scena che collegheranno direttamente i due film, promettendo nuovi Capitoli e nuove chiavi interpretative per una saga che vuole alzare sempre più l’asticella anche a discapito della linearità narrativa e della fruibilità. Schiacciato da innumerevoli quesiti, lo spettatore si troverà stimolato a trovare risposte, invischiato sempre più in questa truculenta distopia apparentemente senza via d’uscita.
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