TORINO – Il 42TFF debutta con “più stelle che in cielo”, il titolo preso in prestito da un libro di Goffredo Fofi mai fu più azzeccato per la cerimonia di apertura del Torino Film Festival 2024 che, sotto la prima direzione di Giulio Base, apre con una allure glam-pop, con nomi di primo piano del cinema internazionale, ma è per Giancarlo Giannini la prima standing ovation spontanea dell’intera platea del Teatro Regio.
Tutto comincia quando ancora il pubblico non è completamente seduto in sala, le luci lentamente si rarefanno e il palco accoglie un centinaio di piccole voci, bianche e non, che alla spicciolata riempiono la scena, intonando in coro il Tema de Il Padrino, musica di Nino Rota: sul grande schermo, intanto, scorrono sequenze del film di Coppola così come di Ultimo Tango a Parigi, e l’inchino è tutto per lui, Marlon Brando, mentore di quest’edizione del TFF.
Quando “la musica è finita, gli amici non se ne vanno” e la serata, che certamente potrebbe essere raccontata con molteplici aggettivi, ma di certo non “inutile” (parafrasando la celebre canzone), un occhio di bue illumina il palco e al centro Giulio Base, direttore del TFF al suo debutto nel ruolo di deus ex machina della manifestazione cinematografica: si presenta – in inglese – aprendo con un rituale “Ladies and Gentlemen” e giocando da confidente padrone di casa, senza però aver accanto la sua madrina, Cristiana Capotondi, assente giustificata per influenza.
Base racconta il tempo di preparazione di questa edizione come “un anno di lavoro, 6000 film visionati, notti insonni” e parla di “un cinema che non vuole escludere nessuno perché è di tutti, da 42 anni” e di lì a qualche istante ecco accanto a lui la prima delle 12 Stelle della Mole 2024, 12 perché “la stella delle Mole Antonelliana ha 12 punte”, spiega il Direttore, adesso raggiunto da Matthew Broderick, che proprio accanto a Brando ha recitato nel ’90, il film era Il boss e la matricola, occasione per cui Base gli domanda quale sia il suo più vivido ricordo di Marlon Brando e l’attore commenta che “probabilmente è il primo incontro, durante le prove del film. Era un po’ in ritardo, e tutti pensavano: non arriverà mai. Poi suonò il campanello, la porta si aprì e c’era un uomo con una tuta di velluto, una specie di cappello da cowboy e gli occhiali da sole. Ed era in ginocchio perché si scusava per il ritardo”. Dopo l’aneddoto, ecco la consegna della Stella, a cui segue l’applauso della sala anche per l’annunciata presenza in sala della moglie di Broderick, l’attrice Sarah Jessica Parker, ricercatissima dagli obiettivi di macchine fotografiche e videocamere nel foyer del Regio, al photocall antecedente la cerimonia.
È proprio con Broderick che comincia un siparietto, poi filo rosso della cerimonia nell’attesa che a salire sul palco sia Ron Howard, per l’anteprima assoluta del suo Eden: l’attore ironizza e commenta che il sempiterno “Richard Cunningham” di Happy Days non l’abbia mai assunto per un suo film.
Prosegue il saliscendi di Stelle sul palco, e così ascende Rosario Dawson, a Torino anche per ri-presentare al pubblico un classico, Kids, di cui è stata protagonista ma… “Hai sempre desiderato fare l’attrice?”, le domanda Base. “Penso che volessi fare qualcosa che amavo. Quindi inizialmente volevo studiare biologia marina o diventare ingegnere civile, poi… è arrivato un contesto molto familiare, intenso e bello, di bambini”, il film di Larry Clark e sceneggiato da Harmony Korine, appunto.
La prima terna di Stelle si compie con la chiamata sul palco di Giancarlo Giannini, alla cui sola pronuncia del nome nasce spontanea la prima standing ovation dell’intera platea del Regio, mentre il Direttore lo accoglie parlando di “una stella italiana che brilla luminosissima, forse la più grande”. E naturalmente anche la vita di Giannini s’è incrociata con quella di Brando, a cui il nostro interprete racconta di aver avuto l’occasione di chiedere quale fosse il suo segreto e che l’altro gli abbia risposto che non leggeva i copioni, “una risposta che mi aveva dato pressappoco anche Marcello Mastroianni, quando avevo 17 anni: ‘li porto a letto, perché queste pagine sono un grande sonnifero’ mi disse”. Giannini, ricorda Base, “non è a Torino solo per fare passerella ma per ripresentare un capolavoro, Pasqualino Settebellezze” valso a lui la candidatura all’Oscar nell’anno in cui correvano De Niro per Taxi Driver e Stallone per Rocky. “Non ho preso l’Oscar ma la Stella sulla Walk of Fame sì, e quella è per sempre”, commenta Giannini, insignito della Stella della Mole dal sottosegretario Lucia Borgonzoni per cui è “un grande onore e una grande gioia” consegnare il riconoscimento. “Giulio, con questa serata, ha dimostrato di saper scegliere chi invitare, e di saper scegliere con gusto cosa possa piacere al pubblico. Sono onoratissima perché qui c’è una grande stella, un grande artista a tutto tondo: se socchiudo gli occhi e sento la sua voce lui riesce a far sognare e far entrare dentro altri mondi”.
E poi – avvolta in un vaporoso mantello a strascico color rosso fuoco – ecco “la stella delle stelle”, come la definisce il Direttore: Sharon Stone, non solo una grande interprete, ma anche pittrice e persona impegnata per i diritti umani, ricorda lui. La Stella le viene consegnata dal direttore del Museo del Cinema, Carlo Chatrian, per cui “la Stella è la punta assoluta del Museo, che preserva la Storia del Cinema, che è la nostra Storia”. Poi, proseguendo il siparietto avviato da Broderick, anche Stone lancia una battuta a Ron Howard: “d’accordo che non hai assunto nemmeno me, ma Giannini?”. E poi, tornando seria e tornando al cinema, conclude dicendo “che c’è ancora tempo per fare film che possano cambiare il mondo”.
Dulcis in fundo, ecco lui, la star delle star della serata, anche perché porta per mano Eden, la sua ultima creazione per il grande schermo, un dono per il 42TFF questo film d’apertura. Un socievole Ron Howard sale sul palco, anche lui corrisposto da una sala del Teatro tutta in piedi ad applaudirlo, e dapprima finalizza l’ironia innescata dai colleghi che l’hanno preceduto e annuncia di aver avuto l’idea per un film, con protagonisti tutti loro! Poi, risolto il siparietto, il regista, due volte Premio Oscar, ma in principio attore, ricorda di aver “cominciato molto piccolo, ma a un certo punto, da adolescente, mi sono davvero innamorato del cinema, così ho imparato a recitare, ho imparato a far parte di un film o di uno spettacolo televisivo. È stato, poi, quando da appassionato mi sono innamorato del cinema che ho capito fosse il mio sogno. E così, quando ho diretto il mio primo film, tutto ciò che speravo di fare era dirigere per il resto della vita”. Ma la sua carriera, ricorda Base, ha a che fare anche con l’Italia, e infatti lui conferma di sentire “una connessione forte: il primo vero lavoro che ho fatto come attore avevo quattro anni, era un film che sarebbe stato girato in Europa, a Vienna. Mia madre e mio padre erano entrambi attori e, grazie a loro, ho avuto l’opportunità di interpretare questo ruolo: non volevano fossi un attore bambino, ma erano molto poveri e dicevano che se avessi fatto questo film in Europa saremmo potuti andare in Italia. Quindi, parte del motivo per cui hanno accettato di lasciarmi partecipare è stata la possibilità di viaggiare in Europa, in modo che anche loro potessero visitarla, e soprattutto l’Italia. Uno dei miei primi ricordi è Roma, poi Venezia e l’Italia in generale, che nel tempo ha poi significato cose diverse”. La Stella della Mole a Ron Howard viene consegnata da presidente del Museo del Cinema, Enzo Ghigo: accogliendo il Premio, il regista americano ringrazia “onorato di ricevere un premio in Italia, che ha tradizione e Storia del Cinema”.
Ed è proprio lui, Ron Howard, dal palco del Teatro Regio di Torino, a dichiarare ufficialmente aperto il 42TFF.
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