“Dopo I mitici e In questo mondo di ladri con Non si ruba a casa dei ladri concludiamo la nostra trilogia sulla truffa”, dice Carlo Vanzina, che firma il film come sempre scritto insieme al fratello Enrico, assente alla conferenza stampa. Il film, in uscita il 3 novembre in 350 copie, distribuito e prodotto da Medusa, è per l’AD Giampaolo Letta “una commedia sul malcostume generale più che su Mafia Capitale, che si avvale del meccanismo divertente della vittima che si trasforma in carnefice”.
Non si ruba a casa dei ladri narra di Antonio (Vincenzo Salemme), un imprenditore napoletano di una piccola impresa di pulizie a cui viene tolto, in modo scorretto, un appalto vinto regolarmente. Antonio dopo aver investito denaro nell’impresa si ritrova sul lastrico. Per fortuna i suoi ex domestici filippini, che devono tornare per due mesi nel loro paese, offrono a lui e alla moglie Daniela (Stefania Rocca) l’opportunità di sostituirli nella villa in cui lavorano con un buon compenso. Una volta assunto Antonio scopre che il suo nuovo datore di lavoro (Massimo Ghini),che vive con la bella ignorante Lori (Manuela Arcuri), è proprio il faccendiere che lo ha rovinato. Antonio decide allora di vendicarsi organizzando una truffa in grande stile nella banca svizzera dove Simone ha depositato il suo ingente gruzzolo. Complici dell’impresa, oltre alla moglie, un amico (Maurizio Mattioli), il giovane figlio della sua segretaria (Lorenzo Balducci) e una bellissima ragazza (Ria Antonou).
I fratelli Vanzina già due anni fa avevano pensato di raccontare in forma di commedia la corruzione emersa con Mafia Capitale, una vicenda narrata solo in modo drammatico, si pensi a Suburra. “Un progetto che non è invecchiato perché questi ‘facilitatori’ che mettono in ginocchio i cittadini onesti sono cronaca più che mai attuale”, dice Carlo Vanzina. Come nelle grandi commedie italiane del passato lo sguardo dei registi è sull’attualità civile e sociale, non è un caso che quelle vengano citate nel film. Il Ghini che ritroviamo in scena vestito da antico romano, rimanda al Vittorio Gassman industriale corruttore portato in commissariato vestito con tunica e coturni di In nome del popolo italiano di Dino Risi. Così come un altro riferimento è stato La congiuntura di Ettore Scola con un Gassman nobile romano che esporta valuta in Svizzera.
In Non si ruba a casa dei ladri il monologo di Maurizio Mattioli che decide di lasciare l’amata e odiata Roma, dove si cambia un sindaco al mese ma c’è anche er Pupone, fa pensare che il film sia costruito sulla corruzione di questa città. Non la pensa così Salemme, “il film è soprattutto una parabola su quanto sia difficile governare la natura umana”. E anche questa lettura è condivisa da Carlo Vanzina: “Il film ci mostra quanto sia corruttibile l’animo umano, quanto sia influenzato da quello che ci circonda”.
Ormai la finzione è superata dalla realtà aggiunge Ghini, “i nostri personaggi esistono, sono autentici, basta leggere le intercettazioni telefoniche di questi ultimi giorni sui grandi appalti. Sembrano pagine del nostro copione. Allora il paradosso è che ci troviamo davanti a un film neorealista e non una commedia”.
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