Lala è una ragazza rom, nata e cresciuta in Italia, dove è andata anche a scuola. Alla soglia della maggiore età è una madre senza documenti con un figlio di sei mesi, Toto, avuto con il suo ex fidanzato Mino. Figlia di cittadini della ex Jugoslavia emigrati in Italia durante la guerra nei Balcani, vive senza reddito e senza documenti in una casa occupata e i servizi sociali le portano via il figlio una settimana prima del suo compleanno, così ha solo sette giorni per ottenere il passaporto e riavere il bimbo.
Il suo ruolo è interpretato da Samanta, una coetanea di Lala cresciuta a Roma in un campo alla periferia est e poi trasferita con la famiglia (madre di origine rumena e padre di origine serba) in un appartamento. Da poco ha ottenuto la cittadinanza italiana, dopo una lunga battaglia, ha una bambina che cresce insieme al suo compagno. Zaga, infine, è la ragazza da cui è partito il progetto dieci anni fa. Nata e cresciuta in un campo nella periferia est di Roma, dove è andata anche a scuola, non riuscendo ad avere i documenti, è partita clandestinamente per la Serbia dove le hanno concesso la cittadinanza.
Tre volti di donna che si specchiano l’uno nell’altro, tre storie di emarginazione e diritti negati, ma anche uno sguardo collettivo sull’identità dei giovani rom, con i tanti pregiudizi che li accompagnano. Lala di Ludovica Fales, girato a Roma al Quarticciolo, è un film che si è fatto notare in vari festival, alla 35esima edizione di Trieste Film Festival per il Premio Corso Salani, vincendo il Premio del pubblico Mymovies alla 41esima edizione del Bellaria Film Festival e la menzione speciale per il documentario alla XV edizione di Ortigia Film Festival.
“Le storie di Lala, Samanta e Zaga – spiega la regista – tre giovani italiane che l’Italia non riconosce perché i loro genitori sono nati altrove, prendono forma e si intrecciano in un racconto collettivo di tante adolescenti senza documenti portandoci tra i paradossi della legge in un viaggio alla ricerca della identità di un’intera generazione”.
Ludovica Fales, con studi di filosofia teoretica a Roma e antropologia culturale a Berlino, ha realizzato documentari come Lettere dalla
Palestina, The Real Social Network, Fear and Desire, I Racconti del Santo Nero, insegna documentario sperimentale alla University College
London, collabora con Sorbonne Nouvelle a Parigi.
“Il primo strato di questa storia – spiega – è un racconto arrabbiato a proposito di un sistema apparentemente benevolo e incapace di vedere la propria logica distorta. Un racconto di formazione, in cui Lala si confronta con il più classico dei riti di passaggio – il 18° compleanno – come transizione verso la maturità e verso le domande più profonde legate alla maternità, mentre lotta per il riconoscimento da parte della società. Il secondo livello documentario rivela il meccanismo attraverso il quale è stata sviluppata la finzione e rappresenta l’antidoto alla storia stessa, rivelando tutta la profonda e complessa verità che sta dietro alla storia. Mentre in questi mesi stavamo filmando e improvvisando, abbiamo anche imparato i modi di stare insieme che sfidavano la norma per cui ognuno di noi è in contatto solo con i suoi simili. Ho iniziato a lavorare con il gruppo di attori non professionisti, che hanno sfidato la sceneggiatura, l’hanno cambiata e hanno co-creato con me lo spazio del film. Ognuna delle persone che hanno partecipato a questo processo è stato, quindi, un frammento necessario e insostituibile di un progetto i cui vari strati dovevano convivere”.
Il film, che mescola appunto codici del documentario e della finzione, vuole interrogarsi anche sul trauma dell’esilio, che viene ereditato e trasmesso come trauma inconscio per tre generazioni. Tutto questo crea un collegamento con la storia familiare della regista, la cui nonna, Angela, insieme alla sorella Regina, era fuggita dall’Italia verso gli Stati Uniti durante il periodo delle leggi razziali.
Lunga e complessa la gestazione del progetto. “Nove anni dopo Zaga è tornata e ha affrontato il processo del film, la storia che è stata cambiata e trasformata dal lavoro collettivo, per completare con la propria voce questo labirintico processo. Attraverso una serie di contatti accidentali, legati al mio viaggio nei Balcani e ai miei studi, il mio team di tutte donne ha incontrato l’assistente sociale Antonio Ardolino e il suo gruppo a sostegno dell’accompagnamento scolare per i bambini rom e il ‘maestro di teatro di strada’ Antonio Calone. Abbiamo organizzato una serie di workshop, casting e formazione per adolescenti e adulti italiani, rifugiati e rom, che ci hanno fornito strumenti per riflettere sul contesto e la profonda realtà della storia. Abbiamo sperimentato diversi metodi, dal forum di Augusto Boal alla pedagogia degli oppressi di Paulo Freire al Tanztheater”.
Il 26 gennaio al Nuovo Cinema Aquila di Roma è previsto un Q&A con la regista insieme alla ballerina e attivista rom Ivana Nikolic, alla presenza di Samanta Paunkovic, protagonista del film con gli interpreti Miguel Lebbiati e Leonardo Halilovic. Presenti anche gli Assalti Frontali, autori del brano realizzato appositamente per il film, dal titolo Il mio nome è Lala. A moderare l’incontro la giornalista Anna Maria Pasetti. Tra i presenti in sala il compositore Bruno Franceschini e il musicista Edoardo De Angelis, compositore della celeberrima Lella. Il 27 gennaio il film si replica alle 21 al Nuovo Cinema Aquila di Roma.
Lala è una produzione Transmedia Production (Italia), Staragara (Slovenia), con il contributo di Fondo Audiovisivo del FVG, MiC – DG Cinema (tax credit), FVG Film Commission, Regione Lazio, Slovenian Film Centre (Tax rebate), sviluppo Biennale College Cinema. E’ distribuito da Transmedia Production.
Il doc è co-prodotto da 39 FILMS - Simona Banchi e Alfredo Federico e Luce Cinecittà, anche distributore: Non chiudete quella Porta, di Francesco Banesta e Matteo Vicentini Orgnani, debutta in anteprima nella selezione del Festival in corso a Roma, dove è in programma il 20 novembre ore 20
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