‘I bambini di Gaza’, Loris Lai: “sono loro a indicarci una terza via, quella della pace”

L'endorsement del Papa all'opera prima del regista romano, in sala il 28 marzo con Eagle Pictures e una colonna sonora firmata dal premio Oscar Nicola Piovani. L'intervista.


Un’unica luce nel buio pesto dell’orrore.

È questa la sensazione che si prova alla comparsa dei primi titoli di coda de I Bambini di Gaza – Sulle Onde della Libertà di Loris Lai, proiettato in un’applauditissima anteprima per la stampa a Roma.

“Il film era pronto già a settembre del 2023, ma i fatti terribili del 7 ottobre hanno fatto sì che prendessimo un periodo di riflessione, dunque siamo arrivati ad oggi”, racconta il regista romano di origini italo-americane. “Abbiamo voluto dare voce ai bambini, che rappresentano il futuro e ci insegnano, ci indicano, una terza via: una via fatta di convivenza e di pace”.

Sono pochissime le parole con cui Lai presenta il suo film alla platea, in segno di grande rispetto per la tragedia in corso: negli ultimi cinque mesi, infatti, a Gaza di bambini ne sono già morti oltre 13.000, più che in tutte le guerre sparse per il mondo negli ultimi quattro anni, stando ai dati Unicef e United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East (UNRWA).

Liberamente ispirato al romanzo per ragazzi Sulle onde della libertà (Mondadori) di Nicoletta Bortolotti, e arricchito dalle musiche originali di Nicola Piovani, I Bambini di Gaza è ambientato nell’omonima striscia durante la seconda Intifada, nel 2003: è qui che due bambini, il palestinese Mahmud e l’israeliano Alon, diventano amici nonostante tutto, uniti dalla passione per il mare e per il surf. Un film niente affatto facile, che riesce a far emergere sempre, anche nei più piccoli dettagli, l’enorme complessità della situazione reale, in un racconto al tempo stesso spietato e poetico.

“Ovviamente la situazione di Gaza che io racconto non esiste più: quella della seconda Intifada era comunque molto drammatica e con una guerriglia molto dura, ma ciò che vediamo oggi è un vero e proprio mostro, che non ha niente a che fare con quel che accadeva vent’anni fa” – racconta Lai a CinecittàNews. “Ma al di là del fatto che il contesto è Gaza, quello del film è un messaggio universale, perché i bambini sono bambini in tutto il mondo: possiamo trovarli a Kiev, nello Yemen o in Kurdistan, in tutte le situazioni di guerra, e rappresentano comunque e indiscutibilmente una speranza, perché incarnano il futuro. Qualsiasi tipo di speranza dobbiamo riporla in loro, che sono le prossime generazioni”.

Mahmud (splendidamente interpretato dal piccolo Marwan Hamdan) ha 11 anni e vive nella Striscia come moltissimi altri bambini palestinesi, tra i tanti insediamenti dei coloni israeliani (a Gaza il 43% degli abitanti ha meno di 14 anni, recita la scritta che apre il film). Va a scuola, aiuta la giovane madre Farah che per lui spera in una vita diversa e gioca con gli amici a “israeliani contro palestinesi”: nelle scene iniziali, in una Gaza perfettamente ricostruita in Tunisia dallo scenografo Bessem Marzouk, il loro passatempo, tra le bombe e gli spari veri, è mimare altre battaglie tra le macerie, in cui sono loro stessi a morire di continuo, sotto i colpi delle loro finte mitragliette fatte con pezzi di legno di risulta.

Ma la vera passione di Mahmud è il surf, che nell’inferno quotidiano di Gaza rappresenta per lui uno spazio di gioia e libertà assoluta. L’amore di Mahmud per questo sport è condiviso da un suo coetaneo israeliano, Alon (Mikhael Fridel): quando i due si incontrano sulla spiaggia nasce una curiosità reciproca che potrebbe diventare amicizia, nonostante le estreme difficoltà del contesto culturale, familiare e amicale. “All’inizio delle riprese le loro madri si evitavano, poi quando abbiamo spostato il set a Capo Verde, in cerca di onde per il surf, sono diventate amiche per la pelle”, racconta ancora il regista.

L’acqua è quindi un elemento fondamentale del racconto, quasi a rappresentare l’unico ossigeno possibile in un’apnea che sembra non avere fine. “Gaza è casa mia: sulla terra sembra una prigione, ma in acqua non ci sono più confini”, dirà infatti Mahmud.

L’acqua ha tantissimi significati nel film, uno di questi sta nel fatto che il mare ha un moto incessante, non si ferma mai”, continua il regista. “Quindi la leggiamo anzitutto dal punto di vista di speranza, in quanto essendo in continuo movimento, c’è sempre la possibilità che qualcosa possa cambiare. Ma se l’onda ha questo aspetto decisamente positivo, ne ha anche uno molto pericoloso, perché può travolgerti, come fosse un po’ la metafora della guerra. L’onda è incessante come lo è il conflitto infinito tra Israele e Palestina”, precisa Lai, come anche Dan ribadirà molto duramente al bambino, in una scena del film.

Davvero notevole l’interpretazione dei due attori protagonisti, uno israeliano e uno palestinese, proprio come i loro personaggi. Gli sguardi di Mahmud e Alon, a tratti commoventi, riescono a trasmettere dolore, gioia, sofferenza, disperazione, ma anche un grandissimo coraggio, in nome della loro passione e della loro amicizia. Molto bella anche la figura della giovanissima e già vedova mamma di Mahmud (Farah Farsoun).

“Per la mia scrittura, nella descrizione della loro vita a Gaza, mi ha aiutato molto un giornalista locale”, ci tiene a precisare Lai. “Ad esempio il fatto che Alon, il bambino israeliano, potesse passare i checkpoint per andare dall’altra parte a surfare con il suo amico era una cosa molto difficile che accadesse, anche in quel periodo. Però comunque allora poteva succedere, pur essendo molto pericoloso”, “E il personaggio di Alon, nonostante il suo aspetto più goffo rispetto all’altro, dimostra di avere un coraggio da vero leone… in nome del vento dell’ovest!”

Sarà proprio Alon il protagonista di un dialogo molto importante per quello che è il messaggio del film, quando chiede a suo padre quando finirà la guerra con i palestinesi. Il padre risponde “finirà solo quando saranno tutti morti loro, oppure quando saremo tutti morti noi”. E il piccolo replica: “ma c’è una terza possibilità!”

Mahmud vuole sempre giocare, come tutti i bambini. Un giorno trova sotto le macerie un gameboy, e da quel momento ogni (rara) volta che sta fermo, i suoi occhi sono puntati sul suo display. Poi, dopo la fuga da un bombardamento terrificante dove muore anche un amico suo coetaneo, è visibilmente sotto shock, ma cerca disperatamente un flipper. È ancora Dan, a quel punto, a chiedergli: “Ma come fai?? Sei tutto sporco di sangue, hai appena visto morire un tuo amico, e vuoi giocare a flipper??”

“Sì, soprattutto in quel posto i bambini vogliono giocare sempre”, ci racconta ancora il regista. “Quando a inizio 2022 sono stato a Gaza, per capire da vicino come vivevano, prima di scrivere la sceneggiatura, ho notato proprio questo: lì i ragazzini la paura non la conoscono. Io in cinque notti non ho chiuso occhio una volta, anche se in quei giorni non stavano bombardando… ma lì la guerra c’è sempre, ogni tanto tremava tutto il palazzo, esplodeva qualcosa, avevo molta paura. Loro me lo dicevano: “Certo che no, noi non abbiamo paura, andiamo a dormire, poi non sappiamo se ci sveglieremo, ma è questa la nostra vita. Loro non conoscono altro, non hanno mai conosciuto altro”.

Oltre all’acqua, anche alla luce nel film è dedicata una cura magistrale, in quanto elemento di contrasto diretto al buio totale della ‘gabbia’ a cielo aperto rappresentata da Gaza: “Io qui sono intrappolato, tu invece puoi andartene quando vuoi”, dirà infatti Mahmud al suo amico Dan (Tom Rhys Harries), un giovane ex campione di surf americano dipendente da potenti farmaci contro il dolore, dopo che la sua carriera è stata stroncata da un infortunio. Dan è in lutto per la morte della sorella, uccisa in un bombardamento mentre lavorava come medico volontario proprio nella Striscia.

La luce viene spesso dall’alto, un po’ come desiderio di apertura”, continua il regista: “anche le parole della canzone finale (scritta da Loris Lai e dalla co-sceneggiatrice Dahlia Heyman sulla musica di Nicola Piovani, ndr) parlano di una bambina che si arrampica fino in cielo e ne taglia il ‘tessuto’, per vedere cosa c’è dall’altra parte”. E quando gli chiediamo quali sono – se ce ne sono – i grandi maestri a cui si è ispirato nel lavoro sulla luce risponde: “di sicuro al regista Terrence Malick, ma anche alla fotografia di Janusz Kaminski, in particolare a quella di Lo scafandro e la farfalla”.

Quando Mahmud dorme fa spesso dei sogni, in cui somatizza tutto l’orrore che vede durante il giorno: dei veri e propri incubi, ai quali il regista dedica una grandissima attenzione artistica. Uno su tutti, chiaramente ispirato ad una nota opera dell’artista britannico Bansky, colpisce nel profondo lo spettatore: è un sogno premonitore, in cui il bambino vede la morte violenta di un suo piccolo compagno di giochi, con il volo di mille farfalle che gli escono dalla bocca. “Quelle mille farfalle rappresentano la perdita dell’innocenza e il senso di ascesa, ma allo stesso tempo sono anche i mille bambini che vediamo nel sogno precedente, che qui volano in cielo”, ci spiega il regista. “Nel sogno precedente vagavano tutti nel deserto, come in un limbo, perché i bambini di quell’età hanno una coscienza ancora limitata della realtà, non lo capiscono il perché della guerra che li porta alla morte”.

L’amicizia comincia dove finisce l’odio”: è la frase che sullo schermo precede i titoli di testa del film, rivendicando quella speranza di ‘restare umani’ che sembra correre, sola, in direzione ostinata e contraria alla realtà. Anche se l’opera prima di Loris Lai ha ricevuto un endorsement molto speciale: “Questo film con le voci piene di speranza dei bambini palestinesi e israeliani – ha detto infatti Papa Francesco – sarà un grande contributo alla formazione nella fraternità, l’amicizia sociale e la pace”.

 

 

I Bambini di Gaza – Sulle Onde della Libertà è prodotto da Jean Vigo Italia e Eagle Pictures con Rai Cinema in coproduzione con Potemkino, in coproduzione con B-Roll Production e Panoramic Film, ed è distribuito da Eagle Pictures a partire dal 28 marzo.

Nel cast: Marwan Hamdan, Mikhael Fridel, Tom Rhys Harries, con la partecipazione di Lyna Khoudri, Qassim Gdeh, Hussam Shadat, Yasmine Attia, Oday Saedi, Jaron Löwenberg, Ruth Rosenfeld, Jamal Sassi. 

 

 

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21 Marzo 2024

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