Honoré, il mio film è come una madeleine

Un anno dopo 120 BPM, con Plaire, aimer et courir vite di Christophe Honoré torna in concorso l'amore gay ai tempi dell'Aids. Ma il regista protesta: "Non è un film gay, ma un tuffo nella memoria"


CANNES – Fassbinder con il suo mitico Querelle, ma anche Umberto Saba con Ernesto e Lezioni di piano di Jane Campion (“un film che ci vuole tempo a capire”). E poi le tombe di Truffaut e Koltès. E’ ricco di citazioni cinefile, musicali e bibliofile, e di omaggi espliciti o sottintesi, Plaire, aimer et courir vite (titolo internazionale Sorry Angel come la canzone di Serge Gainsbourg) di Christophe Honoré, che un anno dopo 120 battiti al minuto riporta in concorso a Cannes l’amore gay ai tempi dell’Aids. “Capisco che i due film vengano avvicinati – commenta il regista francese – ma io penso che siano diversi, anzi opposti. La gente li paragona perché entrambi parlano di omosessualità e questo mi dà molto fastidio. Nessuno oserebbe dire a Olivier Assayas che ha fatto un’altra storia eterosessuale! Eppure è così, tutte le storie omosessuali sono diverse, e poi non si può non parlare di Aids parlando degli anni ’90 e il tema del mio film sono proprio gli anni ’90”. 

Anni, se si vuole, un po’ incolore o comunque non così chiaramente caratterizzati, forse ancora troppo vicini. Ma per uno che è nato nel 1970, come Honoré, fondamentali per la propria crescita artistica e umana. E del resto il film, che lo riporta in competizione a undici anni da Les chansons d’amour, è molto personale, diremmo autobiografico. “Nel 1993 avevo 20 anni e ho una memoria molto viva di quel periodo. E’ stata un’epoca che abbiamo cercato di lasciarci alle spalle, ma le tracce ci sono e ancora oggi ci fanno male, non parlo solo dell’architettura o del modo di vivere, ci sono tracce sotterranee e profonde. Il film è una fotografia della mia giovinezza, scattata senza nostalgia”. 

L’autore si identifica nel giovane Arthur (Vincent Lacoste), un bretone ancora indeciso sul suo futuro sentimentale e lavorativo – ha una fidanzata ma non disdegna avventure gay e studia senza troppa convinzione – che a Rennes, inn un cinema dove danno appunto Lezioni di piano, incontra per caso l’affascinante scrittore Jacques Tondelli (Pierre Deladonchamps), un quarantenne che ha avuto un figlio da un’amica e vive a Parigi in un bell’appartamento tra qualche amante più o meno occasionale, un ex fidanzato ora gravemente malato e l’amico e complice di sempre Mathieu (Denis Podalydes), giornalista cinquantenne premuroso e affettuoso. L’amore tra Arthur e Jacques nasce quasi a prima vista, dopo una notte di quelle che restano sulla pelle, ma bisogna bruciare le tappe perché la malattia incombe.

Tra atmosfere romantiche ed erotiche alla Call me by your name e lunghe ed estenuanti conversazioni anche telefoniche, Sorry Angel contiene anche una sottintesa presa di posizione per le famiglie arcobaleno, battaglia che ha visto Honoré in prima linea in Francia. “Il primo amore e l’ultimo amore, un inizio e una fine, attraverso una sola storia. Il film voleva coniugare questa associazione di sentimenti: lo slancio e la rinuncia. C’è una parte di melodramma, perché si parla dell’amore impossibile come dell’impossibilità della vita stessa”. E ancora: “Spero che il film provochi delle memorie accidentali agli spettatori, è come una madeleine, che agisce attraverso la musica e le opere di altri artisti a cui faccio riferimento. Il cinema può rimettere in moto le memorie e provocare una sorta di ricordo fantasma”.

Quanto alla visita del personaggio di Arthur sulla tomba di Truffaut, Honoré ricorda che è stata una delle prime cose che ha fatto a Parigi arrivando dalla Bretagna con l’idea di fare cinema. “Sono un provinciale e guardo Parigi come solo un provinciale può fare ecco perché posso filmare la Tour Eiffel senza paura di avere uno sguardo turistico. Sono più libero di molti parigini”.

11 Maggio 2018

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