L’intelligenza artificiale sta trasformando l’industria dell’intrattenimento, aprendo nuove possibilità nella produzione e distribuzione dei contenuti, ma anche sollevando forti timori. In particolare, preoccupa l’impatto sulle leggi sul copyright e sul futuro della creatività. Colossi come OpenAI e Google spingono per un accesso illimitato a contenuti protetti, considerandolo essenziale per addestrare i propri modelli di IA. Ma questa posizione, secondo molti, rappresenta una minaccia per il valore economico e culturale della creatività umana.
In risposta, oltre 400 figure di spicco del mondo dello spettacolo — tra cui Paul McCartney, Ava DuVernay, Cate Blanchett, Taika Waititi, Alfonso Cuarón e Lilly Wachowski — hanno firmato una lettera aperta alla Casa Bianca per chiedere protezioni più forti. «Crediamo fermamente che la leadership globale americana nell’IA non debba avvenire a scapito delle nostre industrie creative essenziali», si legge nel documento.
La lettera sottolinea che «l’industria artistica e dell’intrattenimento americana sostiene oltre 2,3 milioni di posti di lavoro e genera più di 229 miliardi di dollari in salari ogni anno», ma denuncia come le aziende di IA «stiano chiedendo di indebolire queste fondamenta economiche e culturali riducendo le tutele del copyright».
La battaglia arriva in un momento chiave. OpenAI e Google hanno presentato le loro proposte per l’“AI Action Plan” voluto dal presidente Trump, chiedendo deroghe alle attuali normative. I creativi temono si tratti di un nuovo tentativo di aggirare i compensi dovuti ai titolari dei diritti, proprio dopo gli scioperi storici del 2023 che avevano già messo l’IA al centro del dibattito.
«Da quasi 250 anni, il diritto d’autore negli Stati Uniti ha bilanciato i diritti dei creatori con le esigenze del pubblico», ricorda la lettera. «La nostra raccomandazione è che il piano d’azione sull’IA americano mantenga l’attuale quadro normativo».
Nel frattempo, continuano a moltiplicarsi le cause legali contro le aziende di IA per uso non autorizzato di materiali protetti. Il New York Times ha citato in giudizio OpenAI, mentre altre testate e aziende stanno cercando accordi diretti. Ma manca ancora un sistema chiaro per garantire un’equa compensazione.
Sam Altman (OpenAI) ha dichiarato che «è necessario un nuovo standard economico per premiare i creatori», ma i firmatari ribattono che «non c’è alcun bisogno di esenzioni speciali per le aziende tecnologiche che fatturano miliardi».
Il confronto si gioca anche sul piano geopolitico: le Big Tech evocano la competizione con la Cina come giustificazione per rivedere le leggi sul copyright. Ma per Hollywood, in gioco c’è molto di più: il futuro stesso dell’identità creativa americana.
Pubblichiamo un estratto dalla lettera:
«Crediamo fermamente che la leadership americana nell’IA non debba sacrificare le industrie creative. Le aziende di IA chiedono accesso illimitato ai contenuti protetti da copyright: non si tratta solo di film e musica, ma di libri, software, fotografie, progetti architettonici, ricerca scientifica, tutto ciò che rappresenta la conoscenza americana. Non è necessario indebolire le protezioni esistenti: le aziende possono rispettare la legge, come ogni altro settore, e negoziare licenze.
Gli Stati Uniti sono diventati una potenza culturale globale grazie al rispetto per la proprietà intellettuale. Quel rispetto deve continuare.»
Fonti: ‘Deadline’, ‘Screenweek‘
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