Haroun Fall, con un passato da calciatore, ha capito che recitare avrebbe fatto parte del suo futuro mentre frequentava il Liceo coreutico teatrale Germana Erba di Torino, città in cui cresciuto tra l’affetto di una famiglia italiana affidataria. Di origini senegalesi, oggi l’attore 28enne combatte nel suo mestiere per un ideale forte. Quello di vedere rappresentate le persone nere e afro-discendenti in Italia, quello che considera a tutti gli effetti “il mio Paese”.
Co-protagonista della serie Zero, nata da un’idea di Antonio Dikele Distefano, e nel cast de Il clandestino, nel ruolo di un poliziotto infiltrato nei servizi islamici, vedremo Fall prossimamente nella serie di Netflix Sara diretta da Carmine D’Elia, e con Claudia Gerini e Teresa Saponangelo, nei panni di un giornalista d’inchiesta, mentre sarà un programmatore informatic onel film Prophecy, presentato agli ultimi Romics e tra poche settimane anche ai Lucca Comics and Games.
Padre di una bambina di 3 anni, avuta dall’ex compagna e attrice Daniela Scattolin, dice di “credere nelle seconde generazioni e nel futuro. Per una donna nera è ancora più difficile essere rappresentata in Italia, visto l’aspetto sessista. Ma le cose possono cambiare e già qualcosa sta accadendo”.
Haroun, quando sei passato dal calcio al cinema?
Sono stato affidato a una famiglia italiana di Torino quando ero piccolo e ho iniziato a fare un corso di teatro-terapia. Un insegnante ha notato le miei capacità recitative durante una messa in scena de I promessi sposi, in cui facevo uno dei bravi. Ho studiato al liceo coreutico e teatrale di Torino, l’unico in Italia, e lì ho iniziato a capire che recitare era ciò che volevo fare. Mi sono reso anche conto che ero l’unica persona nera e a 18 anni ho capito che questo non sarebbe stato solo un mestiere per me, ma sarebbe diventata anche una missione.
In che senso?
Volevo essere una voce all’interno di un settore che non considera come dovrebbe le persone nere e gli afro-discendenti. Sono diventato un attivista, perché volevo e voglio ancora oggi che cambino le cose nel mio Paese. Io voglio rappresentare l’Italia attraverso i personaggi che interpreto.
Da Torino ti sei trasferito poi a Roma.
Ho fatto il provino per tutte le scuole e accademie di recitazione in Italia. Giancarlo Giannini mi ha selezionato al Centro sperimentale di cinematografia. Sono stato il terzo attore nero a entrare nella scuola.
Rispetto a quando hai iniziato, vedi che c’è stato un cambiamento?
Io, Alberto Malanchino, Miguel Gobbo Diaz, stiamo lottando per cambiare un sistema che racconta in maniera sbagliata e stereotipata chi siamo. L’Italia è un Paese che, purtroppo, non ha sentito in passato l’interesse ad aprirsi a nuove culture. E ancora adesso ci vengono proposti ruoli imbarazzanti. Le sceneggiature non sono ancora all’altezza.
Un esempio?
Anche Tolo Tolo di Checco Zalone l’ho trovato un film offensivo, nonostante si basi sulla comicità, ma la cicogna ubriaca che fa cadere i bambini in Africa perché sono i più sfortunati non mi fa ridere. Oggi siamo ancora lontani dalla rappresentazione delle persone nere nel nostro Paese. Ogni cast viene fatto sulla base dell’importanza di un personaggio e al primo posto non ci siamo mai noi. Mi piacerebbe fare un personaggio, senza dover per forza esplicitare un tema sociale. E ultimamente ho avuto la fortuna di farne così.
Che ruoli sono?
Nelle serie Sara, che uscirà su Netflix, interpreto un giornalista d’inchiesta. Un ruolo bellissimo, la mia reference è stata Roberto Saviano. Nel film Prophecy con Damiano Gavino, invece, sono un programmatore informatico che inventa un app che prevede il mercato finanziario. È una pellicola diretta da Jacopo Rondinelli, prodotta da Brandon Box, e tratta da un manga scritto e illustrato da Tetsuya Tsutsui.
Ti piace metterti in gioco in generi diversi.
Il mio sogno sarebbe avere ruoli drammatici, narrativi, reali, anche action. Sono un amante del teatro anglosassone, Pinter, Mamet, Beckett. Mi piacerebbe che mi fosse data la possibilità di interpretare generi sempre diversi, anche fare un biopic, come una storia italiana come quella del pugile Leone Jacovacci, racconti realistici e non ambientati in un mondo fantasy.
Il futuro come lo vedi?
Vado avanti affrontando le situazioni di petto e portando avanti ciò in cui credo. C’è chi mi dice di non espormi così tanto, per non farmi tagliare fuori dal mercato. Ma io non mi fermo.
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