Un Johan Padan non a teatro e senza il gramelot, quella lingua così particolare inventata da Dario Fo. Una sfida ardita per Giulio Cingoli con il suo Johan Padan – A la descoverta de le Americhe, evento speciale della Mostra di Venezia, fuori concorso. Un anno per la sceneggiatura, tre anni di lavorazione, sono stati necessari per trasferire sullo schermo il testo teatrale che Fo portò sulle scene più di dieci anni fa. Cingoli, marchigiano di 75 anni, per la prima volta, dopo 50 anni di professione, è alla Mostra di Venezia: “Non se chiudo la mia carriera”. Alle spalle anni di animazione per le sigle della Rai, è lì che comincia a farsi apprezzare, poi vengono i corti del mitico Carosello, la pubblicità per la Fiat, la BP, la Pirelli e tanti progetti di lungometraggi rimasti sulla carta.
Come nasce l’idea di un cartoon tratto da un testo teatrale del premio Nobel Fo?
Conosco Dario dai tempi di quella fatidica edizione di Canzonissima del 1962, poi censurata e interrotta, quando collaboravo alla trasmissione realizzando ogni settimana i cartoni animati di una canzone. Da allora è iniziato il mio rapporto d’amicizia con Dario, aiutato dal fatto che abitiamo nello stesso quartiere. Il settembre di cinque anni fa incontro Dario per strada e mi dice “Perché non facciamo un cartone animato insieme? Rileggi il monologo teatrale di Johan Padan e prova a immaginare un cartoon”. Dopo averlo letto due volte, ero pieno di dubbi; un’impresa impossibile mi sono detto. Poi un giorno al telefono Franca Rame mi ha chiesto all’improvviso che cosa avessi deciso e io non ho saputo dirle di no. Mi trovai di fronte un lavoro complesso per una produzione, con il rischio di essere troppo concettoso per il pubblico. Poco dopo Dario ha ottenuto il Nobel per la letteratura e ho tirato un sospiro di sollievo, avevo infatti una probabilità in più per trovare una produzione.
Il Johan che ha messo in disegno è lo stesso raccontato da Fo?
Sì, è uno scapestrato, un disperato, uno zanni, un Arlecchino che deve sopravvivere, che non rispetta nessuno, neppure la sua donna che abbandona rapidamente quando l’accusano di stregoneria. Giunto nel Nuovo mondo, lui, uomo bianco, è pieno di pregiudizi e razzismo verso gli indios, ma a contatto con la loro comunità Johan scopre la solidarietà. Il gruppo degli indios lo trasforma in uomo sociale, che ama ed è amato, che aiuta ed è aiutato. E’ la chiave politica di Dario che è una chiave innanzitutto umana.
Com’è stato il rapporto con Fo?
Dario non è mai intervenuto sul disegno, ha invece realizzato i doppiaggi provvisori che hanno dato espressioni e gesti ai personaggi prima ancora di essere disegnati.
La scelta dell’animazione tradizionale va controcorrente se pensiamo alla produzione digitale della Pixar, della Disney di questi anni.
La tecnica prevalente è quella del disegno a mano, anche se ci sono alcuni interventi al computer e il risultato finale è pittorico. Il soggetto aveva bisogno di un’anima, che solo la tecnica tradizionale può dare. Il digitale è presente solo negli effetti, nelle correzioni dei fondali, nelle immagini tridimensionali. Interventi mirati che non costituiscono il clima dell’opera. Del resto nell’ultimo Disney arrivato nelle nostre sale Lilo e Stitch c’è tanta animazione tradizionale, anche il tratto lo è. Vuol dire che i bambini, il pubblico hanno ancora bisogno di una certa ingenuità. La tecnologia ti sorprende, ma può raggelare il racconto.
Come definisce il disegno del suo film?
E’ un tratto corposo, carnale. Ci sono delle presenze più fantastiche, delle macchiette, ma i protagonisti hanno carne, sangue e anima. E poi vi sono fondali suggestivi.
E’ una produzione tutta italiana?
L’animazione è stata realizzata in gran parte da uno staff italiano, tranne un piccolo aiuto da un gruppo spagnolo. Hanno lavorato ragazzi giovanissimi, allevati rapidamente con risultati straordinari. La scenografia e lo studio dei personaggi sono curati da Adelchi Galloni; il direttore dell’animazione è Mario Addis.
Prodotto da Green Movie e Progetto Immagine, il suo film quant’è costato?
9 miliardi e mezzo. Circa 5 e mezzo vengono dal Fondo di garanzia che tra l’altro ha approvato oltre al Johan Padan un altro mio progetto di cartoon, una fiaba per bambini, Il viaggio di Lory, che ha per protagonista una scimmietta.
Come mai ha scelto Fiorello per la voce di Johan?
Il Johan Padan vecchio ha la voce di Dario Fo. Non si poteva affidare a un doppiatore sconosciuto il Johan Padan giovane. Così abbiamo scelto Fiorello, un nome conosciuto per questa personaggio irriverente e scanzonato.
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