Gay per finta, gay per moda


Ci sono film tratti da libri, da fumetti, perfino da giocattoli e videogiochi. Outing. Fidanzati per sbaglio di Matteo Vicino, con Nicolas Vaporidis e Andrea Bosca, in sala con AI in 200 copie dal 28 marzo, è probabilmente il primo caso di film ‘tratto’ da una casa di moda. Prodotta da Roberto Cipullo con Camaleo e Andrea Iervolino per Red Carpet Film, la pellicola è co-finanziata da Paolo Barletta, presidente del marchio Don’t Cry, ed è parzialmente ispirato dalla storia dell’azienda.

 

Un caso di ‘story placement’ in cui il marchio entra nel film come parte integrante dello stesso. Ma la moda non è l’unico tema portante del film, che vede due giovani amici dello stesso sesso, aspiranti stilisti e assolutamente eterosessuali, fingersi gay per ottenere finanziamenti in seguito all’emendamento di una legge (inesistente nella realtà) che favorisce imprese nate nell’ambito del ménage di una coppia di fatto. Nel cast anche Massimo Ghini, Giulia Michelini, Camilla Ferranti, Claudia Potenza.
Il film, invece, di finanziamenti non ne ha ottenuti, nemmeno dalla Regione Puglia, tanto che viene da chiedersi se lo strambo accento usato da Vaporidis in vesti gay non sia un modo per parodiare quello del celebre governatore Nichi Vendola: “Chiariamo subito – dice Cipullo – che con la Regione Puglia i rapporti sono ottimi, tanto che il 27 faremo un’anteprima lì proprio alla presenza del governatore. Forse c’è stata un po’ di mancanza di coraggio, ma capiamo la scelta di non finanziarlo. Ma dopo l’hanno visto e lo hanno approvato e per noi è comunque una soddisfazione, anche se, per ricevere i soldi, era tardi. Comunque, non abbiamo scelto la Puglia per ottenere denaro ma perché ci sembrava l’unico posto dove potesse sembrare vagamente verosimile che si potesse ratificare un bando a favore delle coppie di fatto. Era il terreno d’elezione del film”.

“Sostanzialmente – dichiara Vaporidis – il film è la storia di una truffa. E’ una provocazione. Io non condivido questo atteggiamento ma ho amato mostrare quella parte d’Italia che è costretta a scendere a compromessi per evitare di rinunciare ai propri sogni. Il mio personaggio è al limite del ‘paraculismo’, ma il suo obiettivo non è rubare soldi, solo avere l’occasione che la vita non gli ha dato per poter mostrare il talento. Al contempo non volevo lasciar trasparire che chi truffa o fa il furbo sia ‘figo’. Ridendo, volevamo tirar fuori una moralità, perché in un paese di furbi c’è sempre un onesto che fa la figura dell’imbecille e che paga. Noi siamo ciò che facciamo e vogliamo farlo nella nostra terra, ma se non ci permettono di farlo, altro che fuga di cervelli, i cervelli vengono cacciati a calci. Vale anche nell’ambito del cinema: tutti noi lavoriamo e ci vanno bene le critiche, purché siano costruttive. Si fanno dei tentativi, solo chi non prova, non sbaglia mai”.

“Neanch’io credo che il fine giustifichi i mezzi – commenta il coprotagonista Andrea Bosca – ma il bello del mestiere d’attore è proprio quello di entrare in panni che in partenza sono completamente diversi dai tuoi. Con risultati esilaranti perché anche il mio personaggio in qualche modo ‘recita’ la parte del gay, in una settimana deve imparare ad essere convincente e quindi butta insieme tutti gli elementi più caratterizzanti, in maniera goffa. Noi parliamo di un paese, ma l’Italia è fatta di tanti paesi, e in paese ti rendi conto che fai parte di un gruppo quando iniziano a prenderti in giro. Ma ridendo con te e non di te. A quel punto, vuol dire che sei stato accettato. E questo era il nostro intento anche nei confronti del mondo gay”.

“Tra i miei film – conclude Ghini – c’è La bella vita di Virzì, dove interpretavo un laido presentatore televisivo, Jerry Fumo. Ebbene, tutti i conduttori delle tv private mi chiamavano per dirmi che il personaggio per loro era un mito, anche se il mio intento era tutt’altro. Bisogna stare attenti a questi giochi d’identificazione”.

autore
20 Marzo 2013

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