Poco importa quale sia lo schieramento a cui si è preso parte: le vite degli esseri umani sono tutte uguali e non meritano di spezzarsi a causa di una guerra. In fondo, come si fa a distinguere chi sono i buoni dai cattivi se entrambi hanno il compito di annientarsi a vicenda? Probabilmente non si può, eppure la guerra è così. La morte è così. Per ricucire quel lembo karmico, però, si può amare, senza che nemmeno un secondo vada sprecato.
Vite distrutte nel fiore degli anni ed esistenze scalfite per sempre dagli orrori visti sui campi di battaglia: non c’è nulla che possa cancellare il dolore. Si può però celebrare la fine di una guerra facendo parlare chi l’ha vissuta, sperando che serva da monito per evitare nuove guerre. Ed è proprio quello che cerca di fare il novantenne Bernie Jordan, interpretato dal premio Oscar Michael Caine (al suo ultimo ruolo prima del ritiro dalle scene), che, nonostante le difficoltà motorie e le problematiche della vecchiaia, decide di unirsi all’omaggio al D-Day sulle spiagge della Normandia a 70 anni di distanza dallo sbarco.
Passato al Bif&st di Bari, Fuga in Normandia (The Great Escaper), diretto da Oliver Parker, è il giusto adattamento dolceamaro della storia realmente accaduta nel 2014 a un anziano veterano della Royal Navy, noto ai media come “il grande fuggitivo” per la sua spericolata iniziativa. A quasi novant’anni, fuggì dalla casa di riposo in cui viveva con sua moglie Rene (Glenda Jackson, scomparsa un anno fa), gravemente malata. Bernie, non essendo riuscito ad assicurarsi un posto al D-Day, con la complicità di sua moglie, decide di raggiungere l’altro versante della Manica per riunirsi ai suoi compagni di Marina con cui ha condiviso l’orrore della guerra. Così, accompagnato solamente dal suo deambulatore, i pochi spiccioli nelle tasche e tutto l’onore di un soldato che ha contribuito alla fine della Grande Guerra, Bernie parte di nuovo per la Normandia per onorare tutti i soldati che su quelle spiagge persero la vita.
Fuga in Normandia non è solo un film che celebra il 6 giugno del 1944, quando le forze alleate sbarcarono in Francia, ma anche una romantica e “fortunata storia d’amore” come dice Rene, che dura da oltre settant’anni. La straordinaria forza del racconto sceneggiato da William Ivory – figlio di un veterano con disturbo post-traumatico – sta nella capacità di unire due diverse storie: quella dell’amore tra i due coniugi e quella amara dei ricordi della guerra che riaffiorano in vividi flashback ancora intrisi di terrore. Entrambe però, durano tutta una vita. Rene e Bernie si amano da sempre, sono riusciti a sostenersi a vicenda nonostante la guerra. L’uomo ha scelto di continuare a prepararle il tè ogni mattina trasferendosi nella casa di riposo insieme a lei per starle accanto fino alla fine, e Rene, pur debolissima, continua a farsi bella ogni giorno per lui con un poco di trucco.
Bernie è uno dei sopravvissuti, uno di quelli che è riuscito a mettere le atrocità della guerra in un remoto cassetto della memoria per costruire una vita con la sua Rene “fatta solo di cose semplici, piccole e ordinarie, senza mai sprecare un minuto”. Lei invece, immaginando i turbamenti di suo marito, ha sempre preferito lasciare a lui la scelta di aprire o meno quel cassetto dei tormenti.
Il suo ritorno su quelle spiagge riaprirà il cassetto delle sofferenze e Bernie si renderà conto di come non tutti siano riusciti a creare uno spazio in cui nascondere tali memorie. I nuovi amici, anch’essi veterani, non hanno avuto la stessa fortuna di avere una vita felice con la persona amata: c’è chi ha perso un arto, chi è finito nella spirale dell’alcol e chi non è mai riuscito a dimenticare tutto quel sangue versato. E poi la riconciliazione, anche con la fazione opposta: i tedeschi. Dopo averli detestati e combattuti, Bernie si imbatte in un gruppo di anziani veterani della milizia tedesca riuniti attorno a un tavolo con una pinta in mano. Si studiano con uno sguardo pieno di interrogativi ma senza cattiveria, e poi il grande gesto di Bernie: concedergli i biglietti per partecipare alla celebrazione sulla spiaggia, perché anche loro su quella battigia hanno perso tutto.
Fuga in Normandia diventa così una parabola sullo spreco della vita causata dalle guerre. A bilanciare “lo spreco”, come dice Bernie guardando l’enorme distesa di prato verdeggiante su cui spiccano le bianche tombe dei soldati deceduti, c’è la storia di due persone semplici che si sono amate fino alla fine, rendendo ogni momento magnifico. Per poi lasciarsi andare, per cause naturali, a sette giorni di distanza, l’uno dall’altra.
Fuga in Normandia sarà nelle sale italiane dal 20 giugno con Lucky Red.
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