Protagonista alla Festa del Cinema con il suo ultimo film, The Lost King, Stephen Frears si è concesso al pubblico romano per un incontro in cui ha ripercorso, con la solita ironia british, la sua intera carriera. Il regista due volte candidato all’Oscar ha iniziato parlando di un film cruciale per la sua carriera, My Beautiful Laundrette – Lavanderia a gettoni, insperato successo del 1985.
“Non conoscevo lo sceneggiatore, ho letto la sceneggiatura e ho detto è fantastica. – dichiara Frears – Il mio lavoro è riconoscere quando qualcuno ti dà qualcosa di fantastico. Ho detto dobbiamo farlo adesso e poi per miracolo l’abbiamo fatto. È costato solo 500mila sterline, davvero molto poco. Non ci aspettavamo il successo che ha avuto, abbiamo fatto il film con un’innocenza completa, senza aspettarci nulla di particolare. Ma c’è un motivo: la musica nella lavanderia è stata scritta da colui che è diventato il miglior compositore del cinema (Hans Zimmer ndr.), è stato prodotto da un produttore che ora è uno dei più grandi. Sono stato molto fortunato”.
A quel film dobbiamo la scoperta del tre volte premio Oscar Daniel Day Lewis, nel ruolo di uno squattrinato omosessuale di South London: “Se vuoi qualcuno che faccia il proletario – ironizza – devi scegliere qualcuno dell’alta borghesia. Al casting per il suo ruolo parteciparono anche Gary Oldman e Kenneth Branagh, ma furono le ragazze a scegliere Daniel”.
Ma My Beautiful Laundrette raccoglie anche una protesta contro il periodo storico caratterizzato dal governo di Margaret Thatcher: “In Gran Bretagna abbiamo avuto dei primi ministri pessimi, lei è stata una di loro, aveva tantissimo potere. C’è stata una certa coerenza nel mio attacco febbrile. I film sugli omosessuali erano attacchi al governo, simboli dell’opposizione ad una politica terribile. Ma bisogna essere corretti verso di lei, il sistema che ha dato vita alla fioritura del cinema inglese in quel periodo è nato grazie a lei. Siamo diventati tutti thatcheriani senza saperlo. Siamo diventati tutti piccoli imprenditori ed è quello che voleva lei”.
Il successo di Frears ha toccato tutte le sponde dell’Atlantico arrivando anche negli Usa: “Hollywood è un posto complicato, quando sono arrivato lì ho fatto Le relazioni pericolose, Rischiose abitudini, e poi Eroe per caso con Dustin Hoffman che era un film di un grande Studio. Quando fai un film con gli Studios è tutto diverso è tutto diverso. Non riuscivo a farlo funzionare, è come fare un film al circo. Un’esperienza pubblica. Il prezzo è molto più alto. Ho sbattuto contro un muro. È stato un grande successo in Italia ma un disastro negli USA e a loro interessa solo questo”.
Infine, c’è spazio anche per un commento sulla regina Elisabetta, recentemente scomparsa, che Frears ha raccontato in uno dei suoi più grandi successi, The Queen, che valse un Oscar come migliore attrice protagonista a Ellen Mirren. “Era l’unico personaggio della famiglia reale davvero interessante, gli altri sono ridicoli. Tutta l’istituzione è chiaramente ridicola. Abbiamo pensato che lei fosse come le nostre madri. Donne che hanno passato la guerra. Si è rivelata una persona straordinaria. Il film all’inizio doveva essere sulla morte di Diana, ma a noi interessava solo la regina e di quello che ha vissuto quando la principessa è morta, probabilmente il momento peggiore del suo regno. È normale che una 96enne muoia ma lei era una persona molto significativa, Dio ci aiuti senza di lei”.
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