Franco Angeli


Franco Angeli, 40enne di Roma, per la sua prima regia, La rentrée – in concorso al prossimo Festival di Annecy – ha scelto un tema e un ambiente ampiamente saccheggiati dal cinema: la boxe e i suoi protagonisti. Angeli è un autore con una solida esperienza di assistente e aiuto con diversi registi: Bernardo Bertolucci (L’ultimo imperatore), Ettore Scola (Splendor, Che ora è, Il viaggio di Capitan Fracassa e Mario, Maria e Mario), il regista televisivo Alberto Sironi (Il grande Fausto e Il commissario Montalbano 1 e 2). Per il perdente di turno, Mario Gibellini detto “il danseur”, Angeli ha scelto la faccia di un comico come Francesco Salvi che è anche autore della sceneggiatura insieme al regista. Un viso che si presta al ruolo drammatico, autenticamente da pugile quello di Salvi con un passato nella boxe quand’era ragazzo.

Angeli, com’è nato questo sodalizio con Francesco Salvi?
Dodici anni fa ho incontrato Francesco sul set di Vogliamoci troppo bene, un film comico-demenziale, lui regista e io aiuto. Da allora è nata un’amicizia e una collaborazione ed è intorno al ’95/’96 che abbiamo pensato a una sceneggiatura insieme. Ci ha unito la passione per la boxe e l’amore per il genere cinematografico che tratta questo sport.

La rentrée s’ispira a un fatto realmente accaduto?
Non è una storia vera. Il film si conclude un minuto dopo l’ultima sequenza con quel breve testo che lascia la sensazione di una storia vissuta. Come se il pugile Mario Gibellini fosse veramente recluso nel carcere di Opera per scontare la sua condanna fino al 2014. In fondo mi piace creare delle pseudobiografie, raccontare personaggi inventati in contesti realistici.

Nella prima stesura della sceneggiatura l’ambiente pugilistico era quasi assente. Come mai?
Volevo raccontare la tragedia di un uomo che sembra non poter sfuggire all’ineluttabilità della sua condizione, fino al momento in cui prende consapevolezza del suo destino. E’ la storia di un pugile, ma potrebbe essere quella di un attore o di uno scrittore che inseguono il successo, di chi ha un sogno da raggiungere e lo fa con la massima determinazione. Solo che il sogno del pugile è forse più facile da rappresentare drammaturgicamente.

Quanto l’hanno ispirata le esistenze di pugili in passato narrate?
Il nostro immaginario non può certo prescindere dalle storie viste o lette. Molte pellicole le ho riviste dopo la lavorazione del mio film. E poi non ho mai pensato di confrontarmi con opere come Lassù qualcuno mi ama di Robert Wise, Fat City di John Huston o Toro scatenato di Martin Scorsese. Soprattutto mi è piaciuto Stasera ho vinto anch’io, un film degli anni ’40 di Robert Wise, che racconta in tempo reale gli eventi che precedono l’incontro truccato a cui il pugile protagonista si ribella.

Il suo è un film realistico?
Abbiamo lavorato per creare una realtà “diversa” attraverso i colori, i suoni, l’elaborazione digitale delle immagini. Perciò non capisco chi ricerca concordanze precise, riferimenti esatti con il mondo della boxe. La rentrée è semmai un film surreale, nel senso che utilizza elementi della realtà per trasformarla. La cadenza del racconto è quella dei round di un incontro di pugilato. Ho voluto delle scansioni cromatiche, di ambienti e vestiti, che rendessero riconoscibili i sentimenti del protagonista. E allora toni blu e celesti per la famiglia, la casa, la moglie; tinte tendenti al rosso per il bar, i componenti della banda e il tradimento di lei.

Il paesaggio ha un’aria disperante.
E’ una periferia industriale, piena di rumori metallici. Ho ricercato l’atmosfera delle periferie urbane milanesi dei quadri di Sironi. Il pugile Gibellini si muove in una sorta di periferia del mondo, anche se le riprese sono avvenute a Roma.

autore
25 Settembre 2001

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