FRANCESCO ROSI


Anni fa presentai il mio film Cristo si è fermato a Eboli al Festival di Chicago. Il film veniva proiettato in un teatro meraviglioso della fine del secolo, gremito di persone: tremila spettatori, dei quali mi domandavo se avrebbero recepito un film così legato alla realtà italiana, un film tratto dal grande libro di Carlo Levi sui problemi del Sud dell’Italia. E invece alla fine provai un’emozione incredibile, non solo perché la gente amò molto il film, ma perché piangevano commossi: tutti quegli immigrati che erano venuti a Chicago, ebrei, italiani, polacchi, gente che veniva da piccoli paesi sparsi per il mondo e che si ritrovavano in quel film, che toccava delle corde di verità così profonde per loro.
Ricordo questo episodio perché dimostra che la forza del cinema è consentire al pubblico di identificarsi con un personaggio che parla un’altra lingua, che si comporta diversamente, che vive la realtà di un altro paese. Se i problemi sono toccati con sincerità, autenticità e profondità di sentimenti, ecco che riconosciamo la forza di un film, che ha un linguaggio universale ed eterno. Sono due parole grosse ma non bisogna avere paura a pronunciarle. Perché la forza del cinema risiede proprio nell’universalità e nell’eternità. Il cinema per primo ha fatto conoscere fisicamente fra di loro popoli che non si conoscevano, ed è stato il cinema che li ha messi di fronte, attraverso lo schermo, questo lenzuolo su cui le ombre diventano persone con i loro sogni, le loro gioie e i loro dolori. Basta pensare al valore universale delle storie; basta pensare, fra tanti, a un film di Fritz Lang come M o a un film di Chaplin come Il grande dittatore, film che trattano di problemi che sono oggi sempre attuali. Quando un film affronta con verità i problemi supera tutti i confini.
Ed è così che si spiega il successo dei film italiani nell’immediato dopoguerra che hanno rivoluzionato il modo di fare cinema nel mondo. Chi non si è riconosciuto in quelle figure del padre e del bambino in Ladri di biciclette? Chi non si è riconosciuto nei personaggi di Roma città aperta o Paisà, storie che il cinema italiano in quel momento ha proposto al mondo intero facendo riscoprire la verità attraverso la finzione? Il grande cinema civile americano degli anni ’50 ha risentito subito di quella rivoluzione. Il cinema di tutto il mondo l’ha risentita e ancora oggi continua a risentirne. Il cinema è universale ed eterno.

autore
15 Marzo 2001

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