“Anita Garibaldi è stata una donna libera, assai moderna, ancora di più di quanto lo siamo noi donne oggi”. Flaminia Cuzzoli, attrice romana, 32 anni, è la protagonista del docufilm La versione di Anita, diretto da Luca Criscenti, nei cinema dal primo giugno con Exit Media. La pellicola ritrae la figura di Anita Garibaldi, a oltre duecento anni dalla sua nascita, in una chiave nuova e inedita, lontana dalle descrizioni dei libri di scuola, dove al centro della storia c’è sempre stato solo Giuseppe Garibaldi, nel film interpretato da Lorenzo Lavia.
Nata in Brasile nel 1821 e morta in Italia a soli 28 anni, quattro volte madre, Anita Garibaldi ha vissuto una vita avventurosa e ha combattuto battaglie cruciali per la libertà dei popoli. Nell’immaginario di molti è sempre stata solo la fedele compagna dell’eroe dei due mondi, quando in realtà è stata una donna indipendente, un esempio di libertà che parla alle nuove generazioni, una donna capace di scelte difficili e spesso scomode. La vita della rivoluzionaria brasiliana viene raccontata nel film, attraverso una scelta narrativa che gioca tra realtà e finzione, mostrando e citando testi letterari, pitture, fotografie, monumenti, cimeli, attingendo al repertorio cinematografico (Anita Garibaldi di Mario Caserini del 1910 e Camicie rosse di Goffredo Alessandrini del 1952 con Anna Magnani), ripercorrendo i luoghi e i paesaggi di Anita. Se lo spettatore segue la protagonista tra l’Italia e il Sudamerica (dove il film è stato girato), in più momenti del film Anita stessa racconta la sua vita in un programma radiofonico, mostrando tutta la modernità della sua storia.
Flaminia, facendo questo film cosa hai scoperto di Anita Garibaldi?
Come la maggior parte delle persone, anche io l’ho sempre considerata la compagna di Giuseppe Garibaldi, un riflesso di quest’uomo. Addirittura molti pensano che lei sia italiana. Appena sono arrivata in Sudamerica, per girare il film, mi sono resa conto di quanto fosse invece Garibaldi il compagno di Anita e quanto per il popolo brasiliano questa donna fosse considerata un’eroina. In Brasile abbiamo incontrato delle guardiane garibaldine che hanno per lei una venerazione totale, che poi sono state inserite nel film.
Quanto è moderna Anita?
Per me è un’avanguardista del femminismo. È una donna che ha portato avanti delle battaglie, senza escludere nessun aspetto del femminile. Non ha sacrificato il suo ruolo di moglie o di madre. Ha fatto delle scelte, sempre in ascolto di se stessa. Lei non rappresenta il sacrificio femminile in adorazione dell’uomo, è una donna che ha scritto la sua storia. Anita è cresciuta tra gli ideali dal padre, li ha portati avanti nella sua vita con profondità. E anche con Garibaldi ha fatto lo stesso. Ha portato avanti degli ideali di amore e di coppia. Non è mai stata assoggettata all’uomo che aveva al suo fianco, ma ha combattuto per valori personali.
Il film si muove tra finzione e realtà.
Il regista ha voluto lavorare su una stratificazione narrativa a più livelli. E io ho cercato di creare il giusto limite tra di essi. Anita ritorna sui luoghi della sua vita, dà delle informazioni allo spettatore, ma in lei c’è sempre vivo il ricordo del suo percorso, c’è un legame affettivo, che racconta e commenta nell’intervista alla radio.
Come accoglierà il pubblico questo docufilm?
Nell’ultimo periodo abbiamo visto quanto sia forte l’interesse verso i documentari e la vita delle persone. E credo che gli spettatori con questo film avranno la possibilità di conoscere meglio un personaggio della nostra storia, attraverso una riflessione fantastica ed elementi di surrealtà. Grazie a questi molteplici aspetti della storia, penso che il pubblico potrà empatizzare molto con Anita, dal punto di vista storico e immaginifico.
Come nasce il tuo amore per la recitazione?
Mi sono sempre esibita sin da bambina, ho fatto teatro danza e con mia sorella giocavo ai giochi di ruolo. L’immaginazione ha sempre fatto parte della mia vita.. Poi al liceo ho fatto un corso di teatro con delle amiche e quando un anno ho saltato mi sono resa conto che mi mancava molto. Ho capito che la recitazione sarebbe stata la mia vita. Sono entrata all’Accademia Silvio d’Amico, il mio primo film è stato Io e lei di Maria sole Tognazzi. Poi ho lavorato in teatro con Gabriele Lavia e ho preso parte ad altri progetti al cinema.
La versione di Anita è il suo primo film da protagonista.
Sì, e sono orgogliosa di aver avuto la possibilità di raccontare in prima persona la storia di questa donna. Questo è un lavoro pressante, che spesso ti mette di fronte alla competizione. Credo che ci salvi il fatto di avere una missione anche in un mestiere come il nostro, che ti mette di fronte ai tuoi limiti e ti fa pensare che cosa funziona e cosa no.
Metti piede a Berlino e ti scopri a pensare che qui la storia ha lasciato profonde cicatrici sul volto della città. Ferite rimarginate eppure che non smettono mai di evocare....
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