Filippo Timi guerriero fragile e un po’ razzista

L’attore in 'I corpi estranei' di Mirko Locatelli, primo film italiano del Concorso del Festival di Roma, è un padre che da solo arriva in un ospedale di Milano con il suo bambino, affetto da tumore


Filippo Timi in I corpi estranei di Mirko Locatelli, primo titolo italiano del Concorso del Festival di Roma, è Antonio, un padre proletario che da solo con il suo bambino di neppure un anno, affetto da tumore, è arrivato in un ospedale di Milano per un’operazione dall’esito incerto. Antonio è un eroe solitario, assediato dai problemi quotidiani di sopravvivenza, chiuso nel suo dolore e nel suo mondo. E’ in lotta per la vita, diffida degli estranei, a cominciare da quegli immigrati che incrocia e spia all’ospedale. Ma il maghrebino Jabier/Jaouhier Brahim, che assiste nel medesimo ospedale un amico malato, gli viene incontro cercando un dialogo, forse una solidarietà in quel luogo di dolore. Insomma due anime sole, di cui una poco propensa ad ascoltare l’altro, prigioniera com’è del pregiudizio e anche un po’ razzista.

Locatelli ricorda di avere letto un’intervista pubblicata da Corriere.it ad alcuni abitanti di un quartiere di Milano, dove stavano accadendo dei fatti di cronaca. Dicevano, nonostante vivessero in tempo di pace, ‘di essere in guerra, una guerra che perderemo’. Quelle parole, che lasciavano intendere un nemico, lo hanno spaventato.
“Giuditta, mia moglie con la quale ho scritto la sceneggiatura, mi ha sottoposto un’immagine della sua memoria: quella di un uomo solo con in braccio un bambino all’interno di un reparto di oncologia pediatrica. Da lì abbiamo immaginato una storia, spostando però l’attenzione dalla fragilità del bambino a quella degli adulti”.
La sceneggiatrice sottolinea che in questi drammatici casi mentre il bambino viene comunque assistito e curato con tutta l’attenzione possibile, “i genitori sono invece trascurati, sono dei ‘malati invisibili’ come coloro che vivono una catastrofe. Perciò ci interessava indagare la solitudine del protagonista, questo guscio che si è costruito attorno a sé”.

I corpi estranei, prodotto dalla Strani Film, casa di produzione del regista e della moglie, con il supporto della Fondazione Magica Cleme Onlus, non è dunque un film sul dolore, peraltro a rischio di patetismo, ma sulla fragilità umana e la malattia è solo un pretesto.
Sulle spalle, comunque forti, di Timi ricade quasi per intero il peso del film; la macchina da presa non lo molla, lo incalza, lo insegue durante questa permanenza nell’ospedale dove verrà operato il figlio.
“Quando ti piace il testo che reciti non ti accorgi di reggere tutta la storia del film – afferma l’attore – E’ il film più documentaristico che ho fatto, non mi sono mai preoccupato di recitare. Sul set spesso avevo a che fare con questo bambino di neppure un anno e dunque non potevo certo fingere una relazione, fin dall’inizio ho dovuto entrare in un rapporto autentico”.
Non è un caso che il regista abbia chiesto ai suoi assistenti, durante le riprese, di non togliere il bambino dalle braccia di Timi quando il piccolo cominciava a piangere, per dare la possibilità all’attore di vivere quel rapporto nel modo più autentico possibile.
“Filippo è stato bravissimo a gestire la condizione di genitore, a improvvisare. ‘Guardi gli angioletti’, dice in una scena quando il bambino in realtà guarda in alto perché distratto dalla giraffa del microfono”, aggiunge il regista. In verità sulla scena non c’è un solo bambino come sembra, perché i tempi delle riprese sarebbero stati troppo faticosi. Si tratta di gemelli che si sono alternati sul set.

E l’intonazione e il dialetto umbri per il personaggio di Antonio? “Per lo più nei nostri film si parla il romanesco, il napoletano, il milanese e pochissimo l’umbro che è il mio ceppo. Lo conosco, mi piace ed è la prima volta che lo utilizzo”. La scelta del giovane tunisino Jaouhier Brahim è stata lunga. “Cercavamo un ragazzo di sedici anni, di origine nordafricana, per il ruolo di Jaber. L’abbiamo cercato nelle scuole, nelle associazioni che organizzano corsi di italiano per stranieri, per strada, finché un giorno un amico documentarista ci ha segnalato un laboratorio teatrale per adolescenti”. E’ lì che Locatelli incontra Jaouher e dal luglio 2012 all’aprile 2013 lavora con lui, “abbiamo provato in arabo, con altri attori, e lavorato sui sentimenti, sul dolore, sulle relazioni, sul contatto, sull’odio, sull’amore e sulle paure”.
L’uscita del film è prevista tra febbraio e marzo 2014.

12 Novembre 2013

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