Fabio Volo: io e Ninetto, supereroi


F.VoloSarà forse merito del ruolo “serio”, quello di un avvocato antipatico e rampante che viene ricoverato in oncologia per accertamenti, ma Fabio Volo regala perle di saggezza alla conferenza stampa di Uno su due. Il film, dopo l’esordio fortunato alla Festa di Roma, sta per arrivare nelle sale in 150 copie con la 01 in un momento di affollamento di cinema italiano più o meno d’autore e subito dopo Saturno contro di Ferzan Ozpetek con cui sembra condividere il senso di sospensione legato alla minaccia di una perdita. Diretto da Eugenio Cappuccio, interpretato da Ninetto Davoli, Anita Caprioli, Giuseppe Battiston e Agostina Belli, è una commedia contro la rimozione, quasi un film-terapia, secondo il suo autore che ha approfondito il discorso iniziato col precedente Volevo solo dormirle addosso.

 

C’è sempre bisogno di qualcosa di così grave come un lutto o una malattia per aprire gli occhi su se stessi?

Io non credo di avere bisogno di un risveglio simile a quello del mio personaggio, l’avvocato Lorenzo Maggi. Forse per indole o per educazione so quali sono i miei valori e sono anche cosciente di trascurarli quando li trascuro. Anni fa ho perduto una persona cara e da allora sono cambiato: prima arriva la presa di coscienza, dopo un po’ il cambiamento vero e proprio, perché la materia ha i suoi tempi.

 

Uno su dueDi cosa si deve prendere coscienza?

Ad esempio della propria fragilità. La velocità serve a esorcizzarla, la velocità non ti fa annoiare e infatti in televisione, quando non hanno niente da dire, aumentano il ritmo. La velocità ti permette di non metterti mai di fronte a te stesso. Ma se freni, la menzogna non può più esistere.

 

Lei ha collaborato alla sceneggiatura, rielaborando insieme agli autori un soggetto che vinse il Premio Solinas.

E’ vero, abbiamo scritto il film insieme a Michele Pellegrini, Francesco Cenni, Massimo Gaudioso ed Eugenio Cappuccio in una casetta di Trastevere. Io facevo il soffritto e mangiavamo insieme: è stato un periodo bellissimo. Poi quando ho incontrato anche Ninetto Davoli, mi è sembrato di essere entrato nel gruppo dei supereroi.

 

Com’è Ninetto?

Come me, ma più giovane… Forse perché ho fatto il panettiere da ragazzo, ma mi sono sempre identificato in lui quando cantava “fornation”. Incontrandolo ho visto che è più spigliato di me, dopo trenta secondi ti mette le mani in faccia.

 

Dopo D’Alatri, Veronesi e Cappuccio si sente attore a pieno titolo?

Il mio vero lavoro è scrivere. Non sono attore al 100% come Stefano Accorsi e neppure scrittore al 100% come Dostoevskij, ma sicuramente la cosa di cui sono più contento sono i miei tre libri: finalmente la gente ha il coraggio di leggerli in treno senza nasconderli dietro al giornale perché si vergona.

 

Sta per partire per Parigi, per il programma di Mtv che l’estate scorsa andava in onda da Barcellona. Com’è l’Italia vista da fuori?

Vecchia. Tutto ciò che accade nel nostro paese è vecchio, compresi i Dico. Sono anni che la gente convive e fa figli senza sposarsi. Dicono che la Spagna è avanti, ma non è vero! La Spagna è contemporanea, siamo noi che siamo arretrati. Nel sociale il nostro paese è totalmente addormentato.

autore
22 Febbraio 2007

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