Benvenuto presidente!, Amiche da morire, Bianca come il latte rossa come il sangue, Il principe abusivo. Titoli diversi, per commedie che hanno in comune la firma del bolognese Fabio Bonifacci, classe ’62, garanzia di un tipo di comicità garbata, arguta, mai volgare né scontata. In pochi mesi sono usciti quattro film scritti da lui, frutto di “due anni abbondanti di lavoro”, ci racconta lo sceneggiatore di Si può fare e Amore bugie e calcetto, che al momento si sta dedicando alle ultime revisioni di sceneggiatura dei nuovi film di Giulio Manfredonia e di Fausto Brizzi.
Investire sulla scrittura per realizzare un buon film non è sempre norma seguita in Italia: in quale situazione versano oggi gli sceneggiatori?
Dipende dai casi. Intanto, in Italia lo sceneggiatore ha meno autorità rispetto ai paesi anglosassoni, ma il divario si va lentamente colmando: al cinema l’importanza della sceneggiatura oggi è percepita maggiormente rispetto a dieci o quindici anni fa. Però mi arrivano brutte notizie dal mondo della fiction dove, causa crisi, i budget di sceneggiatura sono stati tagliati in modo molto consistente in alcune realtà, a discapito soprattutto dei più giovani. Peccato: in tutto il resto del mondo si dà per scontato che una buona fiction si fa investendo sulle idee e sulla scrittura.
Quando ci si trova a lavorare con un comico che improvvisa che fine fanno idee e scrittura?
A ogni comico piace improvvisare, spesso così escono le cose più belle. Però l’improvvisazione è anche anarchica, ridondante, può zavorrare una scena o un intero film. Così spesso io provo ad anticiparla, portandola dal set alla scrittura. Ad esempio, provando le scene insieme: si registra tutto, poi le cose più riuscite (e funzionali alla storia) le porti su carta. In questo modo le aggiunte impreziosiscono senza rendere confuso o poco chiaro il racconto.
Come è riuscito a tenere “a bada” Alessandro Siani, in questo senso?
Avevamo già lavorato insieme ad alcuni progetti che poi non si sono fatti e questo ci ha permesso di partire sul Principe abusivo già rodati. La collaborazione si basa su molteplici forme di scambio. A volte lui ha un’idea comica e io ci costruisco attorno un pezzo di storia. Altre volte sono io a suggerire spunti comici, che lui poi personalizza con il suo stile. Poi Siani è uno che impara molto in fretta, alla fine faceva osservazioni di struttura da esperto sceneggiatore.
Scrivere per il cinema ai tempi dei social network: quant’è cambiato il suo mestiere?
E’ cambiato solo nel senso che ogni tanto anziché lavorare mi distraggo su Facebook. Al di là della battuta, i social e il web sono molto utili per sondare gli umori delle persone su certi temi. Per sentire l’aria che tira. Ad esempio, nella scrittura di Benvenuto Presidente!, facevo un sacco di post politici su Facebook, scatenando infuocati dibattiti. Avevo così una percezione costante degli umori diffusi, che mi è stata molto utile nella scrittura.
Ha tenuto un corso di sceneggiatura gratuito e online: qual è il bilancio di condividere il proprio sapere in rete?
Ho rinunciato a molti corsi ben pagati per farne uno totalmente gratis. Eppure alla fine ci guadagno, perché dare agli altri ha un effetto benefico soprattutto per chi dà. E’ scontato da dire, solo che nessuno ci crede davvero, e infatti pochi lo fanno. Invece è vero: svegliarmi quasi ogni giorno con una mail di sconosciuti che esprimono gratitudine e affetto mi dà una tale fiducia che scrivo con più entusiasmo ed energia. Morale, da quando faccio il corso gratis, imprevedibilmente, guadagno più.
Il suo rapporto con la critica online?
Io ho stima della critica online. Poi è chiaro che sul web c’è di tutto, chiunque può definirsi critico e scrivere. Ma nonostante questo trovo che, in modo anche abbastanza sorprendente, ci sia un livello diffuso di critica web molto alto, fatti di qualità, attenzione, competenza. Ormai molta della critica con cui mi confronto è sul web. Bramo una recensione positiva di alcuni critici online. Non perché spostino il destino del film, ma perché li stimo. Se scrivono che ho sbagliato, ci rifletto sopra seriamente. A questo serve la critica, no?
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