100 anni all’anagrafe e 30 quelli di carriera in mostra: Eve Arnold, figlia di immigrati ebrei fuggiti dall’Ucraina durante il regime zarista, non unica di nove figli, nasce nell’aprile del 1912 a Philadelphia, Stati Uniti, ma sarà New York, e poi il mondo, soprattutto quello del cinema, a permettere e determinare la sua carriera di fotografa.
Eve Arnold – L’opera 1950-1980 è una poderosa mostra, 107 scatti, ospitata negli spazi del Museo Civico S.Domenico di Forlì, fino a gennaio, a cura di Monica Poggi. Il piano terra del complesso museale, con una prima galleria cronologica e iconografica, conduce poi a un secondo corridoio che immerge dentro le tematiche, spesso femminili e della cultura afro, per poi ascendere, incontrando a metà della scalinata verso il piano superiore, una gigantografia di Marilyn Monroe – tra i suoi soggetti ricorrenti – che “apre le porte” a quattro grandi ulteriori stanze espositive.
È nel ’40 che Eve riceve in regalo la sua prima macchina fotografica, una Rolleicord medio formato, e da lì a tre anni si trasferisce nella Grande Mela per lavorare da Stanbi Photos per cinque anni, sposandosi nel frattempo, scelta che porta nel ’48 alla nascita di Francis, per cui decide di lasciare la professione ma… partecipa a un corso di fotografia tenuto da Alexey Brodovitch, direttore artistico di “Harper’s Bazaar” e così comincia a scattare alle sfilate di Harlem, con la pubblicazione di un suo servizio sulla rivista inglese “Picture Post”. Da qui i primi incarichi editoriali: per una serata d’apertura al Metropolitan, per la 42ma strada in notturna, o per l’Hurbet’s Museum, che a Times Square espone stranezze e curiosità.
È il 1951 e Arnold è la prima donna, con Inge Morath, a diventare membro associato della prestigiosa agenzia Magnum Photos, di cui diverrà membro effettivo nel ’55.
La fotografa, nella sua carriera sempre sensibile al soggetto femminile, scatta spesso immagini delle lavoratrici del settore aeronautico o delle mogli dei politici, soggetto per lei ricorrente, come Mamie Eisenhower. Dello stesso periodo – è il 1952 – sono le immagini di Marlene Dietrich presso gli Studi della Columbia Records, servizio che le spalanca le porte del mondo dello spettacolo, pubblicato prima su “Esquire” e poi diffuse in tutto il mondo; mentre l’anno successivo ottiene il primo incarico internazionale: ritrarre il viaggio giamaicano della regina Elisabetta II, ancora per il “Picture Post”.
Il cinema ritorna, con Paul Newman all’Actor’s Studio o con gli scatti dal set de Il principe e la ballerina con Marilyn e Laurence Olivier, o ancora Joan Crawford, che Arnold fotografa per un mese a Hollywood per “Life” (1959): in mostra si possono ammirare particolari fermi immagine della Monroe o della stella della Golden Age hollywoodiana ritratte sui set fotografici ma in momenti interlocutori informali con la stessa fotografa in scena; il primo incontro tra Eve e la Crawford si narra burrascoso, la diva si presentò ubriaca pretendendo di essere ritratta nuda per mostrare di aver ancora un fisico allineato ai canoni richiesti dall’industria americana; ma al secondo incontro, cinque anni più tardi, Arnold scatta di Crawford degli originali ritratti di lei del tutto antidiva, durante sedute di trattamenti estetici, che la restituiscono smantellata dall’allure stellare e dal mito della bellezza.
È ancora il cinema e in particolare il set de Gli spostati, ancora con Marilyn, questa volta accanto a Clarke Gable e Montgomery Clift, diretti da John Huston, a offrire a Eve Arnold la possibilità di raccontare il cinema: in carriera, la fotografa annovera servizi di 35 set cinematografici, molti dello stesso Houston, di cui ha spesso ritratto anche la figlia Angelica.
Nel 1963 Arnold firma un contratto decennale con “The Sunday Times” diventando fotografa del neonato “Colour Magazine”, l’inserto a colori.
Il cinema la porta anche in Italia, per il set de La Bibbia, girato a Roma presso Dinocittà, gli Studi di De Laurentiis, tornando quindi a lavorare su un progetto di Houston, di cui ritrarrà la più parte dei lavori. Tra il ’65 e il ’66 ritrae Vanessa Redgrave in Un uomo per tutte le stagioni di Orson Welles, che in mostra appare lui stesso in una spassosa immagine plongée e sdraiato a letto; Arnold fotografa anche Sophia Loren e Marlon Brando ne La contessa di Hong Kong di Charlie Chaplin. Contemporaneamente, ritrae donne soldato, lesbiche, suore, divorziate per il famoso servizio Women without Men pubblicato dalla sua testata; e, ancora, sulle montagne del Caucaso, immortala gli uomini più longevi del mondo.
Italia per Arnold non significa solo cinema ma anche Vaticano, soggetto cercato e poi ritratto: collabora con “L’Osservatore Romano” che le permette un accesso indisturbato, poi cristallizzato nel servizio How the Vatican Works, sempre pubblicato dal “The Sunday Times Magazine”.
In quel periodo, 1967, fotografa anche il set di Gioco Perverso con Michael Caine e Anthony Quinn. E il nostro Paese, da un punto di vista di simbolo attoriale, è anche sinonimo di Silvana Mangano di profilo, davanti a una statua di Brancusi al MoMa.
È nella Ville Lumière, nel mitico ’68, che Eve Arnold ritrae poi Audrey Hepburn, non però in una circostanza cinematografica, bensì in un momento che appartiene alla “seconda vita” dell’attrice, quello più umanitario, infatti lì intervistava dei rifugiati marocchini. Arnold non smette mai di raccontare anche il fronte sociale della vita e così, a Puerto Rico, realizza un servizio sulla pillola anticoncezionale, testata per la prima volta lì negli Anni ’50; oppure, durante il set di Justine con Anouk Aimée in Tunisia s’imbatte nel comizio del presidente Habib Bourguiba che esortava le donne a levare il velo, da qui il progetto Behind the Veil; o, ancora, il suo giornale pubblica poi Black is Beautiful con fotografie dell’attrice Cicely Tyson e di James Brown.
Il suo primo libro, The Unretouched Woman, data 1976, accompagnato da un film promozionale di 25 minuti prodotto dalla BBC; poi, dieci anni più tardi (1987) pubblica invece una monografia: Marilyn Monroe: An Appreciation, la cui copertina originale corrisponde anche allo scatto scelto da questa mostra forlivese come immagine dell’esposizione. Il cinema ritornerà anche in formato libro quando Eve Arnold, nel 2002, pubblica il diario cinematografico Film Journal e quando, tre anni dopo, torna sul suo soggetto ricorrente, quello dell’attrice de Gli uomini preferiscono le bionde, e esce il volume Marilyn Monroe.
Nel frattempo, nel ’95, Arnold viene nominata Master of Photography dell’International Centre of Photography di NY e membro della Royal Photographic Society nel Regno Unito.
Un secolo di vita, quello di questa signora della fotografia, che si spegne il 4 gennaio 2012, alla soglia dei 100 anni (che avrebbe compiuto il 21 aprile). La mostra al S.Domenico offre una selezione cospicua di scatti, di dimensioni variabili, declinati tra classici inquadramenti in cornice e grandi vetrofanie; un’aggregazione per temi, in cui la sofisticatezza del bianco e nero predomina affascinando; un’organizzazione “a soggetto” non frammenta, che restituisce l’armonica complessità di un universo che è stato quello della sensibilità narrativa e visiva della fotografa, con una coerenza perenne nella sua produzione. L’allestimento riesce a far immergere dentro la visione di Eve Arnold, e gli spazi – tra luce naturale e light design dedicato – permettono una lettura nitida del racconto creando la giusta prospettiva per calibrare analisi e empatia.
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