Andrà a Cannes, ma non in concorso, Centochiodi. “I produttori mi hanno sempre lasciato libero di fare i film come voglio, io lascio liberi loro di presentarli dove vogliono, anche se ammetto che non vado volentieri ai festival”. Ermanno Olmi è straordinariamente sereno e allegro all’anteprima di quello che resterà il suo ultimo film, come ha dichiarato da tempo. “D’ora in poi girerò solo documentari, è una decisione serena che nasce anche da ragioni economiche perché il cinema che vien voglia di fare a questa età ha vita difficile e anche se io sono sempre stato sostenuto da tanti amici, tra cui anche il ministero, mi faccio scrupolo di non ridare indietro i soldi”. Anche Centochiodi è finanziato dal ministero e prodotto da Cinema 11 (Roberto Cicutto e Luigi Musini) con Rai Cinema: tra gli interpreti tutti non professionisti della zona dell’argine del Po con il loro dolcissimo dialetto, Raz Degan, attore israeliano che si cala pienamente nel ruolo “cristologico” di un giovane studioso di filosofia che lascia l’ateneo bolognese dopo aver crocifisso gli antichi volumi della biblioteca con lunghi chiodi acuminati.
Le religioni non hanno mai salvato il mondo, si dice a un certo punto in questo film radicale nella costruzione delle immagini e della narrazione ma anche nelle tesi che offre alla discussione. Sembra un rifiuto della religione come istituzione.
Le religioni hanno portato l’umanità in baratri spaventosi che sono sotto gli occhi di tutti. La religione non può essere imposizione, guai a sottoscriverla in maniera subalterna. E per religione non intendo solo le Chiese, anche in ambito culturale o politico, quando accettiamo idee codificate, facciamo una religione. C’è una religione dell’economia, ad esempio. Mettere le regole e il dogma al posto del rispetto per l’uomo è stata causa delle più grandi tragedie della storia. Avete visto in tv quei due bambini musulmani la cui madre si è “immolata” secondo i dettami della sua fede?
Il suo atto d’accusa si estende alla cultura accademica e ai libri.
E’ perché i libri non parlano da soli e possono servire qualsiasi padrone. Il filosofo tedesco Karl Jaspers, alla fine degli anni ’40, in pieno esistenzialismo, disse: “Persino la spirituralità è diventata fonte di profitto, forse per liberarci ci serve un atto di follia”.
E’ la follia del protagonista, che rinuncia a tutto, anche al suo prezioso manoscritto, per vivere in totale semplicità e a contatto con la natura.
Anche San Francesco è stato un folle per i suoi contemporanei. Ha compiuto il gesto simbolico di spogliarsi nudo per vestirsi di povertà e dunque di libertà. Tutto ciò che ci rende schiavi, comporta un atto folle di ribellione per liberarcene.
La figura del professore è una figura che richiama quella di Cristo e come tale viene riconosciuto dagli abitanti dell’argine nella loro totale semplicità.
Oggi si parla molto della figura di Cristo come uomo, al di là della discendenza da Dio. Questo mi interessa. Ogni volta che un uomo si comporta secondo modalità di relazione umane è in un certo senso Cristo. Gesù è colui che dice: la vera vittoria è il perdono. Gesù abbatte il tempio e si ribella anche a Dio, sulla croce, perché si ribella al sacrificio umano. Inoltre Gesù è vissuto in allegria e il suo primo miracolo è stato tramutare l’acqua in vino.
A cosa si riferisce quando fa dire al protagonista: Nel giorno del giudizio sarà Dio a dover rendere conto all’uomo di tutta la sofferenza del mondo?
Al Dio che abbiamo creato e utilizzato per compiere delitti, il Dio di tutte le religioni, che è una maschera dell’umanità. L’altro è quel Dio che ci parla quando stiamo in silenzio e non c’è persona che non abbia rivolto lo sguardo a lui, pur negandolo. E’ qualcosa che sperimentiamo anche quando siamo innamorati e abbiamo una forma di venerazione per quella persona, e dunque non possiamo non essere sinceri. La sincerità è uno degli atti di coraggio più sublimi.
Il film contiene anche un forte anelito alla difesa della natura.
La semplicità è la necessità di distinguere l’essenziale dal superfluo. Il mondo rurale, in cui sono cresciuto, mi ha lasciato questo insegnamento. La ricchezza sta producendo un disastro, anche ecologico. Se non ci diamo una regolata, saranno guai…
E’ proprio vero che non farà più film?
Questo vuol essere un congedo, non malinconico ma lieto. Tolstoi, dopo aver scritto i romanzi che ben conoscete, decise di non dedicarsi più alla narrativa, ma solo a saggi e pensieri. Io farò documentari, ne ho già in mente tre: uno su Terra Madre, che ha riunito a Torino i contadini di tutto il mondo; uno sulla conversione del territorio di Sesto San Giovanni secondo un progetto di Renzo Piano; un terzo in cerca della gioia, che si intitolerà Chi vuol esser lieto sia.
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