New York. Due concerti, uno alle Nazioni Unite davanti al nuovo segretario Ban Ki-moon, l’altro al Radio City Music Hall, due rassegne cinematografiche, un album con tributi di superstar come Bruce Springsteen e Celine Dion. Infine, l’Oscar il 25 febbraio.
Il “debutto” di Ennio Morricone negli Stati Uniti è un trionfo. Tuttavia, come ha scritto il ‘New Yorker’, con la statuetta alla carriera il compositore “entrerà a far parte di una delle categorie più selezionate di Hollywood, capitanate da Charlie Chaplin e Cary Grant: quella dei trascurati. Figure che sono state nominate parecchie volte (5 nel caso di Morricone), che non hanno mai vinto, e a cui l’Academy, in ritardo e con un certo senso di colpa, offre una manciata d’oro”.
Misteri nelle selezioni degli Oscar a parte, incredibile ma vero, in 45 anni di carriera e oltre 400 colonne sonore, Morricone non si era mai esibito per il pubblico americano. A colmare il gap ci ha pensato il produttore Massimo Gallotta: “Lavoro al progetto da un anno. Non è stato difficile convincere Morricone, l’organizzazione però ha richiesto un impegno immenso. Per questo tipo di produzioni serve un grande coraggio”. Vero, e serve anche un grande investimento economico: al Radio City il maestro dirigerà la Roma Sinfonietta Orchestra, 100 musicisti arrivati dall’Italia per l’occasione sulle ali della compagnia di bandiera, che si sommano agli altri 100 del coro Canticum Novum Singers. E mentre il concerto di venerdi 2 febbraio alle Nazione Unite è rigososamente ad inviti, il Radio City ha seimila posti per spettatori paganti. Insomma, i rischi non sono pochi. Ma per Morricone, avrà pensato Gallotta, vale la pena.
Il maestro è arrivato a New York lunedi sera, pronto al tour de force: interviste con la stampa americana, introduzione giovedì sera della rassegna al MoMA (sei film con le sue musiche dal 1° al 7 febbraio organizzata in tandem con quella al Film Forum, 26 film fino al 22) e i concerti. Quelle che seguono sono dichiarazioni di Morricone raccolte alla conferenza stampa all’Istituto Italiano di Cultura.
Morricone, tutti scrivono che sta lavorando per “Leningrado” di Tornatore e “The Untouchable: Capone Rising” di De Palma. Conferma?
Lavoro molto più ora che venti anni fa. Sono impegnatissimo ma non dirò in cosa. Non farò il nuovo Gli Intoccabili con Brian De Palma. Mi è stato proposto ma sono stato costretto a rinunciare a causa di impegni. Un peccato perché Brian, nonostante la faccia da orso, è una persona splendida. Ricordo che quando finii la colonna sonora di Mission to Mars, venne a ringraziarmi: “Non credevo che la musica potesse darmi tanto”. Stava per piangere, io non parlo inglese e pensavo che stesse dicendo qualcosa di spiacevole. Quando, finalmente, grazie all’interprete, capii, avevamo tutti e tre le lacrime agli occhi.
Qual è stata la prima reazione alla notizia dell’Oscar?
Grande sorpresa. Dopo cinque nomination pensavo che non arrivasse più. Il presidente dell’Academy mi ha telefonato, dandomi il buongiorno mentre stavo per andare a dormire.
C’era andato vicino altre 5 volte. Soprattutto per le musiche di “The Mission” di Roland Joffe…
Quando mi progongono un film che mi piace sono sempre preoccupatissimo. E’ successo con The Mission: mi ha dato grandissime emozioni e ho detto no, per favore non metteteci la musica, lo rovinerebbe. Poi il produttore Fernando Ghia mi ha convinto ed è arrivata anche la nomination all’Oscar. Rifiutai anche la proposta di Oliver Stone per U Turn ma per una ragione diversa. C’erano troppe canzoni. Stone mi chiese di pensarci su, la notte ebbi un’idea e accettai. Comunque, penso al regista come al creatore principale. La mia opera è secondaria.
Che cosa ha preparato per i concerti newyorchesi?
Lo spirito dei due eventi è molto diverso. Il concerto all’ONU è dedicato a New York e alla tragedia che nel 2001 ha impressionato il mondo e mi ha spinto a scrivere “Voci dal silenzio”, simbolo di tutte le stragi, anche di quelle che accadono ogni giorno e non hanno visibilità. In “Voci dal silenzio” questa dedica non appare solo in calce alla partitura ma appartiene al corpo stesso della musica. E’ un linguaggio più difficile rispetto alle composizioni per il cinema. La seconda parte del concerto riprenderà il tema creato per Vittime di guerra di De Palma e poi le musiche di Queimada, la reazione alla schiavitù messa in scena da Gillo Pontecorvo. Seguiranno un intermezzo più gioioso con composizioni per Metti una sera a cena, Il clan dei siciliani e H2S e, infine, The Mission. La prima parte del concerto al Radio City sarà diversa. Comincerà con la suite degli Intoccabili, alcuni temi della Leggenda del pianista sull’oceano e le musiche per quattro film di Sergio Leone.
A febbraio uscirà negli Stati Uniti “We All Love Ennio Morricone” (Sony Masterworks), un tributo che coinvolge Bruce Springsteen, Renée Fleming, Herbie Hancock, i Metallica e altri. Un’anticipazione?
L’idea è venuta cinque anni fa a Luigi Caiola. Pensavo fosse troppo difficile ma, Luigi, cocciuto e utopista, ha avuto la meglio. E’ un disco bellissimo e disomogeneo. Ogni interprete ha conservato stile e arrangiamenti propri. La particolarità è che alla fine ho unito tutti i brani dando al disco la forma di una suite di oltre un’ora.
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