Dalla Ville Lumière al Caput Mundi, da Parigi a Roma, Emily Cooper (Lily Collins) e la sua “allegra brigata”, che avevamo lasciato a metà agosto in una fase ancora successiva della sua vita parigina, con l’avvento della prima parte della quarta stagione di Emily in Paris, eccola negli ultimi episodi sorvolare la Francia per approdare della nostra Capitale.
Se la serie creata da Darren Star ha abituato il pubblico a svilupparsi spalmando le frizzanti vite dei protagonisti con un passo vivace ma diluito, gli ultimi episodi dell’ultima stagione prendono un ritmo più incalzante e condensato, con accadimenti su più fronti, corali e personali, tra cuore e carriera: il romanticismo tiene le redini delle storie e prende ancora una volta pieghe e rivoli capaci di portare – al contempo – malinconia e entusiasmo, lasciando costantemente spalancate le possibilità affettive e lavorative di tutti… i personaggi che, tra cieli stellati e Stelle Michelin in sospeso, il Crazy Horse e l’Eurovision, la dolcezza e la fragilità della gravidanza, e uno spassoso cameo istituzionale, portano Emily – e non solo – all’approdo romano, sulla falsa riga dell’approccio parigino, in cui il cliché si fa croce e delizia. Per Darren Star, la scelta di un luogo differente dalla capitale francese è “sempre stata Roma, d’altronde Sylvie (Philippine Leroy-Beaulieu) parlava del suo amore romano nella stagione 2, e m’era rimasta in mente questa ipotesi: Roma e Parigi sono lo yin e yang. Adoro Parigi ma anche Roma, che è un po’ la seconda città romantica del mondo. Comunque, è la trama che ci porta a Roma: ci sono il lusso, il glamour, e Roma sembra il posto naturale per portare questi concetti dopo Parigi. Per i cliché, chiunque arrivi in un Paese per la prima volta guarda sulla base dei cliché, e la bellezza a volte è tale che si trasforma in cliché, e Roma ci sopraffà per bellezza, questo sente anche Emily: tra francesi e italiani prevale un senso di ironia e amore”, ma la scelta di Roma palesa abbastanza anche un omaggio cinematografico alla città, che Star conferma, spiegando che “con Andrew Fleming – uno dei registi – ne abbiamo parlato molto, facendo entrare Audrey Hepburn e rendendo omaggio a Vacanze Romane, ma con un taglio nostro: volevamo fare un omaggio agli Anni ‘60 del cinema”.
Per Fleming resta “sempre una serie con una prospettiva americana“, anche se lui si dichiara affascinato dal cinema europeo, in particolare “ossessionato da Éric Rohmer”. Ecco, “noi eravamo abituati a Parigi ma venire qui, a Roma, con uno scenario totalmente diverso, è stato fantastico: trovarci Fontana di Trevi o Piazza di Spagna solo per noi… sì, siamo stati sconvolti emotivamente. Roma è una città estremamente fotogenica”.
E, se il film con Hepburn e Gregory Peck è stato un riferimento cercato, desiderato, per Lily Collins “girare in Vespa è un’esperienza stupenda, forse un po’ turistica, ma anche non, perché gli italiani si spostano davvero in Vespa: i rumori, gli adori, le rovine, ovunque si vada è uno spettacolo, un’ esperienza molto particolare. Girare a Roma è stato magico, è romanticissima. È stato bello avere qualcosa di fresco, una cultura diversa da esplorare. Le persone, la gente, il cibo: con Eugenio Franceschini (nel ruolo di Marcello, erede di un’impresa famigliare del lusso, figlio di Anna Galiena nella serie) siamo venuti qui prima del resto del cast e quando poi tutto è cominciato la sensazione di girare, senza la troupe di Parigi, è stata come fosse la prima stagione”. Un periodo narrativo da cui il personaggio è certamente evoluto, infatti “Emily vuole sempre pianificare, invece, poi, impara a gestire le cose impreviste, come il bebé atteso da Camille (ex fidanzata del suo fidanzato Gabriel – Lucas Bravo). Nulla rimane come lei immagina: nei primi episodi parla di vivere nella zona grigia: prima, non aveva mai riconosciuto fosse una scelta, perché l’ignoto può essere una scelta, e lei lo capisce, è una bellissima lezione che ho appreso. Emily è arrivata a Parigi non essendo mai stata in Europa, s’è dovuta adattare a una nuova cultura; dopo quattro stagioni è diventata più fiduciosa, non deve puntare più solo sul guardaroba, perché accetta la sua vulnerabilità, che è una forza di questa stagione. Non vedevo l’ora che lei avesse una sorta di crisi, tratteneva tante emozioni; le è stata data la possibilità di non aver paura, di non essere sempre perfetta”.
Un’emotività che è stata rappresentata anche dal luccicante guardaroba che “veste la serie” e, a questo proposito, parlando del suo personaggio Sylvie, Philippine Leroy-Beaulieu ricorda una scena alla Tour Eiffel, stagione tre, “con Emily abbigliata in piume di struzzo rosa, mentre io ero vestita di nero, sembro un uccellaccio malefico: un bel contrasto”. L’attrice, a Roma, si sente di casa: “è la mia città, ci sono cresciuta”, dice subito, raccontando il passaggio da Parigi alla Capitale italiana come il “catapultarsi da un inverno parigino a una primavera romana, cosa che ci ha aperto il cuore: la luce e il calore di Roma sono fondamentali” e, come dice il suo personaggio, omaggiando l’Italia, anche lei ammette che “quando si cambia lingua si cambia personalità, in italiano diventano più carina, meno sgarbata”, con la Capitale che le restituisce “sempre una sensazione materna”.
Per Ashley Park – Mindy nella serie – “siamo tutti stranieri a Roma, ma la musica unisce e fa evolvere la storia: cantare e suonare alla Fontana delle Tartarughe è stata un’esperienza magica. Scoppiamo dall’emozione in questa città e camminare per queste strade è stato come la prima volta a Parigi: una maniera fantastica per concludere la quarta stagione”.
Questa Roma non ha stregato solo i parigini e gli americani, ma anche i nostrani, infatti Eugenio Franceschini, al debutto nella serie, e che a Roma spiega di aver vissuto per otto anni, ammette che “tornare con loro è stata una prima volta; vivendo in una città ci si abitua alla bellezza e alle cose negative, ma vedere la città con i loro occhi, con luoghi fantastici disponibili solo per noi, è qualcosa che non capita mai nella vita. Ho potuto fare un po’ da Cicerone mentre giravamo, raccontare cose ovvie per chi vive a Roma, e vedere la luce nei loro occhi è stato rigenerante, mi ha fatto reinnamorare di questa città. Ho iniziato a girare Emily in Paris 4 mentre giravo un’altra serie italiana, ero un po’ spaventato per un ruolo grande, in una lingua non mia, che non ho avuto il tempo di preparare. Sono stato molto concentrato fino all’ultima scena, in un attico a Largo Argentina: eravamo Lily e io per un brindisi, prima di portarla a ballare circondati da diverse comparse, ma alla fine – al posto delle comparse – c’era solo la crew, così abbiamo ballato in continuità con la scena, è stato un momento di soddisfazione e gioia, in cui mi sono dato anche una pacca sulla spalla”. E, se l’attore veneto dal nome cinematografico – Marcello, appunto – che fortemente ammicca alla Dolce Vita sembra conquistare spazio nell’esistenza di Emily, un altro attore italiano fa capolino, Raoul Bova, amore italiano di Sylvie, regista, suo professore con cui, guarda caso, si incontrano su un set in via Veneto.
E l’Italia, al di là della vicenda sullo schermo, c’è ancora nelle vene di un altro interprete, un personaggio amatissimo sin dalla prima stagione, quello di Luc, interpretato da Bruno Gouery, per cui “Darren e la serie hanno permesso a Parigi una promozionale eccezionale e per me, che sono origini italiane, sapere che sarà così anche per l’Italia è fantastico”, un successo che lui ha compreso quando “mi sono addormentato una notte con 240 follower, e mi sono svegliato che ne avevo 50mila”.
Emily in Paris 4 – l’intera stagione – è disponibile su Netflix dal 12 settembre: la prima parte delle puntate è presente sulla piattaforma da metà agosto 2024.
In onda dal 17 novembre su Fox Nation. Il regista, 81enne, è anche voce narrante degli episodi che racconteranno le gesta di San Giovanni Battista, San Sebastiano, Giovanna d’Arco, Padre Massimiliano Kolbe e molti altri
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