SIRACUSA – Con la sua solita vibrante vitalità, la popolare attrice catanese Donatella Finocchiaro è stata protagonista per due giorni della 15ma edizione dell’Ortigia Film Festival, prima presentando il documentario Devoti Tutti, di cui è voce narrante, e poi accompagnando la presentazione dell’anteprima assoluta del film L’anima in pace, presentato nel Concorso Lungometraggi opere prime e seconde italiane.
Nel film diretto da Ciro Formisano, Finocchiaro interpreta Lia, la madre della protagonista Dora (Livia Antonelli), 25enne che durante il lockdown da covid, nella profonda periferia romana, prova a sbarcare il lunario affiancando alla sua dura attività di consegna a domicilio di beni di prima necessità, quello di spacciatrice per conto del bello ma pericoloso amante Yuri. Lia è una donna difficile, recentemente uscita di prigione per avere tentato di uccidere il violento padre di Dora, che si lascia trascinare dalla corrente, sperando di ri-ottenere l’affidamento dei sui figli minori, due piccoli gemelli. In questa drammatica situazione Dora incontra Andrea, un uomo gentile e comprensivo, che viene però da tutt’altro contesto sociale.
Incontriamo l’attrice recentemente vista ne La stranezza e nella serie Prime Video Monterossi, di cui ha appena ultimato le riprese della seconda stagione, sulla terrazza del suo albergo, dove è appena rientrata da un tuffo a mare insieme alla figlia Nina.
Donatella Finocchiaro, il suo personaggio in L’anima in pace è tanto interessante quanto irritante. Preferisce trovare il lato positivo in personaggi negativi o, al contrario, trovare il lato negativo e il conflitto, in personaggi positivi?
A me sta simpatica, anche se è un po’ superficiale. Alla fine è la figlia che le fa da madre, poraccia. Come spesso succede, le madri che non sono tanto capaci di fare le madri, alla fine diventano le figlie. Di solito al cinema si fanno sempre personaggi positivi, empatici. I personaggi negativi li fanno in pochi: i protagonisti sono tutti eroi. Io l’antagonista l’ho fatta raramente. Lo chiedo sempre: perché non mi fate fare la cattiva? Dicono che ho la faccia rassicurante, materna, meridionale. Molti registi ti vedono sempre in quel ruolo, ma non pensano che tu, essendo un’attrice, hai anche un dark side. Ad esempio, ne I Leoni di Sicilia (ndr. serie in uscita prossimamente su Disney+) faccio la cattiva, finalmente. Bello, mi sono scialata. Speriamo di essere più cattiva possibile. Perché a volte la moderazione ti porta a non spingere troppo il pedale.
Come è stato tornare a vivere le sensazioni del covid e del lockdown?
È un periodo che abbiamo completamente rimosso, come tutte le cose brutte. Anche le perdite, spesso, dopo un paio di anno le rimuovi: i primi tempi magari sono terribili e poi ti abitui a un’assenza. Noi ci siamo abituati a quella catastrofe, ma nella percezione è diventata preistoria. Quando stavo girando, le sensazioni, rivivendole, erano davvero drammatiche. Io per fortuna durante il lockdown ho vissuto in una bella bolla con mia figlia. Noi avevamo una bella terrazza, ma senza la possibilità di socializzare la gente è impazzita. I danni più gravi ce li hanno gli adolescenti, stanno davvero male: due anni fondamentali della loro crescita passati in casa.
Come sarà guardare questi film ambientati durante la pandemia tra 20 anni?
Sembrerà fantascienza. Abbiamo vissuto un film dell’horror e della fantascienza insieme. Catastrofico.
Come è stato lavorare al fianco della giovane Livia Antonelli, si è rivista in lei?
Beh sì, lei è un po’ più bambina. Io anche se avevo 29 anni ero già donna, lei invece ha questa fisicità un po’ da eterna ragazzina che la fa percepire sempre più piccola. È una che sporca, crea, cerca. Infatti lavora a teatro anche lei. Ha anche una bella faccina, carina, empatica, prendi subito le sue parti. Livia è stata una sorpresa. È davvero un talento, a me è piaciuta tantissimo lavorare con lei. Speriamo che esca.
Per le donne nel mondo della recitazione è ancora difficile emergere?
Per le attrici la situazione è drammatica. Le nostre signore attrici sono sempre relegate a fare le mogli di, le madri di, le amanti di. Le serie magari lasciano più spazio, ma il cinema no. Il cinema è fatto da uomini, produttori, distributori, sono tutti uomini e quindi raccontano il loro mondo. Raccontano quello che conoscono, non ne faccio una colpa.
Poi ci sono attrici che hanno bisogno di andare all’estero per avere un riconoscimento, come una candidatura all’Emmy.
La mia amica Sabrina Impacciatore! Se lo merita tutto! Stavo sempre là a dirle: e quest’anno che fai? Faccio venti pose qui, quindici là. Poi fa una serie in America e tutti si innamorano di lei. Stiamo parlando di una grande attrice, di una grande autrice dei suoi testi, una grande showgirl, una comica brillante. Però qua uscire dal contesto è difficile. Per carità, era già conosciuta e amata, ma lavorava un quarto rispetto ad adesso.
Sente il bisogno di passare dietro la macchina da presa?
Certo, da tempo. Ho già fatto un documentario e sto lavorando su un altro. Una storia al femminile: storia di donne e della loro sessualità. Una ricerca antropologica nell’universo femminile. Speriamo di realizzarlo presto. Ho anche una sceneggiatura di un film di finzione scritta da Edoardo Morabito. Devo trovare il momento giusto, perché girare un film ti ruba due anni di vita, come minimo. La sceneggiatura è già a buon punto. Devo mandarla a qualche produttore. Sono tre storie che si intrecciano. Io farei solo un piccolo ruolo.
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