TAORMINA – In un programma come quello del 69mo Taormina Film Festival, fatto di commedie più o meno commerciali, qualche film indipendente e un Indiana Jones, è stata presentata una vera e propria mosca bianca: Divinity, nuovo lungometraggio scritto e diretto da Eddie Alcazar, che lo ha anche prodotto insieme a Steven Soderbergh. Thriller fantascientifico con forti sprazzi di erotismo ed horror, il film ha incuriosito all’ultimo Sundance Film Festival, soprattutto per le dichiarazioni del regista che ha rivelato di non avere scritto nessuna sceneggiatura. Un film improvvisato, insomma, ma non nel modo che forse ci si aspetterebbe.
Il film, infatti, gioca molto sulla componente estetica e stilistica, mettendo in secondo piano quella narrativa. Con pochissimi dialoghi e una drammaturgia minimale, il regista si è potuto permettere di andare sul set avendo preparato un semplice canovaccio di sceneggiatura e uno storyboard con i suoi disegni. Tutto il resto era nella sua testa. E tanto bastava.
“C’erano solo 20 pagine di sceneggiatura e abbiamo improvvisato tantissimo. – ha dichiarato l’attrice protagonista Karrueche Tran – Eddie mi ha permesso di creare il personaggio. Un processo molto diverso da quello a cui ero abituata. Sono molto strutturata in quello che faccio, mi piace molto essere in ordine. Qui ho dovuto imparare dal regista quale era il carattere del mio personaggio. Mi ha aiutato molto il lavoro sul look, i capelli, il vestito. Mi hanno permesso di entrare nel suo mondo”.
Un po’ difficile riassumere la trama del Divinity, ricca di simbolismi e tutt’altro che lineare. Certamente ci troviamo in una sorta di ucronia, fermi in un periodo storico chiaramente analogico, ma in cui uno scienziato ha sintetizzato una sorta di siero di eterna giovinezza: “Divinity” per l’appunto. Il siero viene venduto – e sponsorizzato – come un profumo, al cui costo bisogna aggiungere il prezzo più alto: la sterilità. Il film è interamente ambientato nella lussuosa villa nel deserto in cui vive il figlio del celebre inventore, ormai defunto, ossessionato dall’idea di perfezionare la formula di “Divinity”. Qui arriveranno due misteriosi “alieni” che hanno la missione di imprigionare il ricco scienziato.
Divinity è girato interamente in bianco e nero in una pellicola molto pastosa, che caratterizza ogni inquadratura. L’idea è chiaramente quella di ispirarsi ai film di genere degli ’80, in primis al body horror di David Cronenberg: scelta che si palesa nell’ambientazione, nella citazione ad alcuni videogiochi classici, nell’uso della pellicola, in quello di trucchi prostetici e di una stop-motion volutamente posticcia nel lungo combattimento finale del film.
“Abbiamo girato in 16 millimetri e potevamo solo fare take di al massimo 3 minuti. Non ti rendi conto della creatività di Eddie, fino a quando non ci lavori insieme. È stato difficile, ma ho imparato a fidarmi di lui”. Dichiara così Moises Arias, attore conosciuto per il suo ruolo nella serie teen Hannah Montana, che interpreta uno dei fratelli alieni.
Quella di Alcazar è una visionaria e bizzarra riflessione sull’edonismo. Il mondo che ci viene mostrato straborda di culturisti e donne sensuali, persone che hanno preferito l’amore al piacere, l’immortalità alla possibilità di creare una vita. La “Divinity” evocata nel titolo, dunque, non è forse solo l’omonimo siero magico, ma è la dea della fertilità Ziva, personaggio interpretato dalla procace Bella Thorne che compare poche volte nel corso del film per ricordarci l’importanza del ciclo vitale, in tutte le sue fasi. Inclusa la morte.
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