Quando e come è nato il tuo amore per la recitazione?
Tutto è cominciato quando ho iniziato a studiare al Michael Rodgers acting studio, a Milano. Avevo 16 anni e stavo cercando un corso di recitazione professionale dove formarmi. Ero andata a varie lezioni in diversi posti prima di sceglierne uno, ma quello di Michael mi ha conquistata dal primo istante: il livello di attenzione per i dettagli, nell’analizzare i personaggi, la passione e la sensibilità palpabili negli attori, mi hanno trasmesso una sensazione che non avevo mai provato. Così ho iniziato a frequentare, ero la più piccola del gruppo, circondata da tanti attori professionisti da cui ho imparato molto.
Michael è stato un mentore incredibile. Oltre a saperne più di chiunque altro di teatro e recitazione, il suo potere era quello di riuscire a tirare le leve giuste in ognuno dei suoi attori, per far uscire fuori le migliori interpretazioni, sincere e piene di emozioni e colori diversi.
Cosa ti ha convinto a stabilirti proprio a New York?
Tre anni fa stavo andando a trovare mio papà che si trovava lì per lavoro, e ho partecipato come uditrice ad un workshop dell’immenso acting coach Larry Moss, con cui lo stesso Michael aveva studiato per molti anni nel suo periodo americano. Avevo 20 anni, ero piuttosto persa su cosa fare della mia vita dopo il liceo e avevo alle spalle un meraviglioso anno sabbatico in giro per l’Australia. Avevo da poco iniziato l’università a Milano, però sentivo che non faceva per me.
È stato quel laboratorio che mi ha risvegliata, mi ha dato la spinta di cui avevo bisogno per provare a intraprendere la carriera di attrice a livello professionale. Chiesi a Larry consiglio, non avendo idea da dove cominciare, e mi consigliò di frequentare un’accademia di arte drammatica. Tra le varie che mi consigliò c’era l’Atlantic Acting School di New York, che ho poi frequentato e dove mi sono diplomata un anno fa, a dicembre del ‘22.
Che tipo di problemi incontri nella tua vita newyorkese, dal punto di vista personale e professionale? Hai nostalgia della tua vita in Italia? E di cosa?
Il sentirmi sola. È una delle maggiori difficoltà che ho avuto e ho ancora. La mia famiglia è in Italia e nonostante sia riuscita a trovare tanti nuovi buoni amici qui, mi capita spesso. Soprattutto perché le distanze di New York sono enormi, e organizzarsi per una semplice uscita tra amici richiede molto pre-planning. Un’altra difficoltà sono i costi altissimi rispetto all’Italia: dall’affitto, alla spesa, all’uscire a cena o per bersi due drink. A marzo dello scorso anno, poi, quando sono stata male e ho avuto bisogno di cure mediche, l’aspetto economico è stato molto impegnativo, oltre al dover capire come funziona il sistema sanitario qui. Insomma mi manca la mia famiglia, alcuni amici, i miei gatti, la cucina italiana e i prezzi più bassi. Ma non ho mai troppa nostalgia, perché l’energia di New York non la lascerei mai. Vorrei essere un’attrice internazionale e che viaggia molto per lavoro, perché apprezzo sia le produzioni americane che quelle europee, insomma mi piacerebbe lavorare sia qui che in Italia, o in generale in Europa.
Le tappe più importanti della tua formazione come attrice, in Italia e negli Stati Uniti. Quanto è importante il teatro, secondo te, nella formazione di un’attrice o un attore?
La prima esperienza fondamentale, sicuramente, è stata al Michael Rodgers, a Milano. Poi durante il mio periodo australiano ho studiato a Melbourne, con la grande acting coach australiana Gabriella Rose Carter. Qui in America Larry Moss: è stato decisivo, mi ha acceso la scintilla di cui avevo bisogno per intraprendere questa strada. E un’altra tappa fondamentale è stato il conservatorio di arte drammatica di due anni e mezzo full-time, all’Atlantic Acting School di New York, dove ho studiato tanto Chekhov, Shakespeare, Script Analysis, Improvvisazione, Voce, Movimento e molto altro. Ho studiato recitazione in generale, focalizzandomi principalmente sul teatro realistico contemporaneo. Per me il teatro è stato importantissimo: penso che un attore per essere completo debba passare per un training teatrale. Se sei un bravo attore sul palco, sei un bravo attore anche di fronte alla telecamera, ma non necessariamente il contrario. Gli attori migliori fanno sia teatro che cinema.
Anche ora che ho finito la scuola e sto lavorando come attrice a tempo pieno, faccio in modo di recitare sia per il cinema che nel teatro, e per ora ci sto riuscendo. Ho lavorato a diversi cortometraggi e produzioni teatrali, come Halston’s Amitha, andata in scena al Teatro Latea di New York.
Raccontaci le produzioni più importanti a cui hai partecipato, quelle che ti hanno fatto crescere come attrice, che ti hanno lasciato qualcosa dentro.
Tra le esperienze più significative c’è stata sicuraemente quella di recitare a fianco di Blanche Baker (grande attrice americana, nota per il cult-movie 16 Candles) nel cortometraggio Kew Gardens. Io ho interpretato il personaggio di Cynthia, sia nella versione adulta dove è infelicemente sposata con un uomo, che nella versione giovane, in una scena romantica e di passione con una donna molto più vecchia di lei, Becky (Blanche Baker). È stato con Blanche che ho avuto una delle mie prime scene di intimità su un set: un’esperienza molto professionale e, grazie a Blanche e alla crew, mi sono sentita molto a mio agio e supportata.
Poi c’è stato Monster, un altro cortometraggio a cui ho preso parte: una storia che tratta principalmente di gelosia, di una gelosia folle, di quelle che ti mandano fuori di testa. I protagonisti sono Joel (Andreas Ktorides) e Ava (interpretata da me), giovane coppia che lavora nel mondo del cinema: lui film-maker, lei attrice. Si ritrovano a lavorare sullo stesso set per girare una commedia romantica, Joel come addetto all’audio e Ava come attrice protagonista. Il dramma scoppia quando Ava deve girare una scena di sesso con il co-protagonista Cole, di cui Joel è gelosissimo, il che porterà la coppia ad una serie di litigi pesanti e ad un violento confronto tra Joel e Cole.
Desire, invece, è un altro personaggio che ho amato molto interpretare, nel corto Burning Desire: la storia di una giovane donna intrappolata in una relazione tossica e infelice con il suo partner Earn, con cui convive. Con l’incapacità di comunicare tra i due e l’aggressività passiva che uccide lentamente la relazione. Desire deve trovare la forza di agire e deve scegliere se andarsene per la sua strada o lottare per salvare quel rapporto malato.
Poi il corto 333, girato in 16mm, scritto e diretto dal regista e attore argentino Santiago Achaga insieme al regista e scrittore porteño Ignacio Casaretto, prodotto da Magenta Film. Qui nterpreto il personaggio di Mary, una giovane malata terminale che tenta il suicidio per mettere fine ai suoi dolori. È seguita e protetta però da Ezekiel, interpretato da Santiago Achaga, una sorta di angelo custode: Mary non può vederlo, ma ne sente la presenza, che la aiuterà nella lotta contro le sue battaglie interiori. Un personaggio complesso e carico di emozioni molto intense, che deve affrontare un momento drammatico e complicato della vita senza alcuna speranza di un futuro felice: insomma un personaggio per nulla facile da interpretare.
L’aspetto o gli aspetti che cerchi di curare di più quando ti approcci a un personaggio.
La cosa importante, per me, è partire con un’analisi approfondita del personaggio e dello script. Conoscere nel dettaglio chi è il mio personaggio, cosa vuole, quali sono i suoi valori, i suoi obiettivi, le sue paure. E poi qual è il suo arco narrativo, ovvero il suo percorso e i suoi cambiamenti nel corso della storia. Una volta che ho chiare tutte queste cose, memorizzo bene le mie battute, così da non dovermi preoccupare di ricordarmele sul set: in questo modo posso concentrarmi sul vivere il momento presente, la scena, in modo autentico, seguendo il mio istinto e i miei impulsi.
Cos’è che ti meraviglia in un’interpretazione?
Quando un solo piccolo gesto o dettaglio riescono a comunicarmi un’emozione: quelle interpretazioni in cui anche senza dialogo, con un’espressione o uno sguardo, si capisce esattamente cosa pensa o cosa prova il personaggio.
C’è un personaggio o un progetto in particolare che ti piacerebbe ti proponessero?
Di sicuro nelle tragedie mi sento molto più forte che nelle commedie. Mi piacerebbe lavorare a un film ispirato ad una storia vera, interpretare una donna realmente esistita e onorarne la storia. Non ho in mente un personaggio in particolare, ma mi piace sempre il dover informarmi a fondo e studiare dettagliatamente la vita di una persona, il suo carattere, le sue idee, il suo modo di comportarsi, di parlare, di camminare…
Forse i personaggi che amerei più rappresentare in questo momento sono le giovani donne che non hanno ancora trovato la loro voce e che devono affrontare un percorso alla scoperta di loro stesse per trovare il proprio valore, la loro indipendenza e la loro forza. Mi piacerebbe tantissimo lavorare con Luca Guadagnino, Wes Anderson, Muccino, Greta Gerwig e molti altri… Tra le mie attrici preferite ci sono Margot Robbie, Phoebe Waller-Bridge, Scarlet Johansson, Emma Stone, Olivia Colman… sarebbe un sogno per me lavorare con chiunque di loro.
Cosa ti piace fare nel tempo libero a New York? Riesci a ritagliarti un po’ di tempo dai tuoi impegni di studio e lavoro da attrice?
Come attrice lavoro full-time, passo le mie giornate sul set o a fare audizioni o nelle sale prove. In effetti per un periodo ho fatto fatica a ritagliarmi del tempo libero, perché avevo paura di perdere opportunità se non mi dedicavo a questo lavoro 16 ore al giorno, volevo lavorare il più possibile…
Ora cerco di staccare di più, di avere dei momenti di riposo, di sfogo e divertimento, pur impegnandomi sempre al massimo e avendo la stessa voglia di lavorare e mettermi alla prova. Frequento una palestra di arrampicata, mi piace uscire con i miei amici per locali, ad ascoltare musica dal vivo, o andare a giocare a biliardo… Al martedì, quando fa metà prezzo, vado al cinema Angelika. E poi adoro andare in giro senza meta, a camminare per ore per New York.
Ti sentiresti di consigliare la tua stessa avventura a una tua coetanea o a un tuo coetaneo italiano aspirante attore?
Certamente sì, perché sono molto soddisfatta delle scelte e delle esperienze che ho fatto. New York offre davvero molto a una giovane attrice che ha voglia di fare, soprattutto agli artisti interessati sia al cinema che al teatro. L’aver scelto di studiare in un’accademia di arte drammatica mi ha insegnato molto, ora sono consapevole del mio strumento, dei miei punti di forza e di debolezza, insomma mi sento finalmente una brava attrice.
Però penso che ci siano mille modi diversi per arrivare ad uno stesso obiettivo, e che ognuno abbia il suo percorso unico, di cui è importante fidarsi, senza compararlo a quello degli altri. Ci sono tanti attori che non hanno mai studiato e che lo stesso imparano facendo, sul set. Da quando ho iniziato a lavorare ho imparato tantissime cose che a scuola non ti insegnano. L’esperienza e la pratica sul set sono fondamentali, ma io personalmente sono contenta di avere avuto una base solida di formazione: studiare recitazione è stato davvero importante.
Ma un’altra cosa mi sento di consigliare, tanto: il viaggiare e vivere un’esperienza lontano da casa. Al di là del mio percorso di attrice, infatti, questo mi ha aiutato tantissimo: uscire dalla propria zona di comfort, per crescere, a maturare e diventare la giovane donna determinata e ambiziosa che sono oggi.
Cosa ne pensi dello sciopero dei tuoi colleghi attori del sindacato Sag-Aftra?
Penso che sia necessario e molto importante. Gli attori stanno scioperando perché non sono riusciti a raggiungere un accordo con gli studi e gli streamer su un nuovo contratto triennale nell’industria cinematografica e televisiva statunitense.
Per riassumere in due parole, quello che sta succedendo è che negli ultimi anni il modello di business televisivo e cinematografico è cambiato radicalmente con la diffusione dei servizi di streaming, mantenendo però contratti con gli attori non aggiornati e inadatti a questi nuovi modelli. Per cui le case di produzione streaming (in particolare i manager nelle fasce più alte di queste società) sono sempre più ricchi, gli attori sempre più poveri e la distribuzione dei profitti sempre più sbilanciata.
Quello che SAG-AFTRA chiede, è semplicemente di aggiornare questi contratti a questa nuova industria cinematografica. Ha infatti presentato una serie di proposte con nuovi accordi per tutelare maggiormente i suoi attori, adattandosi a questo nuovo mondo dello streaming: l’aumento dei salari minimi, fissare una percentuale base sui pagamenti residui (che sono pagati molto meno rispetto alla televisione), fissare delle regolamentazioni sull’inevitabile e minaccioso arrivo dell’intelligenza artificiale, maggiore copertura sanitaria e i contribuiti pensionistici.
Sono richieste molto ragionevoli, necessarie per garantire una qualità di vita decente a tutti quegli attori che non sono star di Hollywood (la stragrande maggioranza!) e che quindi non guadagnano milioni di dollari a film, ma che al contrario fanno fatica ad arrivare a fine mese e che nella maggior parte dei casi si ritrovano a dover fare molti altri lavori secondari per riuscire a pagare le bollette o a fare la spesa, mentre i servizi streaming continuano a incassare centinaia di milioni dollari.
Addirittura la maggior parte dei membri SAG-AFTRA non guadagna 26.000 dollari all’anno, il che significa che non si qualificano nemmeno per il piano di assicurazione sanitaria.
A questa protesta hanno preso parte più di 160.000 attori, comprese molte grandi star di Hollywood. Ed è uno sciopero che interrompe la produzione di centinaia di film e programmi TV e che di conseguenza lascia momentaneamente senza lavoro migliaia e migliaia di persone. Credo che sia proprio questa interruzione dell’intera industria cinematografica e televisiva, l’unica possibilità di portare al cambiamento di cui abbiamo bisogno.
La cosa più bella del tuo lavoro.
Non c’è cosa che amo di più di recitare, il mio lavoro è bellissimo. Mi piace l’empatia che si crea tra me e il personaggio che interpreto e la sua vita, il capire le motivazioni delle sue sofferenze e delle sue vittorie… Cerco di trovare i suoi punti in comune con la mia persona per giocare sulle differenze e somiglianze tra di noi, di comprendere a fondo la sua psicologia.
Il momento che amo di più però sono proprio le riprese. Una volta analizzati bene la storia e il personaggio, fatte le prove, recitare finalmente con i costumi indosso, la scenografia e le luci, sul set: quando il regista grida “Action”. In quel momento la cosa più importante è raccontare il tuo personaggio trovando e scoprendo nuove sfumature e dettagli nella scena stessa, insieme agli altri attori, vivendolo nel momento presente.
L’impegno e la concentrazione e l’energia che si creano su un set, quando ognuno ha il suo ruolo specifico che contribuisce a creare la magia del cinema, sono le cose in assoluto più belle: dare vita ad un progetto artistico comune, lavorando e collaborando tutti insieme.
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