Davide Croff


D. CroffÈ alla posa della prima pietra il nuovo Palazzo del cinema. In molti l’hanno sognato, alla Biennale di Venezia, ma Davide Croff potrebbe legare definitivamente il suo nome al progetto che dieci architetti di fama internazionale inizieranno a studiare proprio nei giorni della 61/a Mostra. “La più ricca da dieci anni a questa parte”, come ha ribadito il presidente succeduto a Franco Bernabè alla testa di una delle più prestigiose istituzioni culturali italiane. 54 anni, veneziano di nascita, già direttore finanziario della Fiat e amministratore delegato Bnl fino al 2003, Croff sarà anche ricordato negli annali di Ca’ Giustinian come il presidente che ha riportato la serata finale dal Lido in Laguna, con una cerimonia elegante e, si spera, avvincente presso la rinata Fenice. Sofia Loren ne sarà ospite d’onore e Raidue la trasmetterà in diretta, non per dovere di servizio pubblico ma volentieri. Non è poco, eppure le ambizioni non finiscono qui: Croff prefigura un mercato al livello di quello dell’eterna rivale Cannes, che celebri un matrimonio duraturo tra industria e arte.

Grandi ambizioni non del tutto supportate dal budget che rimane a 5 milioni di euro di contributo pubblico.
È vero, alla luce di un forte rilancio, le spese crescono mentre i contributi pubblici restano fermi o addirittura subiscono riduzioni. In linea teorica è un peccato, perché la cultura, soprattutto in un paese come l’Italia, che è un vero giacimento di beni culturali, va finanziata e supportata. E in questa direzione andava anche il grido d’allarme lanciato dal ministro Urbani in questi giorni. Tuttavia, realisticamente, in un momento di riordino di conti pubblici, bisogna rimboccarsi le maniche e trovare alternative al sostegno pubblico.

In che modo?
Il modello anglosassone dimostra che si può agire a due livelli: quello della grandi aziende, che finanziano la cultura, e quello del cittadino attraverso la tassazione. Le manifestazioni culturali sono un bene di tutti, oltre ad offrire un ritorno economico attraverso l’indotto.

In questa edizione gli sponsor coprono circa il 20% del budget veneziano: ed è un risultato notevole.
Effettivamente il sostegno degli sponsor è molto forte e si tratta di aziende di altissimo profilo attratte dalla rilevanza del nostro marchio: da Wella e Citroën alla Tim, che succede alla Bnl nel sostenere i costi di una sala da 1.700 posti, il PalaTim. Inoltre abbiamo inaugurato delle vere e proprie partnership in cui lo sponsor entra in coproduzione con la Biennale e dà un contributo ideativo: così è stato per Prada nel progetto di recupero del B movie italiano, un progetto pluriennale molto impegnativo.

Con il progetto del nuovo Palazzo del cinema sono archiviate le ipotesi di trasloco della Mostra a Venezia o Napoli.
La Mostra resta al Lido dove è nata nel ’32. È una tradizione storica da rispettare. Però le infrastrutture sono ormai inadeguate: il bambino è diventato adulto, ma deve indossare ancora i vestiti che portava in culla. Non abbiamo bisogno soltanto di una sala più grande, ma anche di uffici e salette. Tuttavia il Palazzo deve inserirsi nel contesto architettonico e paesaggistico del Lido. È una sfida complessa e il concorso sembrava la strada più trasparente per arrivare al progetto giusto.

Ma il nuovo Palazzo avrà una valenza che vada oltre i dieci giorni del festival?
Bisogna sfatare gli stereotipi. Già oggi al Lido esiste una struttura congressuale capace di ospitare, per esempio, l’assemblea della Nato che si terrà a novembre al Casinò. E sarà sempre di più così.

La serata finale ritorna a Venezia e la Rai torna a seguirla in diretta. È stato difficile?
Non c’è stato alcun problema. Questa promette di essere una Mostra piena di eventi e di spettacolarità: per i film, ma anche per le feste, gli eventi e le star. La chiusura sarà un momento di sintesi di tutto questo e la Rai ha aderito immediatamente.

Mentre la tv ufficiale del festival resta RaiSat.
Sì, RaiSat seguirà l’apertura e documenterà tutte le conferenze stampa e gli eventi.

E Sky?
Con Sky stiamo dialogando. Per quest’anno hanno organizzato una serata in onore di Alberto Sordi con Il vigile, in futuro spero che il coinvolgimento sarà in costante crescita.

A che punto siamo con i Venice Screenings e con l’idea del mercato veneziano?
A medio-lungo termine l’obiettivo è quello di una strategia complessiva: come e dove fare un mercato del cinema in Italia che sia concorrenziale. È una riflessione nostra ma anche dei milanesi. All’estero, i grandi mercati sono sempre collegati ai grandi festival, da Cannes al Canada. Oggi, con i Venice Screenings, muoviamo i primi passi, in futuro immaginiamo un mercato in sinergia con il festival. Ma naturalmente per questo servono le infrastrutture.

Come sarà il Croff spettatore?
Uno spettatore anomalo. In teoria vorrei stare al cinema dalle 9 al mezzanotte. In pratica sarò travolto dagli impegni, ma so che c’è tanta attesa e curiosità intorno a un programma ricchissimo e variegato.

Che giudizio dà sulla salute del cinema italiano?
È stato ed è un grande cinema, ora in fase di significativo rilancio e con grandi potenzialità. Grazie alla riforma siamo usciti da una logica di cinema italiano sostenuto e cominciamo a prestare maggiore attenzione alla sostanza. Vanno premiate la creatività, l’inventiva, l’entusiasmo e anche la capacità di trasmettere contenuti. La nuova legge è più selettiva e, se sarà applicata con lo spirito che l’ha dettata, saprà premiare il nuovo.

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25 Agosto 2004

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