Entusiasti gli anglosassoni, un po’ perplessi i francesi. I critici stranieri si dividono su Le conseguenze dell’amore, l’unico film italiano in concorso.
David Rooney su Variety
Paolo Sorrentino imbocca una strada originale, scegliendo una forma meditativa ed obliqua per parlare di uno degli argomenti più esplorati nel cinema italiano. Il film è un esercizio freddamente intelligente, uno studio quasi scientifico di un personaggio. Ad alcuni potrà suonare manierato e distante, ma per altri sarà struggente. Nel futuro della pellicola, secondo Rooney, ci sono altri festival e, magari, qualche distribuzione d’essai. Grandi elogi per la fotografia di Luca Bigazzi, Toni Servillo viene infine paragonato a John Malkovich.
Jonathan Romney su Screen International
Le conseguenze dell’amore è la prima scoperta del concorso, un film ultrastilizzato che dividerà la platea e la giuria. Tra Pirandello e il polar francese, potrebbe diventare uno dei film più amati/odiati del festival. Richiede una seconda visione lo spessore filosofico della vicenda evidente nella lunga citazione del Viaggio al termine della notte di Celine. ma il film potrebbe piacere anche agli amanti del thriller obliquo (I soliti sospetti, Memento o Intacto).
Kirk Honeycutt su Hollywood Reporter
Un film minore ma riuscito da un regista che padroneggia completamente la sua tecnica. Era difficile rendere viva sullo schermo un’esistenza vuota, Sorrentino ci riesce. Qualche perplessità desta invece il finale: il film diventa melodrammatico e il senso di mistero e di fascinazione scompaiono. Quando viene svelato fino in fondo, Titta dimostra di essere ciò che dice, un uomo senza immaginazione.
Dominique Borde su Le Figaro
E’ un thriller esistenziale ma, di colpo, lo studio scivola in un intrigo più convenzionale e quest’uomo senza immaginazione che voleva ignorare le conseguenze dell’amore assume una dimensione eroica. Peccato. Avremmo preferito arrivare fino in fondo al disagio senza svelare la malattia.
Didier Péron su Libération
Sorrentino imballa tutto in una messa in scena manierata. Ma quando arriva la mafia la pesantezza forzata del film diventa un peso sullo stomaco. Difficile non pensare a Leconte, cineaste molto ammirato in Italia. C’è qualcosa di Monsieur Hire nelle Conseguenze dell’amore, l’unione di tecnicismo, ipersensibilità e intenzioni eccessive, tutte cose che non ne fanno (per forza) un (buon) film.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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