Cristina Comencini è in partenza per gli Stati Uniti per accompagnare il suo fortunato La bestia nel cuore prima a New York – dove sono previste anteprime e interviste per la sua imminente uscita americana – e poi a Los Angeles dove domenica 5 marzo il film concorrerà all’Oscar per il miglior film straniero. “L’ Oscar è una specie di roulette, mi ritengo già molto soddisfatta sia per essere arrivata al traguardo della nomination dopo aver superato selezioni ferree, sia per aver constatato quanto il nostro film piaccia agli americani, anche se ovviamente in questi ultimi giorni ci stiamo dando da fare adeguatamente per la promozione”, spiega la regista. Subito prima della serata degli Oscar – a cui prenderà parte con suo marito Riccardo Tozzi, produttore del film, e con la sua protagonista Giovanna Mezzogiorno – la regista romana parteciperà anche al tradizionale Simposium con i registi finalisti e il presidente dei giurati dell’Academy ma comunque si concluda la sua avventura lunedì 6 marzo rientrerà in fretta in Italia. La aspettano infatti le prove di “Due partite”, una nuova commedia di cui è autrice e regista che segnerà il suo debutto in palcoscenico venerdi 7 aprile al Teatro Valle di Roma con Margherita Buy, Isabella Ferrari, Marina Massironi e Valeria Milillo. Nel frattempo sta lavorando al nuovo film, La mia mano destra, che ha scritto con lo sceneggiatore di Kubrick, Frederick Raphael, e che indaga sul matrimonio tra Clara Wieck e Robert Schumann, due artisti eccezionali ma destinati all’infelicità e alla follia…
Come le è nata l’idea di scrivere e dirigere un testo per il teatro?
Non avrei mai avuto il coraggio di buttarmi in questa impresa se non ci fosse stata la sollecitazione di Artisti Riuniti, una recente associazione di registi e produttori guidata da Piero Maccarinelli che sotto l’egida dell’Eti incoraggia nuovi percorsi creativi che contaminano esperienze mettendo insieme letteratura, cinema, teatro e televisione. Strada facendo ho capito che il teatro è più vicino di quanto pensassi a chi come me si muove tra letteratura e cinema. Ho realizzato abbastanza di getto varie stesure del testo e ho sperimentato quella definitiva dando vita ad un laboratorio con le allieve neo-diplomate dell’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico, attraverso il quale mi sono accorta che il testo che avevo scritto era molto comico.
Che cosa verrà raccontato in scena?
Cerco di indagare l’universo femminile analizzando i rapporti delle protagoniste con la famiglia, il lavoro, gli uomini e la maternità. Il primo atto è ambientato nel 1965 a Roma in un elegante interno borghese dove quattro donne, mentre le loro bambine giocano nella stanza accanto, sono impegnate in una partita a carte intervallata da chiacchiere e confidenze sulle loro vite, i loro matrimoni, gli svaghi e gli inevitabili dissidi. Emergono storie e dettagli di esistenze parallele, che si intrecciano con toni sentimentali e comici, sullo sfondo delle tematiche esistenziali e sociali degli anni ’60: sono donne colte prima della rottura della condizione femminile in un universo un po’ chiuso, nessuna di loro lavora, il filo rosso che attraversa le loro vite è la predominanza assoluta del ruolo di moglie e madre su tutti gli altri. La prima parte si concluderà con la nascita di una nuova creatura.
E il secondo atto?
E’ ambientato ai nostri giorni e le stesse quattro attrici interpretano le figlie delle donne raccontate nel primo che, ormai adulte, si radunano nella stessa casa per il funerale di una delle madri. Queste donne lavorano tutte, sono più consapevoli, più androgine delle loro madri ma anche tanto stanche: si tratta quasi di due epoche allo specchio attraverso due modi diversi di essere donne, nel tentativo di definire, oggi come ieri, l’identità femminile che è sempre qualcosa di sfuggente. In questo confronto di generazioni le protagoniste si prendono anche in giro e fanno ridere, ma amaramente.
Come e quando ha scelto le interpreti?
Le attrici sono tutte giuste e funzionali ai ruoli. Margherita Buy e Isabella Ferrari sono state coinvolte da subito, ho scritto i ruoli “addosso” a loro, mentre Marina Massironi, perfetta nella sua comicità svagata, e Valeria Milillo, giovane attrice “ronconiana” che rivela una sua leggerezza più nascosta in altre occasioni, sono arrivate dopo: c’è stata anche la defezione di Laura Morante impegnata in un film in Francia. Se dovessi portare questo testo al cinema sceglierei ugualmente una stessa attrice per le due diverse parti.
Chi interpreterà chi?
Margherita Buy darà vita prima a Gabriella, una donna romantica sposata con un musicista: ha lasciato la musica per stare con le bambine e soffre l’assenza del marito di cui è innamorata ed è amareggiata perché ha messo tutte le energie nel privato ma per lei è come se l’amore non fosse mai abbastanza; la figlia è Sara, una concertista fantastica che riesce dove la madre non è riuscita ma paga un grande prezzo nella vita privata. Isabella Ferrari nel primo atto è Beatrice, una provinciale venuta a Roma, molto idealista e molto comica, che mentre le altre parlano dei loro disastri vorrebbe essere ottimista perché aspetta un figlio; nel secondo atto è Giulia, la donna a cui è morta la madre che prefigura un possibile ulteriore fallimento. La Massironi è la “donna perfetta”. Nel primo atto è Claudia, nel secondo Cecilia, ha tre figli ma non riesce a diventare… madre. La Milillo, infine, è prima Sofia, l’amante dalla doppia vita, e poi Rossella che è il contrario speculare della propria madre perché ha dei seri problemi con l’erotismo. Queste otto donne hanno in comune una femminilità sempre bistrattata. Le nostre madri non hanno considerato fondamentale il lavoro, anche se erano spiritose e belle nella vita privata, mentre le donne di oggi vivono un autoannullamento della propria femminilità per fare qualcos’altro.
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