Alla categoria “film basati su Napoleone” di Wikipedia figurano trentuno voci (forse nemmeno esaustive): si va, per citare solo due titoli, dal Napoleon di Abel Gance del 1927 – monumentale e molti ricordano una “storica” proiezione a Massenzio negli anni di Nicolini con tre schermi uno accanto all’altro – al curioso N Io e Napoleone di Paolo Virzì su un episodio, nato dalla fantasia dello scrittore Ernesto Ferrero, durante l’esilio all’Elba con Daniel Auteuil nel ruolo del titolo.
La proliferazione non deve stupire, perché il condottiero corso ha sempre sollecitato la fantasia di artisti e letterati, da Manzoni a Tolstoi, anche per la parabola sorprendente del piccolo militare di provincia diventato imperatore, “dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno”. Insomma, il compito di Ridley Scott, ovvero dire qualcosa di nuovo o in qualche modo illuminante e avvincente sul personaggio, non era semplicissimo. Ci prova – e in parte ci riesce – con un kolossal di due ore e 38 minuti che sarà nelle sale italiane il 23 novembre distribuito da Eagle Pictures.
Diciamo subito che si affida a due elementi principali: la spettacolarità grandiosa delle scene di battaglia, decisamente un suo marchio di fabbrica, e il carisma dei due attori protagonisti, Joaquin Phoenix (Oscar per Joker, ma soprattutto l’imperatore Commodo del Gladiatore) e Vanessa Kirby (davvero superlativa in un ruolo che doveva essere inizialmente di Jodie Comer) che è Joséphine de Beauharnais, prima moglie di Bonaparte e grande amore della sua vita, tanto che le sue ultime parole, prima di morire, sarebbero state “Francia, esercito e Giuseppina”.
Per il cineasta britannico, autore di film di culto come Blade Runner ma non immune da cadute (vedi il recente House of Gucci), si è trattato di mettere insieme le sue due grandi passioni, cinematografiche quanto esistenziali, la guerra e l’amore, ma anche di portare a termine un progetto che aveva ossessionato Stanley Kubrick, suo autore feticcio. Kubrick, com’è noto, lavorò approfonditamente alla sceneggiatura (oggi quel materiale è raccolto nel volume Stanley Kubrick’s Napoleon. The Greatest Movie Never Made, che contiene lettere, studi sui costumi, fotografie delle location, bozze della sceneggiatura e il copione finale). Tra i motivi che portarono a non finanziare il kolossal di Kubrick c’era stato il flop del Waterloo di Sergei Bondarchuk (1970).
Scott, sulla scorta della sceneggiatura di David Scarpa, percorre tuttavia un’altra strada guidato in gran parte dalla figura di Joséphine, protagonista a tutti gli effetti e al pari del consorte. Quando l’ambizioso capitano di artiglieria nato ad Ajaccio, reduce dalla vittoria di Tolosa, dove ha liberato la città portuale dall’assedio degli inglesi, incontra Marie-Josèphe-Rose Tascher de La Pagerie, sua coetanea di nobili origini, in carcere durante il periodo del Terrore e con i capelli ancora corti e l’animo ferito (“l’unico modo per salvare la mia vita è stato restare incinta in galera”, gli confessa), intravede probabilmente un completamento indispensabile. Lui, per quanto geniale, è un bruto (come dimostra anche nelle scene di sesso), lei una donna raffinata ed elegante, di grande intelligenza. Il rapporto tra i due, tuttavia, non è lineare, spesso si trasforma in una lotta per il potere nella coppia, lui si professa suo padrone ma è cosciente di non essere nulla senza di lei, è costantemente roso dalla gelosia, spesso a ragione, così interrompe la campagna d’Egitto disertando quando viene a sapere che lei ha un amante. Una dialettica che porterà al divorzio, ma non per adulterio quanto per l’incapacità di Joséphine di concepire un erede, ma che non interromperà mai il rapporto epistolare e non solo, proseguito fino alla morte di lei per difterite. Furono sposati tra il 1796 e il 1809 e Giuseppina fu incoronata imperatrice dalle sue stesse mani.
La vicenda storica potrebbe passare in secondo piano in questo saldo tessuto romantico, ma non mancano i riferimenti alle vicende del periodo, a partire dalla Rivoluzione francese. Anzi, il film si apre proprio nel 1789 e con la cruenta scena di Maria Antonietta portata al patibolo e ghigliottinata, scena a cui assiste anche Napoleone (pare che questo sia un falso storico). Viene raccontato il colpo di Stato che lo porta a diventare console in un triumvirato e tutta l’ascesa al potere, i rapporti assai mutevoli con i monarchi europei. “La storia napoleonica è l’inizio della storia moderna. Ha cambiato il mondo, ha riscritto tutte le regole – dichiara Ridley Scott – A parte questo, Napoleone era un personaggio singolarmente affascinante per un film, perché era prigioniero del suo cuore e delle sue emozioni. Era un incredibile stratega e anche uno spietato politico, ma ero affascinato soprattutto da un uomo così importante che mentre sta andando a conquistare Mosca è ossessionato da ciò che sua moglie sta facendo a Parigi”. E in un’altra intervista l’85enne regista e produttore, quattro volte candidato all’Oscar ma mai premiato, avrebbe detto: “Uno dei motivi della sconfitta nella campagna di Russia furono le sue emorroidi”.
Restano poi le scene di battaglia, coreografate e riprese con grande realismo e maestria, soprattutto Austerlitz e la disfatta di Waterloo. In attesa di vedere il sequel de Il Gladiatore (che uscirà tra un anno esatto), Scott conferma la sua abilità a calarsi in epoche storiche lontane, una qualità dimostrata a partire da I duellanti (1977), ambientato proprio nell’anno in cui Napoleone Bonaparte salì al potere, e giunta fino alla narrazione del XIV secolo nel recente The Last Duel, forse il più vicino, almeno sul versante intimo, a questo Napoleon.
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