VENEZIA – Una biografia che ci mostra l’alternanza di momenti luminosi e felici e periodi bui e drammatici perché “una vita non è né buona né cattiva”. E’ semplicemente, una vita.
Dopo La loi du marché (premio a Vincent Lindon a Cannes), Stéphane Brizé torna con un film radicalmente diverso. Une vie, ispirato al romanzo di Guy de Maupassant (1883). Un film in costume dunque, ma tutt’altro che convenzionale. Il regista francese infatti fa una scelta stilistica forte restando addosso alla sua protagonista senza nessuna concessione all’aspetto spettacolare o artificioso del period film. Siamo in Normandia nel 1818, in piena Restaurazione. La giovane aristocratica di campagna Jeanne vive serenamente insieme ai genitori che la circondano di attenzioni. Fino a quando viene data in sposa al visconte Julien de Lamare, caduto economicamente in disgrazia ma avvenente e di modi apparentemente gentili. In realtà l’uomo si rivelerà gretto, sbrigativo e soprattutto infedele: prima mette incinta una cameriera, quindi, dopo essere stato perdonato, intrattiene una relazione con la migliore amica della moglie. “Jeanne – spiega Brizé – entra nella vita adulta senza aver mai affrontato la perdita di quel paradiso che è l’infanzia, quel momento dell’esistenza umana in cui ogni cosa sembra perfetta. Quel momento in cui gli adulti sono coloro che sanno tutto, coloro che ci dicono di non mentire e, dunque, loro stessi non mentono mai, o così crediamo”. Il film è dunque il ritratto di questa donna-bambina su cui le disavventure sembrano abbattersi senza che lei sappia come difendersi. Ad esempio è centrale la scena in cui, alla morte della madre, scopre le lettere infuocate che un amante aveva scritto alla donna e vede in un attimo sgretolarsi la sua idea del rapporto idilliaco tra i genitori, ma quelle lettere le brucia immediatamente come non volendo veramente prendere atto della realtà. Ma al di là degli aspetti emotivi, Brizé, e qui sta un profondo punto di contatto con La loi du marché, presta grande attenzione anche agli aspetti economici, in particolare il declino economico della famiglia, ridotta sul lastrico da una serie di imprese scellerate condotte all’estero dal figlio di Jeanne e Julien con ipoteche e vendita delle fattorie.
Nel ruolo della protagonista un’appropriata Judith Chemla, affiancata da Swann Arlaud, il visconte, Yolande Moreau (la madre) e Jean-Pierre Darroussin (il padre).
Sarà Microcinema a distribuire nelle sale italiane il film Leone d'Oro 2016, The woman who left, nuovo capolavoro di Lav Diaz. La pellicola, che nonostante il massimo riconoscimento al Lido non aveva ancora distribuzione e che si temeva restasse appannaggio soltanto dei cinefili che l'hanno apprezzata alla 73esima Mostra di Venezia, sarà quindi visibile a tutti, permettendo così agli spettatori del nostro Paese di ammirare per la prima volta un'opera del maestro filippino sul grande schermo
Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
Il direttore della Mostra commenta i premi della 73ma edizione. In una stagione non felice per il cinema italiano, si conferma la vitalità del documentario con il premio di Orizzonti a Liberami. E sulla durata monstre del Leone d'oro The Woman Who Left: "Vorrà dire che si andrà a cercare il suo pubblico sulle piattaforme tv"
Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"