“Se non è il personaggio più cattivo in assoluto che ho interpretato, Nemo è sicuramente sul podio”.
Claudio Amendola non ha dubbi alla vigilia della messa in onda del nuovo capitolo de Il Patriarca, in cui torna a vestire i panni di Nemo Bandera: un imprenditore spietato e senza scrupoli, che ha costruito il suo impero criminale sotto la copertura dell’azienda ittica Deep Sea, da dove gestisce la rete di narcotraffico che controlla l’immaginaria città marittima di Levante (leggi il nostro articolo-intervista sulla prima stagione della serie).
Dopo le sei puntate della prima stagione, la serie Tao2 prodotta da Camilla Nesbitt per Camfilm e girata tra Lazio, Abruzzo e Puglia, adattamento della spagnola Vivir sin permiso (Vivere senza permesso), prende il via venerdì 15 novembre in prima serata su Canale 5, e promette nuovi colpi di scena. Dopo la tragica perdita del figlio Carlo, Nemo ha ritrovato una sorta di equilibrio grazie ai suoi alleati più fidati, che gli restano al fianco: la moglie Serena, interpretata da Antonia Liskova, la figlia Nina (Giulia Schiavo) e l’avvocato di famiglia Mario (Raniero Monaco di Lapio), marito di Nina. Tuttavia, dietro l’apparente stabilità, si nasconde un segreto tanto devastante quanto pericoloso, che riguarda proprio il personaggio di Mario.
Oltre alla fragilità dovuta all’Alzheimer, diagnosticato all’inizio della prima serie, è arrivata anche la tragica perdita del figlio. Nemo è un personaggio molto complesso e sfaccettato, come lo ha costruito? E a quali dei suoi aspetti si è più affezionato?
“La cosa che più mi affascina di Nemo è questo dualismo tra spietatezza e fragilità, quest’ultima ‘acquisita’ dalla malattia: raccontare un uomo così fortemente fermo sulle sue posizioni e certezze costruite in una vita violenta ‘da patriarca’ che si trova di fronte alla prima fragilità era una cosa che mi affascinava molto.
In questa seconda stagione il ritrovato rapporto di Nemo con il personaggio di Lara (Neva Leoni) è quello che sembra fare emergere di più il lato ‘umano’ del Patriarca, come a rappresentare il ‘bene’ che non si arrende di fronte al male.
È esattamente così. Lara è la parte debole di Nemo, la donna, la persona che riesce a tirar fuori le sue fragilità, il suo senso di colpa in quanto padre, che anche io come persona conosco e mi ha accompagnato in un certo periodo della mia vita. Quindi è pronto ad aprirsi al cuore della figlia e quando questo succede c’è una grande scoperta di amore.
Anche stavolta Il Patriarca esplora tutta la gamma delle passioni umane, ma fin dal primo episodio anche la violenza più spietata e gratuita resta una delle note ricorrenti del racconto. Non teme possa esserci qualche rischio di emulazione, in tempi in cui la cronaca aggiorna quotidianamente il macabro conto di morte tra giovani e giovanissimi?
Quando si affronta una serie crime o un film con un messaggio che implica anche la violenza e aspetti che potrebbero essere ‘brutti esempi’, credo che la differenza stia nel raccontare comunque una realtà evidentemente ‘finta’. Il problema si presenta quando si va a raccontare questo tipo di tematica con storie violente cercando invece di essere ‘più realistici del re’, cercando di renderla veramente ‘vera’, come molte serie hanno fatto in passato e fanno tuttora. Credo che ne Il Patriarca ci sia sempre un alone di fiction che protegge dall’emulazione.
Non è certo la prima volta che lei copre il doppio ruolo di attore e regista. Quale dei due la appassiona di più? Qualcuno dei suoi colleghi nelle stesse condizioni parla di una scelta molto faticosa, lei come si trova? Stare dietro e davanti la macchina da presa è qualcosa che le facilita o le complica il lavoro?
Me lo facilita moltissimo. È parecchio faticoso, certo, perché non hai quei meravigliosi momenti ‘da attore’ in cui non giri, quando si girano le scene dove non appari. Però è un grande vantaggio, perché completa il ruolo, lo faccio con grande passione. Tra i due ruoli mi diverte molto di più fare il regista, forse perché lo faccio da molti meno anni, anche se come attore ho dato tanto, ho fatto tantissimo… e mi diverto ancora molto. Ma è la regia a soddisfare ancor di più l’ego.
A 18 anni dalla messa in onda del primo episodio de I Cesaroni e a dieci anni dal suo sesto capitolo, lei ha confermato che a breve inizieranno le riprese della settima stagione. Quanto la emoziona questo ritorno dopo tanti anni? E cosa può anticipare ai fedelissimi fan della serie (e di Giulio Cesaroni)?
“Ai fedelissimi dico solo di avere un po’ di pazienza ancora, perché non posso anticipare nulla. Però ci stiamo tutti preparando con una fibrillazione enorme: siamo super eccitati da questa ripresa. Sappiamo perfettamente che è una sfida molto importante, perché c’è un pubblico che conosce I Cesaroni molto meglio di noi e che quindi saprà immediatamente riconoscere eventuali errori e/o distrazioni. Allo stesso tempo, sappiamo che dobbiamo mantenere quella stessa forza che I Cesaroni hanno sempre avuto e non snaturarne mai le caratteristiche: quindi sono sicuro che troverete gli stessi Cesaroni di sempre”.
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