Marco Chiarini è al Bellaria Film Festival 2023 con Roger…è arrivato il Presidente!, un (non)documentario nel cuore di Teramo, che segue la città e i suoi abitanti, personaggi di un racconto che invita a guardarsi attorno con sguardo dolce e ritrovata lentezza. Lo incontriamo al Festival, dove è in compagnia della star del film, il piccolo bassotto Roger. Chiarini è un maratoneta della metafora, in cerca continua delle figure corrette per riflettere sull’arte e la creatività. Una saggezza che esprime con entusiasmo, un’urgenza umana mai frettolosa. Ci parla del film, ma divaga sul cinema (è insegnante e si sente dalla passione), dà consigli creativi e umani, “prendi un amico che non ha mai tempo e portalo su uno scoglio per dieci ore, alla seconda inizierete a parlare dell’infinito che vi circonda”.
Roger lo ascolta a occhi chiusi, con il muso tra il tavolo e le ginocchia. Il cinema delle piattaforme, delle grandi produzioni, non è per lui. Potrebbero averlo avvicinato, non lo sa e a quel “forse” pensieroso ci crediamo. Di fondo, c’è una distanza incolmabile con il modello Netflix (“Moretti l’ha raccontato benissimo”). Perché Chiarini vuole l’attesa, un’arte che arriva imprevista nel tempo interminabile di una giornata trascorsa su uno scoglio.
In Roger…è arrivato il Presidente si tratta dell’attesa del Presidente della Repubblica, ospite annunciato alla città di Teramo nell’autunno del 2020 e occasione per aspettare osservando. Chiarini passeggia, guidato dal fiuto del cane Roger. Le riprese, tutte girate dal suo smartphone, attraversano le strade e catturano il trascorrere del tempo quotidiano.
“Questo film è attesa, sguardi e incontri, e qualcos’altro in mezzo”; racconta la produzione, che oltre a Chiarini ha visto partecipare al soggetto anche Pietro Albino Di Pasquale, storico collaboratore, e Lorenzo Materazzo alle musiche. In quel mezzo, tra sguardi e attese, Chiarini ripopola Teramo della nostra attenzione: etichette a schermo segnalano direzioni, luoghi, alberi. “Pini marittimi” e “lecci”, distingue a dovere una scritta, mentre volti ricorrenti diventano comprimari inattesi, come “mimmo il baffo” e “il signore dei piccioni”. Una drammaturgia del reale, che riporta alle visioni del primo cinema.
Roger…è arrivato il presidente è il suo terzo lungometraggio, tappa di un viaggio iniziato nel 2009 con il film d’animazione L’uomo fiammifero. Al Bellaria Film Fest 2023 ci ha raccontato perché il cinema è attesa.
È un film che riporta al primo cinema, quello delle visioni che invitano a guardare con attenzione, ma anche una testimonianza del primo momento dopo la pandemia. Avevi previsto questo elemento quando hai pensato il film?
Io durante la pandemia non sono uscito per raccontarla. Già due giorni dopo il lockdown c’erano video montati con tutta la frenesia moderna, sembravano fatti da intelligenze artificiali. Posti vuoti, bellissimi e ruffiani, visti dall’alto con la musica epica in sottofondo. Mi sono detto: non posso raccontare questa cosa, era troppo deprimente per me. Sono uscito con la voglia di avere il tempo e la necessità di relazionarmi con quello che c’era intorno, con le persone. All’inizio la sfida era di fare qualcosa di complicatissimo con nulla: io, il mio sguardo e il cellulare. Aggiungere aleatorietà a tutto con la presenza di un non attore, che è Roger, e riuscire a creare delle messe in scena senza poter intervenire sulla messa in scena, intervenendo solo con il mio sguardo. Che poi è il centro del cinema, di tutto il cinema. Da Sorrentino agli Avengers. Io mi sentivo come il migliore e il più strapagato autore hollywoodiano degli Avengers.
Dalla realtà che catturi, senza intervento, nasce una drammaturgia ricchissima di personaggi: dall’uomo dei piccioni a “Mimmo il baffo”…
La mia sfida come autore è stata quella. Dovevo essere pronto a raccontare situazioni semplici, banali, quotidiane, che grazie solo al mio sguardo diventavano straordinarie. Far notare in questa banalità quotidiana, in questa invisibilità, qualcosa di potentemente straordinario. Avevo la necessità di fare un film senza luci, produzione, cast, con al centro il cuore di quest’arte: l’occhio.
La visita di Mattarella a Teramo è stato un punto narrativo cercato o casuale? Si vede la città che ordina le strade e pulisce tutto, come uno studente fuori sede che prepara la casa per la visita della madre
È proprio così, funziona così, anche sotto elezioni. Comunque è successo d’un tratto, come vedi nel film. Proprio come accade in ogni provincia, dove ci si scambia le informazioni incontrandosi. Avevo già girato molto materiale, ad esempio la scena del taglio della siepe davanti alla banca, che improvvisamente prendeva senso: stavano preparando la città. E allora ho cominciato a vedere tutto con quell’occhio.
L’attesa di Mattarela è un’assenza-presenza continua, una tensione invisibile che è poi rappresentazione perfetta del concetto di Stato. Le persone che incontri dimostrano un grande rispetto verso il Presidente della Repubblica, hai avuto questa sensazione durante tutte le riprese?
Tutti hanno un grandissimo rispetto per Mattarella. Ma non perché è lo Stato, ma perché ha un atteggiamento che rispecchia un equilibrio e una sensibilità che le persone cercano. Noi abbiamo percepito questo rispetto. Abbiamo scelto di non seguirlo quando arriva a Teramo, cioè di rimanere oggettivi mentre passava. Potevo fomentare, manipolare qualche risposta delle persone, togliendo il mio audio, ma l’ho lasciato apposta così. Fosse stato un film scritto, sceneggiato in ogni sua parte, avremmo dovuto forse enfatizzare, pensare a inquadrature particolari. Questo film invece aveva la libertà di osservare semplicemente.
Quali progetti vedremo dopo Roger? In passato hai lavorato anche con Disney Italia, hai avuto altri contatti con le piattaforme?
Io ho sempre scritto molti film, molti anche finanziati in fase di sviluppo. Ci sono molti progetti in fermento. Uno è sul punto di esplodere, stiamo attendendo risposta da una produzione. Può succedere qualcosa di straordinario, se chi finanzia e chi produce ha modo di valutare questo nostro mondo con la giusta attenzione, lo giusto spirito critico. Come vedi in questo film, c’è bisogno di una premura in tutte le cose. Nell’amore, nel cucinare pane e olio, nel leggere un libro. I nostri progetti hanno bisogno di una cura che, dobbiamo dire, spesso non viene data da meccanismi produttivi più abituali. Come ha raccontato Moretti nell’ultimo film. Netflix fa il suo lavoro benissimo, penso che sia un modello, funzionano, guadagnano milioni, producono tantissimo. Ma il loro business è produrre un certo tipo di prodotto, perché quello è il loro business. Il loro punto di riferimento è la televisione. Se tu sei un autore di cinema e pensi a un film che ha bisogno di un certo tempo, di una certa atmosfera, non puoi pensare che chi ha il suo lucro sul piccolo schermo possa capire e agevolati. Lo capiscono, perché nessuno è stupido nel reparto creativo di queste realtà, ma fanno un business diverso.
Si conclude il Bellaria Film Festival 2023, che dal 10 al 14 maggio ha riportato "la casa del cinema italiano" sulla riviera romagnola. Valentina Bertani è la prima regista donna a ricevere il riconoscimento Casa Rossa nella storia del Festival
Presentato nella sezione Gabbiano del Bellaria Film Festival 2023, Lala di Ludovica Fales è il viaggio di tre giovani ragazze, immigrate di seconda generazione, incastrate nel complesso reticolo burocratico italiano
Al Bellaria Film Festival 2023, Jasmine Trinca è in concorso per il miglior film indipendente con il suo esordio alla regia, Marcel!. L'inizio di un nuovo percorso che si affianca alla ricca, e sempre più impegnata, vita da attrice
I cinque progetti dei giovani autori selezionati dalla prima edizione del BFF New Wave (In)emergenza sono stati premiati quest'oggi al Cinema Astra di Bellaria