“Sto scrivendo la tesi per l’università. Visto che posso farlo ovunque, ne ho approfittato per fare anche un viaggetto, così sono venuta in Sri Lanka”. Chiara Bordi, ventiduenne, nata a Tarquinia (Viterbo), risponde alla telefonata whatsapp da quattro ore e mezzo di fuso orario più in là e racconta la sua storia di studentessa e neo-attrice. Nella sua prima identità sta per laurearsi con una tesi sulla progettazione di una protesi da surfer, nella seconda ha debuttato in Prisma, in cui interpreta Carola, studentessa che piace da sempre a Marco (Mattia Carrano) e che inizia a frequentarlo. Chiara ha una protesi alla gamba sinistra da quando, nel 2013, ha subito l’amputazione dell’arto in seguito a un incidente. Oggi la sua vita si divide tra studio, surf, skate, viaggi, sfilate (nel 2018 è arrivata terza a Miss Italia), il suo impegno di sensibilizzazione con Bionic People e la nuova passione della recitazione. Alla sua prima prova nella serie Prime Video si è imposta come un talento naturale.
Chiara, come sei stata scelta per Prisma?
Sono stata contattata per mail dal casting director, diceva che stavano cercando persone tra le ragazze con disabilità. All’inizio non ho nemmeno risposto, ma dopo qualche giorno mi ha cercato il regista, Ludovico Bessegato. Ho deciso di incontrarlo e lui mi ha spiegato il progetto e il modo in cui il personaggio di Carola sarebbe stato raccontato, ovvero con la disabilità che è solo una sua caratteristica che a stento viene nominata. Il progetto mi è piaciuto molto. Tra settembre e gennaio ho fatto una serie di provini, da sola e con altri attori, e alla fine mi hanno detto che mi avevano preso.
Come mai non avevi risposto all’inizio?
Ero un po’ diffidente e non mi sentivo all’altezza: non avevo mai studiato ed era tutto nuovo per me, avevo paura di non essere la persona giusta. Ma dopo il provino, in cui mi sono divertita tantissimo, sono stata felice di fare quel percorso, nonostante l’ansia.
Una volta scelta, hai sentito la necessità di studiare recitazione o ti sei buttata?
Mi sono buttata. È qualcosa che non avevo mai fatto, ma che in realtà da sempre tenevo nel cassetto. Quando ho chiesto a Ludovico se non fosse il caso che seguissi dei corsi di recitazione, lui mi ha risposto che gli piacevo tanto già così, ma che se trovavo qualcosa di conveniente, e soprattutto se lo facevo per me stessa e non solo per la serie, era ok, perché ci sono tanti attori non formati che sono quasi più bravi dei professionisti in modo spontaneo… Alla fine non ho studiato e ho fatto direttamente la serie. Ora però sto facendo lezioni con una coach, ma più per mia sicurezza personale: mi piace sentirmi preparata nelle cose che faccio.
Sul set, a inizio riprese, come è andata?
I primi giorni avevo paura, tra l’altro io e Mattia (Carrano, NdR.) avevamo insieme la prima scena in assoluto della serie ed entrambi eravamo alla nostra prima esperienza, quindi abbiamo condiviso l’ansia da prestazione. Ero su un set, avevo il camerino col nome del mio personaggio, ricevevo tutti i giorni le sceneggiature con le scene che dovevo fare, c’era insomma tutto ciò che orbita intorno alla parola attrice e allora mi sono detta ‘ok, sto lavorando a tutti gli effetti come attrice e l’ambiente me lo dimostra’. Per mesi, ma anche tuttora a volte, non riuscivo a dire ‘faccio l’attrice’, perché so che ci sono attori che hanno studiato per anni e hanno fatto tante cose belle. Ma in realtà ci stavo dentro pienamente e ho pensato che non dovevo vergognarmi o non sentirmi all’altezza.
C’è stato qualcosa che hai trovato più difficile o che, invece, ti ha sorpreso perché ti riusciva subito facile?
Mi ha stupito la facilità con cui imparavo le scene a memoria e ho pensato che accadesse perché sono abituata a studiare tanto per l’università. La cosa più difficile era calarsi nelle emozioni del personaggio, cercare di capire ‘perché in questo momento prova questo?’. L’unica arma che avevo a disposizione era l’empatia, e l’ho usata, cercando di non inquinare il personaggio con la mia persona.
Come immagini il tuo futuro ora?
In questo momento sono concentrata sul mio piano A, che è l’università. Vorrei laurearmi, ma continuando anche con la recitazione, perché ho capito che mi piace. Diciamo che cerco di crearmi un piano A e un piano B, sperando che vadano bene entrambi.
Ci sono nuovi progetti in televisivi o cinematografici in vista?
Sto facendo provini e sono contenta di come stanno andando le cose…
Come pensi che l’essere una ragazza con la protesi possa condizionare il tuo futuro da attrice?
Quando ho finito le riprese di Prisma ho pensato: ‘Speriamo che d’ora in poi non mi capitino solo progetti in cui la storia orbita intorno a questo o legati solo a una mia caratteristica. Ovviamente sta un po’ succedendo, ma me lo aspettavo. Ora mi auguro, ma un po’ sono anche convinta, che tra un po’ di anni, anche grazie a serie come Prisma, sia trattata come una caratteristica ma non sia il tema al centro della serie. Non vorrei essere vista come l’attrice con la protesi, ma come un’attrice che ha anche una protesi. In più per me è importante che i lavori per cui faccio dei provini usino il linguaggio adatto e abbiano dei consulenti per la disabilità: se se ne deve parlare, che se ne parli nel modo giusto. Ho un po’ paura di dover rinunciare per questi aspetti. Per ora so che sono stata fortunatissima.
I tuoi genitori tifano di più per l’università o per la recitazione?
Per nessuna delle due cose, sanno che sono sempre piuttosto matura nelle mie scelte, magari a volte chiedo consiglio, ma sanno che so cavarmela e saranno felici in entrambi i casi.
C’è un’attrice che prendi come punto di riferimento?
Una per cui ho una passione da quando sono piccola è Emma Watson, sia come attrice ma anche come persona, per come ha usato la sua popolarità per fare attivismo.
Sei piuttosto popolare sui social e mi sembra che li usi per fare, in qualche modo, attivismo anche tu.
Non mi definirei un’attivista, ma sicuramente cerco di usare il bacino di utenza che ho per mandare messaggi utili e positivi, magari diffondendo il mio punto di vista sul linguaggio giusto da usare quando si parla di disabilità. Vorrei che i social fossero anche utili, per la mia generazione e non solo.
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