Che jam session con Hendrix e l’Equipe 84


“Tutto parte da un’idea del produttore di Pulsemedia Roberto Ruini, un documentario sul beat in Emilia che è stata la culla del fenomeno. Idea modificata in corso d’opera. Così Freakbeat da un film sul beat è diventato un film beat sull’oggi. Dunque non una rievocazione nostalgica di quella stagione, ma una riflessione sul non conformismo di cui Roberto ‘Freak’ Antoni  rappresenta un’icona”.

Il torinese Luca Pastore presenta in concorso a Italiana .Doc un roadmovie tutto emiliano su un vecchio e mitico furgone Volkswagen con protagonista Freak Antoni, l’ex leader del gruppo demenziale Skiantos nonché scrittore e attore. Accanto a lui la ‘figlia’ 12enne Margherita – interpretata da Sofia Fesani – armata e protetta da una piccola telecamera.

 

Il pretesto narrativo è la ricerca di una registrazione, data per persa, di una leggendaria jam session tra Jimi Hendrix e l’Equipe 84 avvenuta in una villa liberty di Milano, allora casa della band nonché rifugio accogliente di tanti beat e musicisti. Durante il viaggio nella bassa padana, tra nebbia, pioggia e sole, la coppia s’imbatte con alcuni dei protagonisti di quell’epoca, fino all’incontro rivelatore con Maurizio Vandelli, leader dell’Equipe 84. Ed è anche l’occasione di un rapporto più profondo tra un padre e una figlia. Freak Antoni, vestito secondo la moda beat, prova a comunicare a Margherita quel rifiuto dell’omologazione e quel No alla società individualista e consumista nati negli anni ’60, e che sembrano cancellati, rimossi nell’Italia di oggi. Un messaggio di creatività, quello della beat generation, che per il regista supera la barriera temporale ed è valido per tutti quei giovani che sognano di emanciparsi dai modelli e dagli stili di vita dominanti.

Un viaggio scandito dalle canzoni dei gruppi musicali allora in voga – i Nomadi, i Corvi, etc. – con immagini passate di servizi televisivi che etichettavano i beatnik come giovani che non vogliono lavorare e lavarsi.
“Ho tentato di entrare nel film sentendolo molto e sono così diventato ridondante, prolisso. Del resto – scherza Freak Antoni – gli amici dicono che siccome parlo tanto porto al prolasso. Comunque nel documentario siamo partiti dall’Urlo di Allen Ginsberg per arrivare al beat musicale del decennio Sessanta, una decade entusiasmante”. E nel film il musicista ricorda che il grande beat era socialista e puntava a ricercare la felicità collettiva, perché non esisteva chi comandava e chi ubbidiva.

Ma quella che Freak definisce all’inizio come “una gita esistenziale” è anche la malinconica scoperta che luoghi mitici di Modena come il famoso bar Grande Italia o il negozio di dischi sono stati soppiantati da una pellicceria e da una galleria d’arte.

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27 Novembre 2011

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