Eleonora Danco: ‘n-Ego’, il surrealismo di Buñuel e il rigore di de Chirico

Il secondo film dell’artista in Concorso al TFF42, l’esplorazione antropologica dell’animo Adulto dell’essere umano, con l’estetica metafisica e l’ispirazione surrealista. Il film vanta la partecipazione - tra gli altri - di Elio Germano, Filippo Timi, Antonio Bannò


TORINO – E’ profonda e libera, evidentemente guidata da vivace curiosità, l’esplorazione antropologica che fa Eleonora Danco, che torna “sul luogo del delitto”, appunto rimettendo in gioco la tematica della discesa nei meandri dell’animo umano, qui concentrata sull’Adulto – mentre nella sua opera prima, N-Capace, soggetti d’indagine erano i poli opposti dell’Infanzia e della Vecchiaia. “Parto sempre dalle complessità e credo che questo film arrivi a persone che hanno conservato un’anima irrequieta, fanciullesca”, spiega l’autrice.

C’è intimità e c’è simbolo in n-Ego, film in Concorso al 42TFF: il cuore ruotante della vicenda è La Regista (Eleonora Danco), personaggio sofisticato nella costruzione estetica ispirata ai manichini di Giorgio de Chirico (con i costumi di Alessandro Lai), per restituire un soggetto metafisico – senza volto e con una cintura di sonniferi sul petto: sottopelle, spazio della ferita viva, è il  luogo dove scorre incosciente e ribelle l’innocenza fanciullina. La Regista, dunque, alle prese con un blocco creativo, una crisi esistenziale, sceglie di camminare nella direzione della verità, una strada con antri inattesi e abitati da persone le cui storie sono specchio delle sue ispirazioni, così dei suoi timori: ciascun incontro riflette un conflitto, così che le esperienze degli altri concorrano a farsi tasselli di un complesso mosaico emotivo.

“Il film nasce dopo aver fatto N-Capace, che tra l’altro vinse due menzioni speciali al 32mo TFF, esattamente decenni fa: n-Ego è nato dalla necessità di indagare i molteplici aspetti della vita adulta, anche rispetto al personaggio dell’anima in pena che c’era in N-Capace, un’adulta che non riusciva a collocarsi nella vita. E’ nato anche dal rapporto che ho con l’immagine, con i volti, con le facce: ho un modo mio di vedere le cose, come tutti abbiamo un nostro modo, e quindi anche per placare questo desiderio, questo istinto, ci ho messo dieci anni a fare il secondo film, perché ho proprio bisogno di sentire fortemente le cose che faccio. Questo progetto è stato in embrione a lungo, sono quasi cinque anni che ci lavoro”, racconta.

La visione di Danco è personalissima e su un limite sottilissimo tra iperrealismo e surrealismo, con il montaggio che concorre a un saliscendi tra pathos e lievità, solleticando e sollecitando lo spettatore a non poter far finta di nulla rispetto al proprio percorso esistenziale, nel marasma ambiguo dell’età adulta.

“Io considero Buñuel uno dei miei maestri, è un’ispirazione continua: continuo a studiarlo, a leggerlo, a vedere tutti i suoi film, spessissimo li rivedo, perché il Surrealismo è un momento storico per me molto importante, mi ha segnata molto come artista, come anche Giorgio de Chirico, tantissimo, che mi ha ispirata anche per N-Capace. E’ stato fondamentale perché io non lavoro molto sul cinema del reale: cioè, anche se c’è un rapporto forte, ma non è realismo, e questo si collega anche al rapporto con l’immagine, perché ho sempre bisogno di sentire quello che poi percepisco nella realtà. Io lavoro moltissimo con l’immagine, il cinema è un’immagine in movimento continuo, qualcosa che ho cercato di tenere anche dall’opera di De Chirico; tutto il suo primo periodo, nei suoi quadri di immagini desertiche, ho sempre percepito che quel vuoto, in cui non sembra esserci niente, se non qualche ombra, avesse come un suono, un movimento: per me la pittura, l’arte ha proprio questo, cioè vari linguaggi che arrivano a livello emotivo. Quindi, ho sempre cercato di trovare il rigore di de Chirico ma, nello stesso tempo, di valorizzare quel movimento sovversivo che c’è nelle cose, che non riusciamo magari a concretizzare nella vita, per cui l’arte ti aiuta ad avere meno spavento di questo, mentre invece è proprio un labirinto”, continua Danco.

I personaggi, persone scelte per la strada, chiamate in scena per performance che riflettono visioni autorali di Danco, sono specchi di afflati e paure personali. “I personaggi, per il livello visivo, hanno comportato un livello estetico. Sono andata in tutti i quartieri dove ho girato, Tor Bella Monaca, i Parioli, a Trastevere, San Lorenzo, quartieri che fanno parte del mio percorso personale, della mia vita, e ho aspettato che passassero le persone. Ho scelto queste persone solo per qualcosa che mi colpiva, non sapevo nulla di loro: quello che mi colpiva era la faccia, o come si muovevano, o come camminavano; quindi, questi personaggi li ho scelti e volevo che diventassero proprio artificiali, nel senso di finzione, per cui mi dovevano colpire in qualche modo, a livello di percezione, così li fermavo, molti mi dicevano ‘no’, ma moltissimi mi dicevano ‘sì’: gli spiegavo di cosa si trattasse e li invitavo a fare i provini, ho fatto moltissimi provini, e alla fine ho fatto con le mie scelte, quindi non è stato un approccio spontaneo”. Mentre, per quanto riguarda le “facce note”, tra gli altri ci sono Elio Germano, Filippo Timi, Antonio Bannò: “sono tutti attori amici, che stimo come artisti e come esseri umani. Elio Germano, poi, lo conosco da tantissimi anni: sapevo che gli fosse piaciuto moltissimo N-Capace, infatti per questo film gli ho mandato la sceneggiatura e lui mi ha detto ‘non devo leggere niente, vengo, dimmi che devo fare e lo faccio’. Così è stato anche con gli altri. Volevo approcciarmi alle scene con gli attori sia per mio proprio divertimento registico, sia perché volevo costruire questo lavoro nell’impatto di persone che non fanno gli attori con attori professionisti, per cui la sfida era importante, perché loro potevano anche essere mangiati dall’irruenza delle persone comuni. Ho scelto degli attori che hanno qualcosa che mi piace molto, che sono selvaggi. Non voglio dare nessun insegnamento con il film, se non far passare l’emotività”.

Per Stefano Sardo, co-produttore, “dal punto di vista creativo questo è un film totalmente diverso dalla maggior parte dei film a cui ti capita di lavorare. È chiaramente l’espressione di una voce per cui non è tanto un film in cui il girato rispecchierà la sceneggiatura, un documento meno blindato di quello che è un cosiddetto film ‘normale’ dell’industria italiana: noi conoscevamo Eleonora, conoscevamo le cose che aveva fatto, sia nel primo film, ma anche la sua vita di attrice teatrale, e lei ha una personalità a cui ci siamo affidati. Sapevamo essere una voce unica e che bisognasse solo affiancarla e consentirle di buttare fuori quello che aveva dentro”.

n-Ego è prodotto da Ines Vasiljević  e Stefano Sardo per Nightswim, co-prodotto da Jean Bréhat e Fabrizio Mosca per Tessalit Productions, in collaborazione conRai Cinemacon il contributo del MiC e di Lazio Cinema International: “siamo qui a Torino senza una distribuzione, ma il film arriva a tutti e spero qualcuno possa crederci…”, l’appello finale della regista.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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