Celebrazione di Fantaghirò: mito rivoluzionario e femminista nell’Italia della tv generalista

Sono Claudio Di Biagio e Mauro Zingarelli, registi e content creator, a presentare al pubblico di Lucca Comics & Games 2023 l’evento ‘Fantaghirò: celebrazione di un mito’, in occasione dell’arrivo della mitica serie fantasy creata da Lamberto Bava sulla piattaforma Mediaset Infinity


La visione è gratuita, comprende tutti e cinque i capitoli, più un extra, una sorta di ‘puntata remix’ di tre ore, che racchiude una versione sintetica delle prime tre puntate. Appare sulla piattaforma come Episodio 6.

“Si tratta forse dell’unica versa saga fantasy italiana che oggi abbia senso di esistere – dice Di Biagio – ho fatto da poco un rewatch e lo considero oggi ancora più attuale”.

Per gli anni Novanta l’irruzione del prodotto di Bava sulla tv generalista era rivoluzionaria.

Ed è anche sensato che oggi la si riproponga, dato che si tratta di una storia del XIX secolo ripresa da Italo Calvino, di cui è recentemente ricorso il centenario dalla nascita, in un racconto, ‘Fant-ghirò persona bella’.

“Nello show – continua Di Biagio – Fantaghirò è femminista, vuole leggere e scrivere piuttosto che raccogliere fiori, pur essendo la più bella delle figlie de re. La considerano un po’ matta. Le sorelle stanno alle regole e non fanno invece nulla che le possa mettere in competizione con gli uomini. Nel primo capitolo viene detto che animali, piante e oggetti parlano a chi ha fede. Perfino le pietre. Il che permetteva al pubblico da casa di capire il fantastico. Il fantasy era un genere di nicchia, non generalista. E anche oggi viene dopo l’horror, il thriller e altri generi”.

Fa eco Zingarelli: “devo ammettere di averlo visto da adulto. Sapevo che era una tradizione natalizia, passava sempre tra il 21 e il 22 dicembre, ma a casa mia non si guardavano fantasy. L’ho riscoperto dopo perché tutti ne parlavano. Il caschetto di Alessandra Martines è diventato un’icona. Tutti sapevano chi fosse, anche se non avevano visto la serie”.

Bava rende il tutto con poche semplici inquadrature, anche per via di un budget limitato, ma usando una perfetta messa in scena e i trucchi del mestiere che ha imparato dal padre Mario. Può indicare il trascorrere del tempo attraverso una barba che cresce in tempo reale semplicemente nascondendo il meccanismo col braccio di un attore.

“Anche la novella – continua Di Biagio – ha questo afflato femminista. Fantaghirò si funge un uomo per “fregare” il re della nazione avversaria. E’ una parabola anti patriarcale”.

E per certi versi anticipa l’”I am no man!” di Miranda Otto ne Il signore degli anelli di Peter Jackson.

In questo senso il Romualdo di Kim Rossi Stuart diventava un comprimario, positivo ma sempre accodato, che aveva sostanzialmente il compito di dire di sì-

Poi subentra il fascinoso Tarabas, villain interpretato da un modello australiano che, dicono Di Biagio e Zingarelli “era stato scelto soprattutto per l’aspetto, tanto dovevano doppiarlo. Però aveva mentito anche sul saper andare a cavallo. Non era capace”.

Questo, anche perché  Rossi Stuart dal terzo capitolo in poi si era stancato, per cui il personaggio viene subito pietrificato. Le scene che aveva erano poche, le aveva fatte tutte in una settimana. Nel quarto Romualdo viene addirittura trasformato in un mostro. “Poi –  spiega Zingarelli – il mostro torna ad essere Romualdo, ma è un recupero delle scene del primo, tanto che, inspiegabilmente, Fantaghirò deve cambiarsi di costume prima di incontrarlo. Doveva sembrare in linea con le scene già girate”.

Naturalmente anche spazio agli effetti speciali prostetici di Sergio Stivaletti, che invecchiano molto bene anche a distanza di anni. “Meno di quelli fatti al computer, per quanto anche quelli siano belli”, concordano i due relatori, “diventa puro illusionismo. Certo, si vede che sono pupazzi, ma ci interessa comunque sapere chi lo comanda, e il trucco sembra ‘vero’ anche quando è evidente che sia un trucco”.

Tra i più famosi la mitica pietra tornaindietro: “Ha la faccia da anziano – commenta Di Biagio – ma il design non sembra fasullo. Sembra pietra autentica, e funziona perché diventa un elemento narrativo divertente. Già il nome è evocativo, ci abbraccia. Ed è un’arma letale nelle mani di Fantaghirò”. “Come un oggetto da gioco di ruolo”, fa eco Zingarelli, “quando la pietra parla è sempre in mano a qualcuno, probabilmente perché ci sono dei cavi che devono essere nascosti nella manica. E ancora fatico a capire come diavolo abbiano realizzato gli insetti indovinotteri!”.

Ma poi qualcuno dal pubblico conferma: “Erano di metallo e venivano gestiti con un magnete, me lo ha detto Stivaletti. E l’idea della pietra gli è venuta proprio perché una volta ha visto una pietra che aveva le sembianze di una vecchia”.

In Fantaghirò, però, ci sono anche straordinari effetti ottici, come durante il duello con la spada a mezz’aria generata dal Cavaliere Bianco.

“Non ancora digitali – specifica Zingarelli – e comunque era un produzione relativamente povera rispetto agli standard americani. La forma della spada era tagliata da qualcuno sulla pellicola frame-by-frame. Animazione mescolata a live action, una difficoltà mortale”.

Tante altre curiosità emergono: dalle location esotiche delle puntate più tarde, come la Thailandia e Cuba, alla svolta piratesca, alla produzione di un cartone animato ispirato alla serie, un vero e proprio franchise.

Il tutto si chiude con un simpatico omaggio al grande assente Lamberto Bava: “Avrebbe voluto –  commenta Di Biagio – ma non poteva… ha chiesto se si poteva spostare Lucca Comics di un paio di giorni, ma non ci siamo riusciti”, scherza.

Andrea Guglielmino
03 Novembre 2023

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