Cecilia Peck: anatomia di uno stupro. Coproduce Sharon Stone

In Brave Miss World mostro un crimine orrendo, le difficoltà che s'incontrano nel raccontarlo, il dolore del processo e la difficile strada per la guarigione" dice la regista, figlia di Gregory Peck


TAORMINA. “Anatomia di uno stupro”. Così Cecilia Peck, regista oltre che attrice e figlia della leggenda del cinema Gregory Peck, ha definito il suo film, Brave Miss World, presentato al Tao Fest e in cerca di una distribuzione italiana. Il documentario, girato a partire dal 2008, finanziato attraverso il crowdfunding e co-prodotto da Sharon Stone, segue la vicenda umana e legale dell’israeliana Linor Arbagil, incoronata Miss Mondo nel 1998 a poche settimane di distanza da un evento che avrebbe cambiato per sempre la sua vita: una violenta aggressione sessuale consumatasi a Milano, nel tragitto tra la città e l’areoporto, e culminata in uno stupro.

“La prima volta che l’ho incontrata, nel 2008, mi ha subito colpita – ha raccontato Peck – Non si vergognava a raccontare i dettagli di quel che le era successo, non si sentiva in colpa come capita, purtroppo, a molte vittime di violenza. Era disposta letteralmente a sezionare quel che le era accaduto pur di aiutare a parlare chi non ha lo stesso coraggio o la stessa forza”.
Abbandonata la carriera di modella e rientrata in patria subito dopo “l’incoronazione”, Arbagil racconta nel documentario le difficoltà incontrate non solo nell’ottenere giustizia, ma anche nel divulgare la propria storia. Vicenda che, secondo l’aggressore l’agente di viaggi Uri Shlomo Nur – inizialmente rilasciato dalle autorità italiane e oggi in carcere con la pena più alta mai attribuita in Israele per un crimine di natura sessuale, 16 anni – la ragazza avrebbe inventato “solo per vincere la corona di Miss Mondo”. Accuse infamanti contro le quali la giovane donna si è battuta, mettendosi in contatto con le precedenti vittime dell’uomo

 “Nel film mostriamo un crimine orrendo, le difficoltà che s’incontrano nel raccontarlo, il dolore del processo. Ma anche la difficile strada per il recupero e la guarigione. Che non è mai lineare”. E che, nel caso di Arbagil, è passata sia attraverso una profonda crisi religiosa, documentata nel film, sia attraverso la realizzazione stessa del documentario.
Oggi sposata e madre di tre bambini, Arbagil lavora in un importante studio legale di Tel Aviv e “spera che la sua storia aiuti altre donne a parlare – dice Peck, che con il sito www.bravemissworld.com continua a raccogliere storie di vittime di violenza – anche fuori dai confini di Israele. Anche in Italia”. 

17 Giugno 2015

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