VENEZIA – “Quando comincia la vita vera?” è una domanda che tutti ci chiediamo quando ci affacciamo alla vita adulta, quando scegliamo una strada e iniziamo a percorrerla sapendo – o forse sperando – che sia quella giusta. Per un artista la questione è ancora più complicata, perché in gioco ci sono fattori imperscrutabili come il talento, la dedizione e la fortuna. È stato così per Carolina Pavone, quando è entrata nel mondo del cinema dalla porta principale, iniziando a lavorare giovanissima come assistente alla regia di Nanni Moretti nei suoi ultimi tre lavori. Una sensazione che ha dato vita oggi un film: Quasi a casa, prodotto dallo stesso Moretti e presentato come apertura delle Notti veneziane delle Giornate degli Autori 2024.
“Il momento in cui ho capito che volevo provare a raccontare questa storia coincideva con quel sentimento che ho cercato di raccontare: cioè la paura di non riuscire a fare quello che vorresti fare. – racconta la regista – Era quello che sentivo ed è quello che ho cercato di far venire fuori attraverso il personaggio di Caterina. Ho capito che poteva essere bello raccontare questo sentimento attraverso la lente del rapporto allievo maestro, nel confronto con qualcuno che per te è un idolo e rappresenta un po’ quello che vorresti essere, quello a cui aspiri. Cosa succede quando lo incontri e lo conosci da vicino?”
Maria Chiara Arrighini interpreta Caterina, una ragazza 23enne che vorrebbe diventare una musicista ma che fatica a sfondare. Quando scopre che una dei suoi idoli artistici, la cantante francese Mia (Lou Doillon), si trova in Italia per registrare il suo nuovo album, decide di andare a incontrarla. Ne nascerà un rapporto ambiguo, in cui le due donne si rispecchieranno a vicenda, artisticamente e umanamente. Una storia di formazione a tratti disfunzionale, in quanto Caterina troverà in Mia non un mentore, né un’amica, ma un punto di riferimento che la porterà a capire che la sua casa è la sala di registrazione.
“Questa storia è ispirata a quello che mi è successo nella vita. – spiega Pavone – Una cosa talmente incredibile che ho cercato di riportarla nella storia. Ho capito che avrei voluto fare cinema guardando per puro caso al liceo Bianca, di Nanni, è stato un momento molto importante per me. Amo ovviamente il suo cinema e senza di lui non solo non sarei stata in grado di fare questo film, perché lui è il produttore, ma non sarei neanche stata in grado di capire che mi piaceva il cinema. La prima volta che ho messo piede su un set cinematografico, è stato per le riprese di Mia Madre. Avevo 19 anni e mi ricordo benissimo la sensazione di trovarmi lì, in quel casino incredibile, ma di sapere che era il posto in cui volevo stare”.
Le due interpreti principali funzionano molto bene sul grande schermo: visivamente, con i loro fisici così diversi (piccola e quasi infantile Caterina, alta e fiera Mia); e artisticamente, grazie alle diverse scene musicali di cui sono protagoniste. “C’è stato un momento in cui ho pensato che lavorare con queste due attrici poteva essere un rischio. – dichiara la regista – Maria Chiara era la prima volta che faceva qualcosa al cinema, Lou era un po’ di tempo che non recitava e non parlava una parola di italiano. Ce l’abbiamo fatta perché hanno entrambe un talento enorme e sono due professioniste incredibili. Due anime buone e gentili con cui si è instaurato da subito un rapporto di fiducia e comprensione”.
Ovviamente c’è poi l’aspetto musicale “Tutte le musiche del film, tranne quella che canta Lou, sono state composte da Coca Puma, una musicista di grande talento di cui è appena uscito il suo primo disco, Panorama Olivia. Anche per lei è stata la prima volta che si trovava a comporre musica per il cinema. È stato bello perché ci trovavamo vicini nei momenti di terrore, a rincuorarci e a farci forza a vicenda”.
Come chicca di un’opera prima che stupisce per maturità e consapevolezza del mezzo cinematografico, segnaliamo la presenza come attore di Francesco Bianconi, frontman dei Baustelle, a cui è affidato un ruolo fondamentale per innescare il conflitto finale tra l’insicura Caterina e l’arrogante Mia. “Ho capito che mi sarebbe piaciuto che arrivasse qualcuno che avesse un carisma e una presenza consistente, in maniera tale da aumentare la pressione sui protagonisti e alzare un po’ la posta in gioco. – conclude la regista – Quando Bianconi dei Baustelle dice ‘vieni, ti do una possibilità’, anche lo spettatore si sente un po’ in tensione”.
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